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La generazione romantica - Charles Rosen - copertina
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La generazione romantica
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La generazione romantica - Charles Rosen - copertina

Descrizione


Quando apparve questo libro, Robert Craft scrisse: «Si può dire con certezza che La generazione romantica di Charles Rosen che segue Lo stile classico sia il più importante libro di musica non solo del 1995, ma di molti anni a venire».
Di fatto, se Lo stile classico è presto diventato un libro irrinunciabile per chi vuol capire la musica, lo stesso avverrà con questo, dedicato allaltro polo dellinvenzione: lo stile romantico. Ma chi e che cosa furono i Veri Romantici, quegli uomini che dalle euforie dei Lumi (e dalle conseguenti contromisure della Restaurazione) traghettarono musicalmente lEuropa nella temperie novecentesca? Nellultima pagina dello Stile classico Rosen concludeva che Chopin va annoverato tra i veri eredi di quello stile, giacché ne conserva la libertà pur alterando e alla fine distruggendo il linguaggio che aveva reso possibile la sua creazione. Era dunque inevitabile che, a voler riprendere le fila del discorso, da Chopin si dovesse ripartire: a lui Rosen dedica i tre capitoli centrali, quanto mai illuminanti, della Generazione romantica. Si riprende dalla morte di Beethoven per giungere, allincirca, a quella del Polacco: un lasso di tempo non tanto passato enciclopedicamente al setaccio quanto analizzato secondo diverse angolature: tecnica, letteraria, psicologica, etica. In compagnia di Chopin troviamo altri compositori che, nel corso di quel ventennio, avrebbero in diverso modo posto il sigillo alla definizione del musicista romantico (Mendelssohn, Berlioz, Schumann, Liszt) e che intorno alla metà del secolo avrebbero passato le consegne a Brahms.
Questo è il tessuto musicale che Rosen indaga nel dettaglio con straordinaria acribia fino agli errori di stampa di celebri partiture. Musicologo sommo, egli non solo sa far parlare lo stile musicale, ma riesce a intrecciare nel discorso elementi che appartengono ad altre forme e concorrono a comporre il clima dellepoca: dalle metamorfosi nella visione del paesaggio alla poetica del frammento. Così è tutta lera romantica a risorgere in queste pagine davanti a noi.
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Dettagli

1997
19 novembre 1997
792 p.
9788845913396

Voce della critica


recensione di Fubini, E., L'Indice 1998, n. 6

Dopo "Lo stile classico" e "La forma sonata", questo nuovo e imponente volume "La generazione romantica" di Charles Rosen (accompagnato da un Cd di sue pregevoli esecuzioni), pianista e musicologo di grande fama, viene a segnare il proseguimento di ricerche lungo l'asse centrale della musica occidentale. "La generazione romantica" prende in esame una rosa abbastanza ristretta di musicisti della prima metà del secolo XIX ritenuti centrali per la formazione e lo sviluppo del linguaggio musicale romantico: Chopin, Liszt, Berlioz, Mendelssohn, Bellini e Meyerbeer per quanto riguarda l'opera romantica, e infine Schumann con cui si chiude il volume. Dalle personalità su cui è incentrato lo studio, si può già intuire che non si tratta di una "storia "nel senso tradizionale del termine, ma di un approccio ad alcune tematiche romantiche attraverso una scelta per così dire "ideologica". Quasi metà del volume verte su argomenti di carattere generale inerenti al Romanticismo, ma alla fine ci si accorge che la trattazione ci riporta sempre al centro del discorso, che è propriamente musicologico.
I problemi della forma aperta e dei rapporti tra poesia e musica offrono a Rosen l'occasione per affrontare la tematica liederistica, centrale nel Romanticismo sin dai primi cicli liederistici di Beethoven. Il tema del frammento, ampiamente trattato nelle sue valenze letterarie, musicali e persino pittoriche, ci riporta a un altro tema prettamente romantico, le rovine, il disordine e il caos. L'elevazione di questi temi, prettamente letterari e pittorici, quasi a categorie dell'esperienza artistica romantica ha un fondamento di ordine filosofico: il rifiuto di un universo meccanicistico e deterministico a favore di un modello di universo di tipo biologico e vitalistico. "Il frammento romantico e le forme a esso ispirate consentirono all'artista di affrontare il caos o il disordine dell'esperienza: non rispecchiandolo, ma lasciandogli un luogo onde permettergli un'apparizione, momentanea ma suggestiva, all'interno dell'opera. Il senso di caos, il suo ruolo creativo erano visti da alcuni tra i primi romantici come essenziali all'arte moderna".
Una parte cospicua di questa sezione del volume è occupata dall'esplorazione soprattutto letteraria del tema del paesaggio. La nuova sensibilità romantica si lega anche al senso della memoria del passato, richiamato e rivissuto all'interno del presente, come paesaggio. Già si può verificare questo assunto nel ciclo beethoveniano "An die ferne Geliebte", dove ogni Lied che compone il ciclo, a eccezione dell'ultimo, raffigura un paesaggio che viene vissuto come elemento di memoria e di separazione dall'amata. In questa lunga sezione sul paesaggio Rosen passa da un'analisi letteraria e pittorica a una più propriamente musicale tutta centrata sul Lied. Il ciclo liederistico infatti "incarna nella maniera più limpida la concezione romantica dell'esperienza vista come progressivo svelamento e chiarimento della realtà, in luogo dell'insistenza classica su una trasparenza fin dall'inizio". Sempre a proposito del paesaggio Rosen ha la sua intuizione più felice, che avrebbe meritato un maggiore sviluppo: "Un'epoca che aveva cominciato con il tentativo di tradurre in musica il paesaggio era finalmente in grado, nelle più radicali e personali creazioni di Schumann, di sperimentare la musica come paesaggio".
Molti altri temi che contribuiscono a definire le linee portanti del Romanticismo vengono trattati in questa prima parte dello studio: il timbro, la struttura compositiva, il fraseggio e altri ancora, e difficile sarebbe in questo ambito anche solo riportare a grandi linee le tesi di Rosen. Nella seconda parte del volume vengono riportati come grandi medaglioni saggi sui singoli autori trattati. La parte del leone spetta senza dubbio a Chopin, valutato da Rosen come il più grande maestro di tutti i romantici, come già preannunciato nella chiusa del volume "Lo stile classico" (Feltrinelli, 1989), che suonava così: "I veri eredi dello stile classico non furono coloro che ne conservarono le tradizioni, ma quelli che, come Chopin e Debussy, ne mantennero la libertà pur alterando e alla fine distruggendo il linguaggio che aveva reso possibile la creazione dello stile". Rosen individua i caratteri peculiari dello stile chopiniano soprattutto in due tratti presenti in tutte le sue composizioni: l'"eccesso" e la "concentrazione": questi due parametri stilistici spiegano e definiscono gran parte dell'opera di Chopin. Vi è un elemento di "esagerazione" nello stile chopiniano che si lega anche alla "morbosità"; ma da ciò deriva una sorta di "eccellenza che sembra sfuggire a tutte le considerazioni dell'artigianato; essa si appoggia su un cardine dello stile romantico costituendone uno dei pregi: l'elemento di esagerazione", qualità che Chopin condivise in parte solo con Schumann. Questa morbosità di Chopin, continua Rosen, "fu la sua strada tortuosa e lo preservò dal buon gusto e dall'affabile neoclassicismo che deturpò l'opera di tanti suoi contemporanei". Questi tratti specifici della sua personalità, unitamente alla padronanza particolare della forma polifonica, "rendono la sua opera, malgrado l'immensa popolarità, l'esito più personale ed esoterico di quel periodo".
Ai capitoli su Chopin, che da soli costituirebbero già un volume a suo modo completo, seguono le trattazioni relativamente più brevi degli altri autori prescelti. Si fanno ora più chiare le motivazioni delle scelte: se Chopin è grande anche per aver saputo dissolvere la forma classica dall'interno attraverso l'enfatizzazione di alcuni suoi parametri, gli altri autori trattati, seppure a una certa distanza, si pongono sulla medesima linea. Liszt ha rivoluzionato il timbro, che assume la funzione di un parametro cardine delle sue composizioni, in particolare di quelle scritte tra i venti e i quarant'anni: "Le opere giovanili sono volgari e grandi; quelle tarde, mirabili e inferiori...". Già in Beethoven si preannuncia l'importanza del suono e della dinamica ma solo in Liszt quest'aspirazione trova la sua piena attuazione, ribaltando la tradizionale supremazia di altezza e ritmo su dinamica e timbro.
Se Chopin potè ignorare del tutto Beethoven, Mendelssohn invece, in quanto compositore tedesco, ne fece il suo punto di partenza, in particolare l'ultimo Beethoven. Rosen individua in Mendelssohn il musicista apparentemente legato al classicismo ma dagli esiti profondamente anticlassicistici. Pertanto ciò che affascina in Mendelssohn è il suo continuo oscillare tra adesione e trasgressione della forma classica. Le riuscite più significative sono quelle giovanili, tra i quindici e i ventun anni. E se quelle sue opere "risultano più soddisfacenti e impressionanti di quelle che creò negli ultimi anni alla fine della sua carriera, ciò non significa che egli ebbe a perdere qualcosa del suo mestiere o anche del suo ingegno. Ciò che gli venne meno fu l'audacia".
L'ultimo ampio capitolo è dedicato a Schumann, ed è significativamente intitolato "Trionfo e fallimento dell'ideale romantico". Nella visione storica di Rosen, Chopin e Schumann rappresentano le due colonne all'interno delle quali si sviluppa il cuore stesso del Romanticismo. "Nel breve arco della sua vita, Schumann creò le opere più impressionanti non sviluppando o ampliando i procedimenti tipici dello stile classico ma sovvertendoli, talvolta minando le loro funzioni e anche rendendoli temporaneamente incomprensibili". Proprio perciò "l'opera di Schumann e di Chopin ha maggior affinità con lo stile di Debussy e del primo Novecento che con la musica della seconda metà del XIX secolo". Queste conclusioni ci forniscono anche una chiave di lettura dell'intera opera di Rosen, e una giustificazione delle sue scelte storiche.
"La generazione romantica "si presenta idealmente come la continuazione e il completamento delle due opere precedenti, ma forse le supera per ampiezza di documentazione, per complessità d'intrecci e di temi trattati, sì da rendere difficile un giudizio globale su di essa. Molti dubbi possono sorgere, come ad esempio l'esclusione di fatto da questa linea del Romanticismo dell'opera di Schubert, che andrebbe rimeditata più attentamente anche per quanto riguarda le opere strumentali, o il privilegiamento nell'analisi della dimensione armonica delle composizioni. Si può anche lamentare un certo allontanare le opere dalla personalità umana e biografica del musicista. Lo stesso impianto storico dell'autore, che vede sostanzialmente lo slancio rivoluzionario concentrato nei primi decenni del secolo, precorritore delle future innovazioni del nostro secolo rispetto alla parentesi restauratrice della seconda metà dell'Ottocento, potrebbe essere ampiamente ridiscusso e per certi aspetti contestato.
"La generazione romantica", al di là di tutte le critiche che si possono muovere all'opera, rimane uno studio fondamentale con cui non potrà fare a meno di confrontarsi chiunque in futuro voglia intraprendere ricerche sui primi decenni del movimento romantico.



DISCOGRAFIA a cura di Alberto Bosco

Rosen nasce a New York nel 1927. Grazie a una precoce educazione alla musica, egli può ancora sfruttare gli ultimi anni di insegnamento del grande Moriz Rosenthal, uno dei più famosi discepoli di Liszt. Il debutto ufficiale sulla scena concertistica avviene nel 1951. Nello stesso anno Rosen consegue il dottorato in lingue romanze alla Princeton University e dà inizio alla carriera discografica. Nel suo primo LP sceglie di incidere, insieme ad alcuni brani di Martinu°, i due libri di studi di Debussy.
Lo stile esecutivo severo e la chiarezza intellettuale rendono Rosen un interprete adattissimo al repertorio classico e alla musica contemporanea. Nel 1961 dà con Ralph Kirkpatrick la prima esecuzione mondiale del "Double Concerto" per pianoforte e clavicembalo di Elliott Carter. Boulez lo sceglie come pianista per l'integrale dell'opera di Webern da lui curata: Rosen esegue le "Variazioni" op. 27 e partecipa all'esecuzione di tutti i pezzi da camera, "Lieder" compresi ("Pierre Boulez Edition - Webern: Complete Works", Sony S3K45845). Stravinsky affida a Rosen la registrazione di alcune sue opere pianistiche.Le incisioni della "Sonata" e dei "Movements" per pianoforte e orchestra sono state riversate su Cd e si trovano all'interno della grande "Igor Stravinsky Edition" (Sony SMK46295 e SM2K46297). Recentemente è stata ristampata dalla Bridge (BR145) l'esecuzione dell'opera pianistica di Carter. Rosen incide anche molti dischi dedicati ai compositori classici, in gran parte ripresi su Cd dalla Sony. Di Bach, le "Variazioni Goldberg" (SBK 48173) e l'"Arte della fuga", quest'ultima in un cofanetto intitolato "Bach: The Keyboard Album" che comprende anche pezzi più rari eseguiti da Rosalyn Tureck (SB2K 63231); di Beethoven, le ultime cinque "Sonate" in "The Late Piano Sonatas / Charles Rosen* (SB2K 53531). Sempre di Beethoven, la Carlton Classics ha pubblicato l'incisione del secondo e del quarto "Concerto" per pianoforte realizzata nel 1978 con Wyn Morris e la Symphonica of London (303670016-2) e la celebre esecuzione delle "Variazioni Diabelli", che fruttarono a Rosen una candidatura al Grammy Award (30367 0011-2). Il disco della Boston Skyline (BSD131) intitolato "The Siena Pianoforte" contiene le uniche registrazioni di musiche di Mozart e Scarlatti da parte di Rosen: si tratta di sei "Sonate" scarlattiane e delle K 333 e K 331 di Mozart.
Nonostante le sue esecuzioni della musica romantica siano definite da alcuni critici "lacking of expressive warmth", Rosen dedica a Schumann, Chopin e Liszt numerose sedute di incisione. Il "Carnaval" op. 9 e i "Davidsbündlertänze" op. 6 di Schumann si trovano nel disco Sony SBK68345; la "Sonata" op. 11, registrata per la Nonesuch è stata ripubblicata dalla Globe, ma è difficilmente reperibile. Anche il disco, sempre della Globe, con 24 "Mazurche" di Chopin è introvabile.
Chi fosse interessato alle ultime prove di Rosen pianista dovrà rivolgersi alla Music Masters Classics, che ha prodotto gli ultimi due suoi Cd allegati ai libri "La generazione romantica" e "Lo stile classico" (nuova edizione americana). Di questi due dischi, venduti anche singolarmente e staccati dai libri, il primo (67154) è dedicato a Chopin, Liszt e Schumann, mentre il secondo (67183) contiene due "Sonate "di Beethoven: l'op. 110 e l'op. 106.


recensione di Castagnoli, G., L'Indice 1998, n. 6

Ogni parola da noi pronunciata è un canto segreto" scriveva nel 1810 Johann Wilhelm Ritter, giovane fisico le cui idee sulla musica erano note anche a Schumann: non si può che esser grati a Charles Rosen di averne riportato ampi estratti, insieme a molte pagine di altri pensatori che influenzarono i compositori fioriti nel secondo quarto del secolo scorso, "la generazione romantica" del titolo del libro appena stampato da Adelphi a cura di Guido Zaccagnini. La lettura del volume ha destato in chi scrive un raffronto tra la posizione del compositore d'oggi e quello d'epoca romantica, in cui il dibattito sulla musica era centrale nella vita culturale, nella riflessione filosofica, nella cronaca giornalistica. Al contrario, la voce del musicista d'oggi, così come il suo canto, è a tal punto segreta che rischia di restar celata: nel nostro paese a chi pensa in musica è negato ogni accesso al mondo dell'informazione e della produzione musicale. Le istituzioni musicali (teatri, associazioni concertistiche, enti radiofonici, televisioni), così come le pagine dei giornali e le sempre più sporadiche riviste specializzate, sono oggi nelle mani di burocrati che ignorano la musica.
Un libro come quello di Rosen, scritto da un musicista per musicisti, piomba in questo tristo contesto come un fulmine a ciel sereno, e non può che esser accolto dal plauso di chi di musica vive. Anche perché il volume consta di più di settecentocinquanta pagine, di cui almeno un terzo di partiture e spartiti, ed è accompagnato da un disco che dimostra come un musicologo possa (anzi, debba) anche prodursi in musica, trasformando le proprie idee in suono.
Rosen fa notare anche quanto sia in ritardo l'editoria musicale, che non propone edizioni critiche adeguate di autori come Chopin o Schumann. Nella prefazione suggerisce ai pianisti di preferire per questi autori alle edizioni del nostro secolo le vecchie stampe ottocentesche, pubblicate quando essi erano ancora in vita, e ne riporta larghi estratti, insieme ad alcune versioni manoscritte poi cassate dall'autore nella prima pubblicazione. Si può così leggere - ad esempio - il finale del primo tempo della "Fantasia" op. 17 di Schumann, con l'ampia citazione del Lied "An die ferne Geliebte" di Beethoven, su cui il monumentale lavoro è costruito. Oppure si può confrontare l'inizio della "Sonata" in si bemolle minore di Chopin nell'edizione di Lipsia (con un errore che farà - ahinoi - scuola in tutte le edizioni del nostro secolo) e di Londra (che è invece corretta). Accanto ai problemi relativi agli errori, che in musica sono piuttosto frequenti, sorge poi quello di quale sia l'"Urtext" da prendere in considerazione per autori come Schumann, che di uno stesso pezzo curò in vita pubblicazioni spesso molto differenti (ad esempio l'op. 6, "Davidsbündlertänze"): Rosen giustifica le sue scelte di interprete con una lucidità che dovrebbe far riflettere tutti i pianisti accorti che si avvicinino a tale repertorio.
Se siamo indietro nelle edizioni di alcuni dei principali autori romantici, ancor peggio versa la pubblicazione dei loro scritti, talvolta editi sul finir del secolo nel paese d'origine, ma quasi mai tradotti in italiano, neppure in forma antologica. Eppure i rapporti tra i compositori sono stati sempre molto stretti, con scambi epistolari, recensioni critiche su riviste, consigli, dediche reciproche di opere. Rosen li descrive con amore: "Il mondo musicale del 1840 era ancor più ristretto di quello odierno", dunque, ad esempio, Schumann conosceva benissimo lo stato di fatto del lavoro chopiniano (e viceversa). I giudizi critici di Schumann sono sempre stati molto lungimiranti, anche quando dimostrava di non capire interamente l'opera in questione, come nel caso del Finale della "Sonata" in si bemolle minore di Chopin, giudicato simile "più ad una beffa che ad una musica qualsiasi", eppure "da questo brano senza melodia e senza gioia soffia su di noi uno spirito strano ed orribile (...) cosicché noi ascoltiamo come incantati". Si sa del resto anche dell'abituale disprezzo con cui Chopin trattava la maggior parte dei lavori dei suoi colleghi, inclusi coloro a cui dedica opere (Schumann stesso e Liszt). Rosen tratteggia i rapporti tra questi geni, e fa toccare con mano al lettore l'esigenza della pubblicazione dei documenti che li riguardano da vicino.
Ma se i musicisti sono più o meno sempre stati un mondo a parte, la musica era tuttavia presente e viva nella cultura a loro contemporanea. Pochi poeti d'oggi potrebbero scrivere come Clemens Maria Brentano nel 1819 "quando scrivo versi lascio che sia lo stesso linguaggio a prendere il comando e fare il suo lavoro, guizzando come una melodia, mentre la mia coscienza si arresta di quando in quando, come un basso", dimostrando di aver ben chiaro cosa sia "la melodia" e cosa "il basso".
Quanti intellettuali italiani d'oggi potrebbero leggere questo libro di Rosen mettendosi al pianoforte e suonicchiandone gli esempi? Chi potrebbe farlo ascoltandone le note musicali senz'altro ausilio che il proprio orecchio interiore?
Rosen ricrea con dovizia di citazioni di prima mano il mondo culturale del primo Romanticismo, cui i nostri autori attingevano quotidianamente. Spesso la familiarità con la loro opera, e la pratica quotidiana del far musica al pianoforte in loro compagnia, fa sì che il giudizio del critico non prenda le distanze da quello - necessariamente più capriccioso - dell'interprete, con le sue idiosincrasie e la sua personalità. Sembra talvolta che Rosen dia del tu a quei geni, come un "par inter pares". La cosa è bella e stimola una ulteriore riflessione su cosa sia la musicologia, o meglio su come un musicologo debba affrontare l'arte. C'è chi auspica la neutralità e l'asetticità dello studioso, il cui compito è di elencare dati, discrepanze fra edizioni, note critiche ai testi, riferimenti biografici, e chi, invece, va alla ricerca di una interpretazione, proiettandosi in quel mondo come soggetto che interagisce con una materia quasi vivente e organica. Rosen, da artista, opta ovviamente per la seconda soluzione, e non si può che essergliene grati per la lezione che sa dare.
Le analisi di Rosen, dal punto di vista dell'interprete, sono molto raffinate. Talvolta, però, sembra passare in secondo piano la grandezza dell'invenzione rivelata in alcuni dei brani trattati. Un esempio: il già citato Finale chopiniano è analizzato da Rosen come una appropriazione da parte di Chopin della tecnica compositiva bachiana (quella delle "Suites" per violoncello, per intendersi). L'accostamento Bach-Chopin sembrerebbe ardito, ma l'analisi non fa che dimostrarne la fondatezza. Eppure si potrebbe anche immaginare che quel Finale sia frutto di un'invenzione inaudita, che trova nella tradizione un precedente non ancora considerato, ma che riscopre un mondo svelando nuove vie; e nell'analisi, piuttosto che il passato, si potrebbe lasciar trasparire il futuro, le prime coordinate del cammino verso Debussy (e verso la contemporaneità). Per far questo si dovrebbero considerare fondamento dell'analisi non tratti come "armonia" e "melodia", ma piuttosto concetti più generali come "densità", "direzionalità" e infine (dando il dovuto peso all'ultima incredibile battuta del brano chopiniano) "opposizione" tra linee orizzontali e verticalità dell'accordo conclusivo. In questo modo l'analisi sarebbe fruttuosa non solo per il pianista, ma anche per chi è in cerca di radici in una tradizione, quella romantica, ancora viva.


CRONOLOGIA

1827 Il 26 marzo muore Beethoven. Heinrich Heine, "Buch der Lieder".
1828 Morte di Schubert.
1829 Con il "Guillaume Tell" Rossini chiude la sua carriera di operista. Mendelssohn dirige a Berlino la "Matthäus-Passion* di Bach.
1830 Prima esecuzione a Parigi della "Sinfonia fantastica" di Berlioz.
1831 Goethe termina la seconda parte del "Faust". "Norma" di Bellini. Caduta di Varsavia e rioccupazione russa. Chopin si stabilisce a Parigi.
1832 Morte di Goethe. Nella Salle Pleyel ha luogo il primo concerto di Chopin a Parigi. Schumann vede tramontare il sogno di una carriera di virtuoso per un'infermità della mano destra. Chopin: "Studi" op. 10, dedicati a Liszt.
1833 Mendelssohn: "Sinfonia" n. 4 in la maggiore op. 90, "Italiana".
1834 Schumann fonda la "Neue Zeitsschrift für Musik".
1835 Morte di Bellini. Schumann termina la composizione dei lavori per pianoforte "Carnaval" op. 9 e "Sonata" in fa diesis minore op. 11. Recensione di Schumann alla "Sinfonia fantastica" di Berlioz. Suo fidanzamento segreto con Clara Wieck. Mendelssohn direttore del Gewandhaus di Lipsia, che diviene uno dei più importanti centri musicali d'Europa.
1836 "Les Huguenots" di Meyerbeer. Rottura tra Schumann e il padre di Clara.
1837 Schumann: "Davidsbündlertänze" op. 6. Liszt compone dodici "Grandes études pour le piano".
1838 Prima versione pianistica degli "Studi da Paganini" di Liszt. Schumann pubblica "Kreisleriana" op. 16 e conclude la composizione della "Fantasia" per pianoforte in do maggiore op. 17.
1839 Ultimi lavori del "periodo pianistico" di Schumann. Chopin termina la composizione dei 24 "Preludi" op. 28 e della "Sonata" n. 2 in si bemolle minore op. 35.
1840 "Anno dei Lieder" di Schumann: "Frauenliebe und Leben* op. 42 su testo di Adalbert von Chamisso e "Dichterliebe" op. 48 su testo di Heinrich Heine. Nell'estate ottiene dal tribunale l'autorizzazione a sposare Clara.
1841 "Anno delle sinfonie" di Schumann. Liszt compone la prima versione di "Die Lorelei" (musicando la poesia di Heinrich Heine) e le "Réminiscences de Don Juan*. Recensione di Schumann alla "Sonata" n. 2 in si bemolle minore op. 35 di Chopin.
1842 "Anno della musica da camera" di Schumann.
1843 "Anno degli oratori" di Schumann.
1846 Prima stesura pianistica del "Sonetto del Petrarca n. 104" di Liszt. Chopin: "Polonaise-Fantaisie" op. 61.
1847 Morte di Mendelssohn.
1848 A Londra Chopin tiene il suo ultimo concerto. Liszt si stabilisce definitivamente a Weimar.
1849 Morte di Chopin.
1850 Terza "Sinfonia" di Schumann, "Renana".
1851 12 "Studi trascendentali" di Liszt.
1852 "Sonata" per pianoforte in si minore di Liszt.
1853 Il ventenne Johannes Brahms frequenta casa Schumann.
1854 Crollo psichico di Schumann, che si fa ricoverare in una clinica psichiatrica.
1856 Morte di Schumann, il 29 luglio.

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Conosci l'autore

Charles Rosen

1927, New York

Charles Rosen è stato un pianista, musicologo e scrittore statunitense. Allievo del pianista Moriz Rosenthal, dopo essersi laureato a Princeton, ha compiuto numerose tournées in Europa e negli Stati Uniti e insegnato in università americane, tra cui Harvard, Oxford University e University of Chicago. Fra i suoi scritti si segnalano Lo stile classico: Haydn, Mozart, Beethoven (opera più famosa), La forma-sonata, La generazione romantica, un testo che copre l'analisi delle opere della prima generazione dei compositori romantici.

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