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Recensioni Giù in mezzo agli uomini. Vita e morte di Guido Rossa

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La parabola di un alpinista sceso giú in mezzo agli uomini per cercare insieme a loro la strada della liberazione.

«L'originalità del contributo sta nell'avere adottato la tecnica del chiaroscuro, uno stile necessario per rendere realistico qualsiasi ritratto che è sempre, proprio come la vita, un equilibrio tra luci e ombre giocato sulle sfumature, ma anche sul rispetto delle proporzioni. Luzzatto ha il merito di superare l'estenuante logomachia tra vittime e carnefici che ha caratterizzato gli ultimi vent'anni del dibattito pubblico sul terrorismo italiano» – Miguel Cotor, la Repubblica

«Luzzatto scava nella memoria di Rossa facendoci scoprire nobiltà e sofferenze, asprezze e generosità, debolezze e riscatti, cadute e ardimenti fino ad oggi sconosciuti se non a chi gli è vissuto vicino» – Francesco Cevasco, Corriere della Sera

«La sua biografia sembra perfetta per raccontare cosa sia stata la modernizzazione italiana. Da alpinista nietzchiano, che inseriva citazioni superomiste in calce alle sue diapositive, a sindacalista disciplinato: il suo è il viaggio nell'Italia del dopoguerra, ma anche un corpo a corpo con se stesso, di un uomo che si sentiva fuori posto, non nel posto giusto.» – Da un'intervista di Sergio Luzzato a L'Espresso

«Una biografia intensa, quasi un romanzo, che racconta attraverso Rossa un'epoca speciale in cui la classe operaia non andò in paradiso ma certo ci provò e si scoprì diversa.» – Matteo Sacchi, il Giornale

In un'alba livida e fredda del gennaio '79, sulle alture della Genova popolare, due colpi di pistola sparati a bruciapelo uccidevano l'operaio comunista Guido Rossa. Lo uccidevano al buio, nell'ora in cui gli operai vanno a lavorare. E cosí quell'alba era anche un tramonto. Annunciava la sconfitta politica delle Brigate rosse, segnava la fine della loro illusione di conquistare il favore delle classi lavoratrici. Ma la vita del «compagno Rossa», campione d'arrampicata dalle Alpi all'Himalaya, paracadutista, fotografo, non si esaurisce nella sua morte. Né si limita a riflettere la morte di un'utopia operaista respinta dal movimento operaio. Grazie allo scavo archivistico di Sergio Luzzatto - e grazie al suo talento narrativo - la storia di un «fresatore meraviglioso» diventa qui il ritratto, sorprendente ed esemplare, di un italiano nel dopoguerra.

Troppo spesso, nel discorso pubblico, le «vittime del terrorismo» sono poco piú che figure retoriche. Sopravvivono nella memoria degli italiani come immaginette, santini laici, piuttosto che come persone in carne e ossa. E cosí era stato, finora, anche per Guido Rossa. Comprensibilmente, tanta è la forza simbolica del suo martirio: un operaio metalmeccanico, un sindacalista, un comunista, ucciso dai brigatisti rossi perché baluardo democratico in fabbrica, oppositore strenuo di una propaganda marxista- leninista da lui denunciata quale travisamento degli interessi piú autentici della classe operaia. Senza voler nulla togliere al merito politico e civile del sacrificio di Rossa, Sergio Luzzatto si è accostato alla sua figura con altre intenzioni. Oltre l’immaginetta, ha voluto scoprire l’uomo. Autorizzato ad accedere (il primo a poterlo fare) all’archivio di famiglia, ha voluto guardare alla vita di Rossa, almeno altrettanto che alla sua morte. Si è trovato cosí a fare i conti con una personalità originale, irrequieta, scomoda: quanto di piú lontano, sia in fabbrica sia fuori, dall’icona dell’operaio comunista come militante disciplinato. D’altra parte, lo storico ha ritrovato nella varietà stessa del percorso esistenziale di Rossa, il bellunese «razza Piave» cresciuto a Torino da figlio di immigrati e trapiantato nella Genova del «miracolo economico», un itinerario tipico della modernizzazione italiana. Dapprima meccanico in un’officina a conduzione familiare, poi fresatore Fiat nei capannoni nuovi fiammanti di Mirafiori Sud, infine attrezzista Italsider nella città capitale delle partecipazioni statali, l’operaio Guido Rossa incarna un po’ tutta la storia del trentennio durante il quale le «tute blu» poterono sembrare il soggetto sociale portante di una Repubblica costituzionalmente fondata sul lavoro. Ma cercare l’uomo dietro l’icona ha comportato altro ancora. Nell’oralità del dialetto piemontese da lui parlato con gli amici, nelle lettere da lui scritte ai compagni di cordata, nelle poesie e nelle canzoni da lui scrupolosamente ricopiate, nelle fotografie da lui scattate in montagna come al mare, Luzzatto ha scoperto un Rossa totalmente inedito. Un carattere dissacrante e uno spirito artistico, oltre all’alpinista temerario, e al sindacalista eroico.

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