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Gioventù dorata. Tre vite nella Francia della Belle Époque - Kate Cambor - copertina
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Gioventù dorata. Tre vite nella Francia della Belle Époque - Kate Cambor - copertina

Descrizione


"Il figlio del popolare scrittore Alphonse Daudet, la nipote prediletta dell’immortale Victor Hugo, il figlio del neurologo Jean-Martin Charcot, mentore di Sigmund Freud: Léon, Jeanne e Jean-Baptiste sono gli eredi dei più celebrati uomini della Francia dell’Ottocento. I tre, amici d’infanzia, crescono ammirando i loro illustri predecessori, condividendo la loro brillante e sfarzosa vita. Ma lo scoppio del primo conflitto mondiale, così come il trauma per la perdita dei loro cari, li rendono individui disorientati, delusi da quel progresso che tante speranze aveva suscitato nei rispettivi genitori. Le vite intrecciate dei tre giovani diventano così il ritratto di un’intera generazione trascinata dagli eventi, in anni di follia e di crisi profonda, dallo sfavillio della Belle Époque alla ferita della guerra. Kate Cambor, con una ricostruzione raffinata e scorrevole, cattura le loro speranze e le disillusioni, ci racconta gli incontri, gli amori, gli idilli, e poi gli inganni e i tradimenti, in un alternarsi di scene e situazioni: dai salotti letterari di Zola, Turgenev e Flaubert allo scandalo di Panama, dall’affaire Dreyfus alla nascita della moderna psicanalisi.
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Dettagli

2012
9 maggio 2012
377 p., Brossura
9788895492216

Voce della critica

  Ha un sapore ironico il titolo di questa avvincente ricostruzione biografica, opera di una storica newyorchese. Fecero veramente parte di una privilegiata jeunesse dorée i tre protagonisti, Jeanne Hugo, Jean-Baptiste Charcot e Léon Daudet? Forse sì, perché nacquero tutti e tre in famiglie illustri, ma tutti e tre, schiacciati dalla gloria dei loro celeberrimi ascendenti, faticarono a trovare la propria strada nella vita. E d'altronde, non è paradossale la definizione di belle époque per designare gli anni della loro giovinezza, quando la Francia usciva dalla disfatta del 1870 per andare incontro allo scandalo di Panama e ai drammatici conflitti del caso Dreyfus? Kate Cambor usa tutto il suo talento narrativo proprio per fare emergere contraddizioni e paradossi di tre esistenze d'eccezione che s'intrecciano sullo sfondo di un'epoca tormentata. Jeanne Hugo, la deliziosa nipotina per cui Victor Hugo ha scritto i versi di L'arte di essere nonno, è negli anni ottanta una delle beniamine della Parigi mondana. A un ballo si innamora di un cadetto di origine greca, Michel Nègreponte, ma la madre ha per lei disegni più ambiziosi. Sposerà dunque, in una cerimonia fastosa, Léon, il figlio maggiore del celebre romanziere Alphonse Daudet. Dopo una luna di miele appassionata, il matrimonio naufraga rapidamente. Léon, che aveva intrapreso studi di medicina, li abbandona per volgersi alla letteratura e alla politica, e matura una rancorosa ostilità verso il clan laico e repubblicano degli Hugo. Separatosi da Jeanne nel 1894, approderà a posizioni tradizionaliste, affermandosi come il più virulento e geniale polemista della destra monarchica di quegli anni. Un nuovo matrimonio che dovrebbe suggellare l'alleanza tra due grandi dinastie intellettuali unirà nel 1896 Jeanne a Jean-Baptiste Charcot, figlio del celeberrimo psichiatra. Come Léon Daudet, anche Jean-Baptiste è un amico d'infanzia di Jeanne, che ammira da sempre. Ma – di nuovo come Léon Daudet – anche Jean-Baptiste deve scongiurare il rischio di restare schiacciato dalla gloria paterna. Lasciandosi alle spalle una carriera medica nella quale non sarebbe mai riuscito a competere con il grande Charcot, si lancerà nel mondo delle esplorazioni e compirà imprese notevoli, in Artide e in Antartide, sino a morire drammaticamente sul campo nel 1936. Jeanne, insofferente della sua costante lontananza, divorzierà da lui nel 1905 per unirsi finalmente, in terze nozze, al suo primo amore, con il quale vivrà un'unione non molto lunga (Nègreponte morirà nel 1914) ma felice. A una ricca documentazione di prima mano, Cambor aggiunge il gusto delle scene memorabili: i funerali di Victor Hugo, la degradazione di Dreyfus sotto la neve. La rilettura di un buon redattore avrebbe giovato alla traduzione italiana: I Piaceri e i Giorni di Proust non è un "romanzo" (p. 184); Séverine non era, come leggiamo a p. 109, "uno spietato giornalista", ma una giornalista, femminista e rivoluzionaria. E senza ombra di dubbio tra le grandi opere pubbliche auspicate dai saint-simoniani negli anni trenta dell'Ottocento non potevano esserci, come leggiamo a p. 150, le autostrade.   Mariolina Bertini  

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