Gl' irati flutti

Il mare, l'instabile pavimento che ci tiene, solida incertezza sotto suole di burro, le nostre, umane e smarrite sotto le onde dei giorni. Forse è davvero lì che succede tutto con maggior vivezza: naufragi e tempeste, noie di bonaccia stancante e improvvisi da affrontare. Lo sforzo rimane quello: l'inaggirabile mandato a farne poesia. Nessun timone contro la voce di un poeta, nessuna manovra ad aggirarne il canto, perché l'acqua che scrive sulla mano coi suoi flussi salati non è meno potente di un inchiostro sofferto. Avrei seguito uno come Auden anche nelle viscere di Caina, nel gelo più silenzioso e sordo, dove mi sarei tenuo alle sue mani come agli uncini del cielo fattosi carne. Opera stupenda che finalmente torna pubblica dopo l'edizione Fazi di tanti anni fa. Un trattato, meglio un saggio, non semplice da affrontare, simile a un credo tornito e elegantissimo ma non poco profondo in certi passaggi. Bisogna sempre scegliere: o annegare abbracciando questi versi, o affiorare di tanto in tanto a galla conservandone il respiro, fino all'approdo sui lidi della memoria. Fate tutte e tre le cose, è lì la magica completezza del Poetare, dell'Essere, del Perdere.