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Gadda e la Brianza. Nei luoghi della «Cognizione del dolore» - copertina
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Gadda e la Brianza. Nei luoghi della «Cognizione del dolore»
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Gadda e la Brianza. Nei luoghi della «Cognizione del dolore» - copertina

Descrizione


Lo scrittore del "Pasticciaccio" cominciò l'altro suo grande capolavoro, "La cognizione del dolore", nel 1937, dopo la morte della madre e mentre si stava liberando del suo "feudo" di Longone, la villa di campagna costruita dal padre alla fine dell'Ottocento. Questo fatto biografico dà lo spunto a una riflessione fatta a più voci su Carlo Emilio Gadda e la Brianza. Il libro raccoglie vari contributi di studiosi dell'opera gaddiana intorno ai "luoghi della Cognizione del dolore", delineando il nucleo di una riflessione su conoscenza e sofferenza. Scritti di Emilio Manzotti, Maria Antonietta Terzoli, Federico Bertoni, Salvatore Natoli, Claudio Vela, Pierpaolo Antonello, Giuseppe Stellardi e Mario Porro.
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Dettagli

2007
31 maggio 2007
XIX-226 p., Brossura
9788876980817

Voce della critica

"La casa negli anni rimaneva, sul colle: tutto occupato dalla luce del tramonto. Egli si allontanava come fuggisse, come respingendo o abbandonando ogni memoria, lo strazio delle cose perdute. A ogni svolta della strada provinciale la bianca immagine della casa pareva dirgli 'addio', radicata nel colle. Col benedicente sguardo delle finestre, bianca e oramai perduta in una lontananza; in una volontà di purezza". La letteratura gaddiana è sempre letteratura di luoghi, di spazi, di ambienti: sprofondamento nel "male invisibile" dell'individuo e aggressione feroce del mondo, certo, ma ogni volta visivamente e quasi fisicamente "radicata" nell'estensione fenomenica. Scrivere è prima di tutto descrivere dei luoghi: luoghi geografici, come la familiare odiosamata Brianza, che sono insieme a ogni istante luoghi dell'anima, come la "casa" materna e paradisiaca eppure infernale del romanzo La Cognizione del dolore o del racconto La domenica.
L'originalità dei contributi raccolti in questo volume (Pierpaolo Antonello, Federico Bertoni, Paola Italia, Giancarlo Leucadi, Emilio Manzotti, Salvatore Natoli, Federica G. Pedriali, Giuseppe Stellardi, Maria Antonietta Terzoli, Claudio Vela) sta appunto nello sforzo di "localizzazione" di questa scrittura, insistendo ovviamente sulla casa di Longone, ma con acuti suggerimenti di metodo su tutta l'opera e i "luoghi" di Gadda. Perché nel "pasticcio" dell'ingegnere entra ogni dettaglio paesaggistico, ogni componente architettonica, ogni scorcio visivo, mentre la pagina ricostruisce letteralmente (deformandolo) l'universo intero, le cose e le persone, le piante e gli animali, l'arte e la natura. È proprio questa la grande forza del metaforismo gaddiano, che evoca tutte le forme e i linguaggi, tutti i gesti e gli oggetti, con uno slancio davvero enciclopedico, profondamente radicato nel mondo.
Anche il corpo, in questa ossessiva fenomenologia dell'esistente trasferito nella scrittura, è luogo da esplorare e descrivere, come la mitica casa materna della Cognizione. Propriamente topologica è infatti la passione gaddiana per l'anatomia e la patologia: la malattia disegna una sorta di carta geografica del corpo e il romanziere deve ripercorrerne le linee, gli incroci, i sentieri interrotti, con lo strumento di una scrittura propriamente psicosomatica. Solo attraverso il "cerchio doloroso della appercezione del mondo", dentro il profilo frammentario e contraddittorio dei luoghi naturali e corporei, Gadda riesce a cogliere la verità: il Male e il Disordine, ma anche un'edenica purezza "oramai perduta", il sogno di un mondo trasparente come cristallo.
È un simile slancio utopico e melanconico a dare vigore alle descrizioni degli individui e delle cose: fatte di rimpianto e di rabbia, ma anche di filosofica rassegnazione. Come suggerisce una celebre pagina della Cognizione del dolore, per l'ingegnere il dolore è infatti "cancellato dal radicamento nella terra": "Per intervalli sospesi al di là di ogni clausola, due note venivano dai silenzi, quasi dallo spazio e dal tempo astratti, ritenute e profonde, come la cognizione del dolore: immanenti alla terra, quandoché vi migravano luci ed ombre. E, sommesso, venutogli dalla remota scaturigine della campagna, si scancellava il disperato singhiozzo".
  Rinaldo Rinaldi

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