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Giovani senza tempo. Il mito della giovinezza nella società globale - copertina
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Dettagli

2001
1 maggio 2002
230 p.
9788887009248

Voce della critica

Ombre Corte, Verona 2001

Questo libro raccoglie diversi saggi, il cui denominatore comune è riflettere sulla condizione giovanile nel mondo contemporaneo. Anzi, per essere più precisi, riflettere su come sia possibile definire la categoria di giovinezza. In realtà, i saggi contenuti nel volume sono forse un po' disorganici tra loro, ma comunque ognuno di essi è per lo più meritevole di interesse. Oltre all'ampia introduzione, quasi un saggio essa stessa, si occupa della riflessione sulla categoria della giovinezza soprattutto il saggio di Marco d'Eramo L'inafferrabile giovinezza. A proposito di una categoria . Nell'introduzione, i curatori pongono come punto di partenza della propria riflessione i giovani negli anni sessanta, momento in cui nel nostro paese i giovani divengono (o sono considerati) un soggetto sociale, politico e culturale. Un soggetto certo assai frammentato, che va dai "giovani con le magliette a strisce" protagonisti della rivolta di Genova del luglio 1960, ai giovani "consumatori" di mode culturali assai meno impegnate politicamente: come scrivono i curatori, i riferimenti ideali dei giovani vanno "dal mito dell'antifascismo a quello di Brigitte Bardot". Dalla fine degli anni sessanta alla fine dei settanta i giovani diventano i protagonisti della scena politica, ma a ben vedere, notano Dal Lago e Molinari, benché gli aspetti generazionali del Sessantotto siano importanti, sarebbe sbagliato ridurre il Sessantotto stesso al solo piano generazionale, come del resto aveva già notato Ginsborg, secondo cui i cambiamenti sociali che interessano l'Italia del boom economico non sono comuni a tutti gli strati sociali, ma più che altro a quegli strati interessati dal boom economico stesso.

E così oggi, secondo i curatori del volume, c'è uno stretto legame tra i nuovi processi produttivi e la definizione di gioventù. La globalizzazione e il postfordismo abolirebbero la segmentazione dell'esistenza in fasce definite, e i nuovi processi produttivi imporrebbero a tutti formazione continua e precarietà occupazionale che rende tutti sempre giovani o precocemente vecchi, dilatando così all'estremo la categoria della giovinezza. Marco d'Eramo ripercorre la nascita della categoria della giovinezza, invenzione relativamente recente. Nell'antica Roma si passava direttamente dalla toga praetexta alla toga virile , non esistendo una toga juvenile , ovvero si passava direttamente dal mondo dell'infanzia al mondo adulto. Tuttavia, anche se non esisteva di diritto, cominciava a esistere di fatto, come nota del resto lo stesso d'Eramo poco dopo, anche nei tempi antichi, la figura dell'erede, figura sociale capostipite della categoria del giovane, una figura "che già dispone di possibilità economiche fornitegli dai genitori, ma che non deve ancora adempiere ai compiti sociali associati a questa ricchezza". L'erede è allora una figura ricca di possibilità, con un futuro davanti a sé: è questo il concetto che associamo alla gioventù. Con l'aumento del benessere economico e della mobilità sociale nel corso dei secoli si amplia numericamente la categoria sociale della gioventù, in quanto "si è estesa alla classe media la condizione di erede che ancora non ha ereditato". Nel Novecento, poi, con la scolarizzazione di massa e il welfare state, la categoria di giovane si allarga ancora di più, includendo giovani di famiglie a reddito basso.

I rimanenti saggi del libro non riguardano invece tanto la riflessione sulla categoria di giovinezza, piuttosto invece affrontano diversi aspetti della condizione giovanile contemporanea. Il saggio di Sandro Mezzadra è una riflessione sulla crisi della cittadinanza. Iaia Vantaggiato si occupa invece del tempo di lavoro delle donne nel postfordismo. Antonella De Palma ripercorre la nascita e l'introduzione in Italia del fenomeno dei writers , gli artisti di strada che disegnano murales sui muri delle periferie o sui vagoni dei treni. L'interessante saggio di Raf "Valvola" Scelsi è una breve storia sociale e culturale dell'informatica, incentrato soprattutto sulla cultura hacker , i cui valori fondamentali ("tutta l'informazione deve essere libera; dubitare dell'autorità e promuovere il decentramento; essere giudicato per il proprio operato e non sulla base di criteri come ceto, età, razza o posizione sociale") avrebbe permesso l'innovazione tecnologica. Scelsi descrive l'ambiente culturale (o meglio, come si diceva allora, "controculturale") californiano, i primi "smanettoni" che nella propria passione tecnologica si ispiravano più o meno direttamente e consapevolmente a idee come quelle di Hoffman secondo cui "ognuno deve essere in grado di prendersi carico della propria vita senza delegarla a nessuno".

Il saggio di Maria Teresa Torti ricostruisce la storia della musica come espressione delle istanze di ribellione o di insofferenza dei giovani nell'Italia repubblicana, dal rock degli anni cinquanta alla musica impegnata degli anni sessanta e settanta, all'hip hop e al rap che negli anni ottanta ha trovato il proprio luogo di nascita nei centri sociali, fino ad arrivare agli anni novanta, in cui nascono sonorità nuove dall'incontro di diverse melodie e culture cosiddette "etniche", siano esse provenienti dall'estero o la riscoperta dei dialetti italiani. Il saggio di Rocco De Biasi è la ricostruzione delle due partite Genova-Liverpool svoltesi nel marzo 1992, e dell'incontro delle rispettive tifoserie. Il saggio di Emilio Quadrelli è un'indagine su due fenomeni che hanno caratterizzato gli anni ottanta del secolo scorso: l'enorme diffusione delle palestre nelle città italiane e l'altrettanto notevole aumento della richiesta di body guards da parte di personaggi dello spettacolo o aspiranti tali. Conclude il volume il saggio di Salvatore Palidda sulle relazioni tra giovani e "disordine sociale", che mette in evidenza come sia mutato il paradigma del disordine sociale. Fino agli anni sessanta esso era connaturato alle manifestazioni di protesta organizzate dai partiti della sinistra, e anche negli anni settanta il disordine è pure un fenomeno marcatamente politico, pur non essendo più i partiti della sinistra storica i protagonisti di tale "disordine", mentre a partire dagli anni novanta il disordine viene associato alla microcriminalità e in particolare agli immigrati extracomunitari.

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