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Come chiarisce il sottotitolo, con I Giardini Margherita, edito fuori collana da Pendragon, ci troviamo davanti a un volume che non aspira a un approccio scientifico, bensì intende restituire, soprattutto alla cittadinanza bolognese, il senso di un racconto corale, intorno a un bene centrale per la storia della città. Dal risvolto di copertina, Silvia Cuttin "si occupa di relazioni pubbliche, (
) la sua conoscenza si è sviluppata in seguito ad un'esperienza di cittadinanza attiva per la salvaguardia del parco"; Adriano Argillo è un sociologo e un abitante del quartiere su cui insistono i giardini. Il testo è diviso in due parti, molto articolate: la prima ricostruisce la storia dei giardini, dalla loro costituzione (inaugurati nel 1879 su disegno di Ernesto di Sambuy, nascono come "Pubblico Passeggio" su una vasta area sino ad allora agricola e presentano un laghetto con isola, due tombe etrusche ricostruite su reperti trovati in situ, uno chalet in legno, un passeggio per carrozze, macchie, boschetti, prati), soffermandosi sull'Esposizione del 1888 e sui mutamenti imposti dall'uso via via più intenso a cavallo del secolo, alle trasformazioni dei periodi bellici, sino agli usi moderni che comprendono gli sport e la didattica ecologica. La seconda parte dà voce a chi i giardini li ha frequentati, attraverso testimonianze rese in interviste e dialoghi intorno a svariati nuclei tematici, figure, usi, luoghi. A sostegno dell'impostazione pedagogica del volume, due inserti, graficamente differenziati, accennano alla consistenza botanica dei giardini e al loro stile. Importante è l'apparato iconografico, che presenta disegni originali di Sambuy e alcuni progetti degli edifici dei giardini, ma soprattutto fotografie familiari, istantanee private o d'occasione. Serio, pur con qualche sbavatura di linguaggio, pur nella sua voluta concisione, il volume riesce nel suo intento di restituzione alla memoria collettiva di un bene usato quotidianamente, riattribuendovi le sue origini progettuali, ideologiche.
Federico Novaro
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