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Originario di Trinidad, ma presto trasferitosi in Inghilterra e poi negli Stati Uniti, il "socialista e nero" (come si definiva) James dedicò la lunga militanza politica e intellettuale a tentare di elaborare e portare alla luce il rimosso coloniale. Immettere una nuova consapevolezza del ruolo storico del colonialismo, della schiavitù e degli obiettivi del movimento anticolonialista nell'alveo di un marxismo radicale fu la missione di un impegno che durò più o meno tutto il secolo breve. Della gran mole di libri, articoli e interventi da lui prodotti a partire dagli anni trenta, questo volume occupa un posto di primissimo piano. James ricostruisce, con abbondanza di particolari e sfumature, le vicende che, alla fine del Settecento, infiammarono la colonia francese di Santo Domingo. Proprio mentre a Parigi prendeva avvio la rivoluzione, l'isola caraibica un tassello fondamentale nell'economia internazionale dello zucchero e del cotone fu attraversata da una straordinaria rivolta degli schiavi, che riuscirono a conquistare la libertà e nel 1804 fondarono la repubblica indipendente di Haiti. Furono loro, secondo James, i veri giacobini in grado di trarre coerenti conseguenze da quei valori di libertà che la Rivoluzione francese aveva innalzato a principio universale, salvo poi escludervi gli schiavi. Di questo libro colpisce la forza e la capacità di intrecciare una dettagliata analisi sociale, condotta con un rigore marxiano d'altri tempi e con l'attenzione e il tributo verso una personalità d'eccezione, Toussaint L'Ouverture, la carismatica guida dei ribelli. È un libro che ci parla anche dell'epoca in cui è stato pensato e scritto e al tempo stesso riesce ancora a dirci molto sul presente e sulle rimozioni che ancora segnano il rapporto con la storia del mondo extraeuropeo.
Alessio Gagliardi
Nell'anno 1789 la colonia francese di Santo Domingo nelle Antille francesi forniva alla madrepatria i due terzi del suo commercio internazionale e rappresentava il massimo mercato della tratta europea degli schiavi. Rappresentava la colonia più fiorente del mondo, l'orgoglio della Francia e l'invidia di ogni altra nazione imperialista.
Nell'agosto del 1791 scoppiò sull'isola la rivolta degli schiavi, rivolta che si sarebbe protratta per i successivi 12 anni e che sarebbe sfociata, nel 1803, nella dichiarazione d'indipendenza di Haiti.Cosa rappresenta dal punto di vista storico la rivolta degli schiavi antillesi? Il primo caso in cui una rivolta contro la schiavitù conosce un esito positivo; la prima rivolta di massa contro l'uomo bianco e la sua dominazione coloniale; il primo indelebile scacco degli eserciti nazionali di fronte a una moltitudine di schiavi.
Dalla rivolta degli schiavi antillesi prenderanno le mosse i movimenti di liberazione nazionale che hanno, nel corso del XIX e XX secolo, progressivamente smantellato gli antichi imperi coloniali. A questa rivolta guarderanno tutti i rivoluzionari che nell'arco dei due secoli si batteranno per la liberazione delle popolazioni oppresse del Sud del mondo.
Ma a questa rivolta occorre guardare anche oggi, alla luce dei fallimenti di quei movimenti di liberazione nazionale che con tanta forza si opposero al colonialismo. E della riproposizione di inedite forme di colonialismo e delle resistenze che sempre le accompagnano. L'esempio più flagrante è quello della stessa Haiti, un'isola che per prima conquistò la propria libertà ma che dopo due secoli di storia è ancora travagliata da fortissimi squilibri economici e politici. Per capire le resistenze dell'oggi occorre tornare a quella prima rivolta contro l'uomo bianco.
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