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Pamphlet appassionato e studio sul linguaggio della psicoanalisi, questo saggio è anche un'introduzione essenziale e stimolante, tutta condotta sui concetti di base e sulle parole chiave, alla lettura dell'opera di Freud.
"Le traduzioni inglesi degli scritti di Freud sono per molti e importanti aspetti gravemente insufficienti e hanno portato alla formulazione di conclusioni erronee per quanto riguarda non soltanto l'uomo Freud ma anche la psicoanalisi come disciplina. Il discorso vale anche per l'autorevole "Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud." Bruno Bettelheim, nato a Vienna in una famiglia medioborghese di ebrei assimilati, educato in un ambiente per molti aspetti simile a quello in cui si formò il fondatore della psicoanalisi, sottopone a una serrata critica la curvatura scientista che la disciplina ha subito negli Stati Uniti, mettendo sotto accusa le traduzioni in lingua inglese delle opere di Freud e la trasformazione del suo linguaggio in un gergo esoterico e intellettualistico. 'Psiche' vuol dire anima, ricorda Bettelheim, e la psicoanalisi è l'analisi dell'anima dell'uomo. Ma 'Steele', anima in tedesco, diventa nella traduzione inglese 'mind', mente. L'intenzione e la cultura di Freud, la sua formazione umanistica attestata dal costante interesse per il mito, l'archeologia, le religioni, le sue cautele e le sue asserzioni, sono tradite nella versione di titoli, concetti e parole chiave. E' significativa, per esempio, la traduzione del termine 'Ich' (io in tedesco) con 'ego' (io in latino) anziché con 'I'(io in inglese). In questo modo, scrive Bettelheim, si trasforma "una parola viva nel termine di un gergo specialistico che annulla il coinvolgimento personale da cui siamo presi quando diciamo 'io' o 'me' [...] Nel dar vita al concetto di 'Ich', Freud si sforzò di non separarlo dalla realtà e usò un termine che rendesse praticamente impossibile lasciarsela alle spalle.
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