Una gloria remota. Avere fede nell'epoca del pluralismo

Dopo aver sostenuto negli anni ’60 la teoria della secolarizzazione, intesa come progressiva perdita di significato della religione, a partire dagli anni ’70-’80, l’autore comincia un lento ripensamento di quelle categorie, anche in seguito all’evidente ripresa e rivitalizzazione dei movimenti religiosi. Il testo s’inserisce all’interno di questo ripensamento radicale e prende le mosse dalla chiarificazione delle conseguenze che la “pluralizzazione dei mondi della vita”, il pluralismo culturale, ha determinato nella società contemporanea. Tuttavia la vocazione e la giovanile formazione teologica dell’autore, non gli impediscono di riflettere sulle possibilità di mantenere la fede cristiana in una situazione di minoranza cognitiva. La soluzione è riposta in un’originale prospettiva di fede induttiva, figlia del protestantesimo liberale, chiaramente ispirata a Schleiermacher, ma considerata essenzialmente come una specifica possibilità dell’uomo e non come una possibilità liberamente donatagli da Dio.