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La finzione del politico - Philippe Lacoue-Labarthe - copertina
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La finzione del politico - Philippe Lacoue-Labarthe - copertina
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Descrizione


A differenza del dispotismo di tipo stalinista, e quindi a differenza del "totalitarismo" di tipo sovietico, il nazional-socialismo si sottrae molto ampiamente ai mezzi dell'analisi politica e ideologica. Resta fondamentalmente "inesplicabile" e a questo titolo non cessa di ossessionare la coscienza moderna come una sorta di "possibile" per sempre in potenza, contemporaneamente in riserva e imminente, nelle nostre società.
Le sue categorie infatti, praticamente tutte derivete dal platonismo, hanno alla loro origine il presupposto, dominante in tutta la tradizione, che il politico (la "religione") sia la verità dell'arte. È per questo motivo che Heidegger, visto che il suo progetto negli anni '30 è esplicitamente "l'otrepassamento" dell'estetica, offre un accesso privilegiato, e forse il solo accesso possibile, all'essenza del politico che il nazional-socialismo vela e svela congiuntamente.
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Dettagli

1991
28 maggio 1991
152 p.
9788870181364

Voce della critica


scheda di Vozza, M., L'Indice 1992, n. 4

Soprattutto da quando Derrida ha fatto scuola, si avverte una certa aria di fronda nei confronti del filosofo di Messkirch. Ne offre una conclamata testimonianza Philippe Lacoue-Labarthe nel libro "La finzione del politico", dedicato a Maurice Blanchot. La tesi del filosofo francese, docente di estetica all'università di Strasburgo, e che l'affare Heidegger (la sua adesione al nazionalsocialismo) non consiste in un errore soggettivo di valutazione ma in un vero e proprio impegno filosofico volto a ripristinare l'egemonia dello spirituale sul politico. Come ha potuto Heidegger non pentirsi denunciando almeno lo sterminio degli ebrei? Per una ragione eminentemente filosofica - risponde Lacoue-Labarthe: perchè ad Auschwitz Dio muore effettivamente - come Nietzsche aveva da tempo predetto - e la soluzione finale rivela definitivamente all'Occidente la sua vocazione nichilistica. La celebre svolta nel pensiero di Heidegger non sarebbe altro che un passaggio di testimone dal nazionalsocialismo al nazional-estetismo (categoria che Lacoue-Labarthe riprende esplicitamente dal celebre film di Syberberg su Hitler), il conferimento cioè all'arte e alla poesia di quel compito di egemonia dello spirituale avviato dal romanticismo tedesco e giunto ad Heidegger attraverso Wagner e Nietzsche.

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