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1992
1 febbraio 1996
88 p.
9788876481338

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MARIA LUISA VALERI
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Uno straordinario pezzo teatrale di grandissima eleganza ed intensità, dove si fondono sapientemente i temi della "Bellezza", della follia, della solitudine e del sentimento autentico contrapposto al cinismo convenzionale borghese. Imperdibile per gli appassionati della grande letteratura contemporanea.

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Voce della critica


recensione di De Agostini, D., L'Indice 1992, n. 6

Figlio di un mago persiano (prestigiatore, giocoliere, studioso di teatro e amico di grandi artisti) e di un'ebrea russa rifugiatasi in un campo di profughi della Persia per sfuggire alle deportazioni, Rezvani, nato a Teheran nel 1928, fu, sin dall'adolescenza, "dichiarato pittore". "Recita alla perfezione la sua parte", fino al momento in cui, a Parigi, dove cresce a partire dall'immediato dopoguerra, l'incontro con una grande mercante d'arte, e quello parallelo con la donna della sua vita, Lulà, lo allontanano dalle tele, dai colori, e dalla città: "Dipingevo, scrivevo, cantavo. Dipingevo, e ogni giorno le mie tele diventavano più sinistre. La pittura si faceva un parassita silente. I miei quadri, ogni giorno, mi pesavano sempre di più. Sognavo di scrivere... Sognavo di sbarazzarmi da tutto quel materiale ingombrante. Quelle tele sempre umide. Sì, sognavo di mollare tutti gli ormeggi, partire con Lulà..." Da allora, tutte le sue opere future porteranno, accanto alla data, la scritta "La Béate" "la casa più pacifica del mondo", proprietà isolata tra le colline sopra il mare del sud della Francia, dove Rezvani trascorre ormai con la moglie la maggior parte del suo tempo. A "Gli anni luce" e a "Lulà" (1968, e Marsilio 1991), seguono "Le portrait ovale", "Le testament amoreux", "Avevo un amico" (1987 e Cronopio 1991), "Feu", "L'ottavo flagello" (1989, e Rizzoli 1991), e il più recente "Phénix".
"Il glicine" è l'ultima sua opera teatrale, dopo "Capitaine Shell, capitaine Esso", allestito da J.P.Vincent e J.Jourdheil per il TNP, "Le camp du drap d 'or" e "La mante Polaire" messo in scena da J.Lavelli e interpretato da Maria Casares al Theatre de la Ville di Parigi. In questo breve e denso testo - diciassette quadri, scanditi dal ritmo delle stagioni - si incontrano tre personaggi di Edgar Poe: Ellison, Landor, e Silvio. Lo spazio scenico (la terrazza con la balaustrata in colonnette di marmo rinverdito dal tempo disseminata di statue mutilate), è situato all'interno dello spazio del pubblico, è un edificio dai muri pericolanti delimitato da quattro colonne che sorreggono il frontone, invaso da una natura selvatica che avvolge attori e spettatori, sulla quale domina un glicine immenso. II fuoriscena, la terrazza e il parco - l'orizzonte - sono invisibili..ll dramma si svolge intorno all"'anima" di questo luogo di "follia palladiana", scaturisce dal rapporto di ciascuno dei personaggi con il parco abbandonato: contemplarlo, come si limita a fare Landor, possederlo, come Ellison, trasformarlo, come Silvio, - sono altrettanti "luoghi" di perdita di se. Sognare con Lulà - "Donna.Vita" - un magico cammino che si sostituisce al "riflesso buio".del passato ("Sprangato nel mio studio, come un pazzo, m'indignavo, congiuravo. Mi impadronivo di tutte le sofferenze immaginabili, rimestavo a braccio teso fino in fondo all'agonia, gettavo i miei scandagli... Tu sei venuta, e m'hai strappato a tutto questo. Tu m'hai scaldato. Tu m'hai insegnato che cosa un uomo debba attendersi dalla vita, perché tu credi alla felicità... Tu sei venuta, mia Lulà..."), è un altrettanto mitico "incontro con l'immaginario". La fine della scrittura epistolare che suggella l'amicizia tra due estranei di "Avevo un amico" con la morte, dischiude solo la luce dell'assenza: "Ma quel che oggi mi turba, che mi inquieta, è prendere coscienza che, tra tutti i nostri amici morti, e la mancanza di lui, l'amico non rappresentabile l'amico non incontrato, a farsi più viva". Lo sforzo dell'entomologo che cerca, scientificamente, di "uccidere la vita", impedendo la riproduzione delle locuste che invadono lo spazio di una desolata regione vicino al mare, non impedisce, anzi accompagna, ne "L'ottavo flagello" il più atroce dei delitti contro la natura, il parricidio. Cancellare il "disordine", e ripristinare l'ordine, nella "follia" palladiana, non impedisce - alla natura - di rovesciare sull'uomo-demiurgo, che vi soccombe, il proprio contrario. Alle parole della vita - il Cantico dei Cantici - segue l'Apocalisse; la memoria dell'origine non si cancella, perché vi è inscritta la cifra della morte.

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