Ho visto l'abisso

Le prime 50 pagine del libro sono il racconto del tentativo di un’impresa alpinistica (la conquista in sequenza in invernale di due cime del Gasherbrum già scalate nel 1984 da Messner e Kammerlander), un’impresa iniziata da Simone Moro e Tamara Lunger fra molte polemiche e conclusasi drammaticamente con Simone che precipita per 25 metri in un crepaccio, si salva grazie a Tamara che tiene con una mano la corda alla quale è appeso e ferma la caduta. Simone riesce a risalire nel crepaccio a colpi di picozza e di rampone e quando esce trova Tamara che piange per il dolore, con la mano quasi deformata. Questo porta Tamara e Simone a decidere di rinunciare alla prosecuzione dell’impresa e di tornare a casa. Quando Simone torna in Italia trova la fase iniziale dell’emergenza Coronavirus e dopo pochi giorni gli impegni che aveva vengono annullati e lui si trova a non avere nulla da fare. Decide quindi di recarsi a Bolzano per passare il tempo del lockdown con il figlio Jonas. Le ulteriori 200 pagine del libro sono il resoconto delle sue “lezioni di vita” al figlio, di sue riflessioni, di suoi ricordi, dei suoi rapporti con alcuni compagni di cordate, in particolare della sua bella amicizia con Mario Curnis. E’ chiaro che le 200 pagine sono state scritte perché Simone doveva consegnare un libro completo al suo editore, ma il libro è, come sempre, ben scritto e si legge piacevolmente.

Purtroppo, al contrario di altri libri dell'autore, l'ho trovato veramente poco interessante... Sembra più un "esercizio stilistico" per riempire le lunghe giornate del lockdown... Peccato.

Purtroppo questo libro di Simone Moro non mi ha convinto, liquidato in poche righe l'incidente che lo ha visto coinvolto nell'ultima spedizione, forse la necessità di dover comunque sfornare un libro lo porta a divagare sul lockdown e su storie già lette e rilette su precedenti libri, sempre apprezzabile lo stile asciutto e schietto, lascia però l'impressione di una operazione commerciale, consiglierei inoltre all'autore di non farsi trascinare troppo nelle polemiche che giovano unicamente a chi, molto meno celebre mediatamente di lui e meno capace, è in cerca di fama riflessa e visibilità, sconsigliato.