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Il ‘grande salto sociale’ permetterebbe infatti alle imprese di diventare concretamente e naturalmente responsabili socialmente. La sfida è passare dalle parole ai fatti. Per Michele Tiraboschi, docente di diritto del lavoro all’Università di Modena, “la responsabilità sociale riveste un’importanza per tutti i tipi di imprese e per tutti i settori di attività, comprese le piccole e medie imprese”. “Anzi - mette in chiaro l’allievo e successore del giuslavorista Marco Biagi - è fondamentale che sia applicata più ampiamente nell’ambito di queste ultime, comprese le microimprese, poiché esse sono anche le maggiori ‘fruitrici’ di lavoro illegale”. Ma non solo. “E’ evidente – sottolinea Tiraboschi - che uscire dal sommerso non è soltanto un obiettivo ‘etico’, ma costituisce uno tra i principali strumenti che potrebbero consentire a una fetta dell'economia italiana di operare quel salto di qualità che da più parti è ritenuto necessario per l'incremento della competitività”. Per Marigia Maulucci, segretario confederale Cgil, “c’è un terreno privilegiato” in materia: “il meccanismo di formazione delle decisioni d’impresa”, ovvero “il processo, le sedi, gli strumenti attraverso i quali si adottano le scelte e la condivisione che queste devono incorporare”. Mentre Savino Pezzotta, segretario generale Cisl, evidenzia nelle pagine del libro come “il rischio sia quello di alimentare pratiche che contraddicono e sviliscono le potenzialità innovative che la Rsi contiene”. “Nella dimensione interna dell’impresa - mette in chiaro il leader della Confederazione di via Po - i lavoratori sono interlocutori ineludibili nella definizione delle iniziative socialmente responsabili promossi dalle aziende”. Per Lamberto Santini, segretario confederale Uil, invece, “la responsabilità sociale non può essere ridotta a una operazione di facciata”.
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