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Articolata in tre ampie sezioni 10 agosto 1867: il volto oscuro della "Romagna solatia"; Una passione di gioventù. Pascoli e l'Internazionale (1872-1882); Un "sonno" lungo una vita: Pascoli e la Massoneria (22 settembre 1882 - 6 aprile 1912) , la biografia che Alice Cencetti ha dedicato a Giovanni Pascoli riesce nell'intento asserito fin dal titolo e argomentato nell'introduzione: procede ovvero come uno studio ragionato sulle varie, spesso tra loro discordanti, fonti informative, vaglio che la studiosa estende anche alle precedenti biografie dedicate al poeta, a cominciare dall'omaggio tanto devoto quanto pieno di omissis di Mariù, Lungo la vita di Giovanni Pascoli. Il lavoro ha tutte le carte in regola per essere da qui in avanti considerato irrinunciabile punto di riferimento dai pascolisti che verranno ad affrontare questioni testuali difficilmente separabili dal contesto storico-biografico da cui presero abbrivio e a cui fanno riferimento. Carte in regola, proprio perché alla ricerca d'archivio Cencetti ha affidato il maggior peso nella quête, consapevole che se tante, troppe idee preconcette dovevano essere cassate, giova provarne l'inattendibilità tramite documenti effettuali.
Inchiesta poliziesca, che a priori non esclude pista alcuna, ma esamina piuttosto la rosa delle varie causali, la prima sezione è dedicata alla crux dell'assassinio paterno, pianificato sì, nonché realizzato in una Romagna repubblicana, insanguinata da cruente vendette commesse contro coloro che dopo il 1849 tradirono o si allontanarono dal credo mazziniano (e Ruggero Pascoli poteva bene essere incluso tra le fila degli infedeli), ma che la studiosa, dopo aver passato in rassegna accuratamente le testimonianze e le ragioni del delitto, torna a motivare come crimine istigato da logiche spietate di carriera, in una terra reticente e certamente ostile (vuoi per bassi interessi di mercato, vuoi per impulsi di un'ideologia forte) allo zelante fattore dei Torlonia.
Nella seconda sezione Cencetti si concentra sul decennio dello studente universitario, che si trovò a vivere la sua meglio gioventù nella città più esposta ai nuovi venti rivoluzionari, una Bologna in cui il promettente allievo di Carducci (precipitato poi nel limbo dei fuoricorso; ma la studiosa giunge, in sintonia con precedenti lavori di Elisabetta Graziosi, a dimostrare come non di una stasi apatica si trattò, bensì di un periodo di impegni giornalistici di un Pascoli engagé) strinse con il "princeps iuventutis", Andrea Costa, un'autentica amicizia, schietto rapporto d'affetto e di riguardo mai rinnegato in seguito. Approdato a Bologna, dopo esser passato da Rimini che, pur nella sua indole provinciale, fu sede del primo partito gerarchicamente organizzato di matrice anarco-insurrezionalista, Pascoli abbracciò qui con passione idee di un socialismo che ha più volte impegnato la critica nella ricerca di un attributo adeguato a renderne la specifica inclinazione naturale (umanitario, sentimentale, cristiano) o l'appartenenza a differenti aree politiche (garibaldino, anarchico, nazionalista); socialismo che, pur sottoposto nel corso del tempo a un innegabile processo di mutamento insieme all'uomo, non fu mai disconosciuto nelle autentiche sue istanze di giustizia sociale, come costante rimase il dialogo filosofico con un Leopardi eletto in questi stessi anni giovanili a maestro di pensiero.
Diverso l'atteggiamento di Pascoli nei confronti della Massoneria, come rileva nella terza sezione l'autrice, giacché l'affiliazione alla società segreta fu sempre taciuta dal poeta (nonché con sdegno apodittico negata da Mariù), preoccupato che le malelingue potessero attribuire ai liberi muratori la propria ascesa accademica. Conseguenza pressoché naturale dell'essere socialista, Pascoli fu iniziato all'Ordine proprio a Bologna nel 1882: i documenti d'archivio parlano chiaro. Come giustificare allora le ripetute smentite del poeta alle domande di Maria, sconcertata dalle voci che circolavano sul conto del fratello? Pascoli sarebbe entrato tecnicamente "in sonno", ovvero dopo l'iniziazione, l'affiliato avrebbe deciso di condurre una vita indipendente, non lasciandosi coinvolgere dalla gran macchina organizzativa della Loggia. Da qui le sue ostinate e orgogliose asserzioni di autonomia, di contro all'operato del maestro e del "fratello maggiore e minore", Carducci e d'Annunzio, massoni favoriti da pubblico e da critica proprio in nome della loro appartenenza all'Ordine.
Francesca Latini
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