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La guerra invernale nel Tibet
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La guerra invernale nel Tibet - Friedrich Dürrenmatt - copertina
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guerra invernale nel Tibet

Descrizione


«Sono un mercenario, e sono fiero di esserlo». A parlare è il colonnello FD 256323: questo il numero che gli hanno assegnato quando si è arruolato al servizio dell'«amministrazione», venti o trent'anni prima-non ricorda bene, e del resto chi lo conta più il tempo? Allora la terza guerra mondiale con le sue devastazioni nucleari aveva decimato l'umanità e reso inabitabile gran parte del pianeta, e i combattimenti si erano concentrati nel Tibet, «ad altitudini fantastiche, su ghiacciai, morene, dirupi, nei crepacci e sotto pareti a strapiombo», oltre che nello sterminato dedalo di gallerie scavate all'interno di poderosi massicci, dove feroci fazioni avversarie a sorpresa si incontrano e si massacrano. L'unica cosa che conta, come il colonnello sa bene, è non mettere mai in dubbio l'esistenza del nemico, altrimenti come si spiegherebbero il dolore e la sofferenza? Ma ora che è rimasto solo nell'oscurità silenziosa di una caverna, privo di gambe e con delle protesi al posto delle mani-a sinistra un mitra innestato sul braccio, a destra un assortimento di attrezzi polivalenti-, ha tutto il tempo per riflettere. E per incidere con il punteruolo, sulle pareti rocciose nelle viscere della montagna, l'incubo senza fine che ha vissuto - e il suo senso segreto.
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Dettagli

2017
18 maggio 2017
108 p., Brossura
9788845931833

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Gabriele Della Torre
Recensioni: 5/5

Stupendo; fa esplodere la mente.

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Bea
Recensioni: 5/5

Ci troviamo nel ventre della montagna quale ultimo avamposto da cui si combatte una guerra contro l'umanità. La testimonianza, lasciata alle scritte sulle pareti di roccia, di un soldato che, nel suo delirio distruttivo, resiste, mutilato degli arti, armato di protesi per uccidere e per incidere la pietra, è il cuore pulsante di tutto il racconto. Si tratta di un mercenario, addestrato per combattere un nemico, quale che sia, non importa chiarirlo, l'importante è immaginare che esista. Come nel mito della caverna di Platone le ombre ingigantite rappresentano un’idea di realtà, così dall'interno di grotte e gallerie si è convinti che la guerra continui e potrà finire solo quando il sole si raffredderà e l'universo cesserà di esistere. Una rappresentazione catastrofica del mondo in cui l’uomo è preda e predatore. Questa volta Durrenmatt ci trasporta in una dimensione immaginaria: benché il pianeta sia devastato dalla guerra tecnologica, si continua una lotta esasperata dall’interno dei rifugi ispirata ad un ideale di giustizia stravolto ed estremizzato. L’uomo si riduce così allo stato primitivo, semplificato nella sua istintualità, impegnato nella viscerale difesa del suo mondo da un punto in cui il mondo vero non si vede, ma si è certi della sua pericolosità. Se il nemico esiste la ferocia trova la sua giustificazione. Eppure anche il nostro mercenario è appartenuto alla civiltà: ha coltivato l’intelletto con lo studio della filosofia. Ha toccato il punto più alto di elevazione per poi involvere in una forma subumana abietta. Il messaggio che arriva è un monito a non perdere la coscienza di ciò che siamo perché potremmo facilmente trovarci alla deriva nella ricerca di un obiettivo da mirare che rappresenta solo la distorsione del nostro pensiero. Piccolo compendio filosofico-scientifico in cui, attraverso il racconto di un visionario, l’autore invita a riflettere sul destino dell’uomo.

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Voce della critica

Il topos del manoscritto ritrovato diventa in questo racconto fantascientifico quello della “caverna ritrovata”. L’atmosfera è tetra e grottesca, fin dal primo paragrafo si profila il panorama distopico di un conflitto totale: i combattimenti si trascinano ormai da più di vent’anni e coinvolgono gli allucinati superstiti di una serie di bombe nucleari sganciate durante la terza guerra mondiale. A parlare è un soldato mercenario disperso all’interno del reticolato di cunicoli sotterranei nelle montagne del Tibet. Rimasto ormai solo, al buio, è costretto in sedia a rotelle e munito di un mitra e un punteruolo d’acciaio al posto delle mani, con cui incide la propria storia sulla roccia. Pur in questa sua disperata condizione, al mercenario non manca un certo orgoglio: “Su ogni parete incisioni di sette righe lunghe duecento metri. È così che si diventa maestri di stile”. È una vera e propria storia: con colpi di scena, amori e tradimenti. La suspense narrativa, tuttavia, scaturisce anche da un’aura allegorica e quasi metafisica che non stupisce il lettore di Dürrenmatt, accompagnata com’è da una fitta rete di rimandi intertestuali, tra frotte “di ragazzine urlanti” di chiara memoria kafkiana e riflessioni di astrofisica. La caverna ritrovata, però, non è soltanto quella concreta, fittamente istoriata con le incisioni del protagonista e decifrata poi dalla voce disincarnata di un commentatore. I disastri della guerra hanno infatti eliminato dalla faccia della terra gran parte della cultura del vecchio mondo. Ne restano poche tracce, e i lontani studi filosofici del mercenario, risalenti ad una vita precedente, riemergono inconsciamente dalla sua descrizione di un antico mito ormai dimenticato, che narra di uomini incatenati in una caverna, costretti a osservare ombre proiettate sul muro.

Recensione di Alice Gardoncini.

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Conosci l'autore

Friedrich Dürrenmatt

1921, Konolfingen (Berna)

Scrittore svizzero tedesco. Dopo un'infanzia travagliata durante la quale ebbe già problemi di alcol, si diplomò e studiò filosofia e lingue germaniche a Zurigo e a Berna. Iniziò a scrivere dopo la Seconda guerra mondiale, ispirato dalla lettura di Lessing, Kafka e Brecht, cimentandosi nella scrittura di racconti brevi e pezzi teatrali. Le sue prime opere abbondano di elementi macabri; e spesso trattano di omicidi, torture e morte.Si affermò nell'ambito teatrale, facendosi una fama di autore polemico, paradossale e iconoclasta. La sua cifra stilistica si attestò in seguito sul registro di un anticonformismo sarcastico, capace di avvalersi anche degli strumenti del grottesco. Col connazionale Max Frisch, Dürrenmatt è stato protagonista del...

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