Frontiere di sabbia. Da Palermo a Samarcanda

Il libro è storicamente accurato e interessante, sarebbe stato ottimo se l'autrice non fosse un po' troppo accecata dal suo amore per la civiltà islamica, arrivando ad un'esaltazione continua della stessa, dimenticando troppo spesso che l'Islam si diffuse più con la spada che con la predicazione. Parlando della Spagna insinua più di una volta che quella dei sovrani spagnoli fu una Conquista piuttosto che una Riconquista, ignorando volontariamente che prima dell'avvento dei mussulmani la Spagna era cristiana. Come erano cristiani il nord Africa, il Medioriente e parte dell'Asia Centrale, dove erano presenti anche buddhisti e mazdeisti, per non parlare dell'India e delle sue religioni. L'Islam si mosse lungo la Via della Seta (e non solo lì) con gli eserciti, il buddhismo e le altre religioni che soppiantò erano arrivate in quelle terre con i missionari e i mercanti. Ignorare questa realtà per esaltare solo il volto buono di una civiltà significa venir meno al rigore storico. La civiltà islamica, al pari di quella occidentale, è fatta di luci e ombre che, per correttezza storica e non per incitamento all'odio, è bene ricordare se si vuole fornire un quadro completo. Ha pienamente ragione quando esalta la raffinatezza, l'erudizione e il passato cosmopolitismo della cultura islamica, ma non si può arrivare a suggerire, in più di un'occasione, che l'emergenza terrorismo è in gran parte frutto della propaganda dei media occidentali. Parla spesso di Dar - al - Islam, la Casa dell'Islam, come i mussulmani chiamano il mondo islamico, ma non accenna all'espressione Dar - al- Harb, che significa Casa della Guerra, come viene chiamato il resto del mondo. In tutto il libro l'autrice pone l'enfasi sull'innegabile grandezza della cultura e della civiltà islamica, ma sorvola su tante cose storicamente scomode o le affronta solo, e in modo molto superficiale, quando non può farne a meno, fornendo un quadro incompleto e di parte del variegato mondo che tanto ama. Peccato.