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Fino all'alba - Carole Fives - copertina
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Fino all'alba

Descrizione


Quanto lontano ci si può spingere, fino a quando si può scherzare con il fuoco?

«Questo libro ci tiene in ostaggio. Come la protagonista, restiamo in apnea, desiderosi di uscire, respirare. Ma la bravura di Carole Fives sta nel farci rimanere incollati alle sue pagine implacabili, fino alla fine, fino ad avere l'impressione di leggere di noi stessi»

«Carole Fives racconta le insospettabili lotte quotidiane di una giovane madre. Fino all'alba è un romanzo dalla parte delle donne»

«Vicino, vicino». Lei tenta di ignorare quella voce flebile che la implora dall'altra stanza, ma sa che non resisterà a lungo. Si alzerà nel cuore della notte per andare dal suo bambino di due anni. Per prendergli la mano, rassicurarlo: la mamma è qui, dove vuoi che vada? Preferisce non immaginare cosa succederebbe se il bambino si svegliasse durante le sue uscite notturne. A volte, infatti, le capita di fare due passi intorno all'isolato, qualche minuto, per prendere un po' d'aria. Non è una madre irresponsabile e sa che lasciarlo da solo è rischioso, ma a volte sente il bisogno di allontanarsi da quel nido soffocante, da quell'appartamento che è rifugio e prigione al tempo stesso. Perché da quando è nato il bambino, vive con lui in una simbiosi totale: il suo compagno l'ha abbandonata, in città non ha famiglia né amici, non può permettersi la retta dell'asilo o di pagare una baby-sitter e non riesce a dedicare il tempo necessario al suo lavoro, già precario, di grafica freelance. E il mondo sembra accanirsi contro di lei: la burocrazia è un rebus irrisolvibile che l'affligge, i vicini le lanciano sguardi di biasimo – «è la madre sola del sesto» –, una svista le è valsa l'ostilità dei genitori al parco – il piccolo è caduto dallo scivolo, succede quando le madri sono «tutte prese dal loro smartphone» –, impiegati di banca e ufficiali giudiziari fanno a gara per ricordarle che sta esaurendo le risorse. In cerca di confronto – e conforto –, la protagonista ricorre a internet, legge sui forum le opinioni di altre con una situazione analoga alla sua. Ma anche in rete si imbatte in un muro di ipocrisia e perbenismo. Avvilita, scorre i commenti crudeli di chi si scaglia contro le madri single che non riescono a organizzarsi, che sanno solo piangersi addosso, che alla fine se la sono cercata. Tra senso di colpa e voglia di libertà, la donna continua allora a concedersi quelle evasioni imprudenti. Ma la meta è ogni volta piú lontana, e sempre di piú il tempo che il bambino passa da solo in casa. Fino al giorno in cui è impossibile tornare indietro...
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Dettagli

2020
5 maggio 2020
144 p., Rilegato
9788806243920

Valutazioni e recensioni

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Erika
Recensioni: 4/5

Che errore ridurlo a un romanzo sulla maternità! Dietro questa donna e il suo bambino, che non a caso non hanno un nome, c'è il fallimento della nostra società. Altro che pannolini, qui c'è politica

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Nicoletta
Recensioni: 4/5

Essere madre è sempre difficile,ma lo è soprattutto se sei sola,senza parenti ed amici ma soprattutto....senza soldi.Angosciante.

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Ombretta
Recensioni: 2/5

Diciamo racconto breve più che libro. Si può riassumere così : donna che alleva da sola suo figlio e che ha grossi problemi economici e che per provare ad evadere dalla quotidianità ogni sera dopo aver messo a letto il figlio esce di casa e si fa una passeggiata e ogni giorno va un pò più lontano, finchè una sera viene scoperta e corre a casa terrorizzata per quello che potrebbe trovare e infatti ci trova la polizia. Ma perchè la polizia è lì? Perchè la realtà supera sempre la fantasia e perchè per quanto tu possa aver toccato il fondo c'è sempre qualcuno che è arrivato più in basso di te. Un'oretta di lettura persa.

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Voce della critica

Mentre leggevo Fino all’alba, il romanzo che è valso all’autrice Carole Fives la finale al Prix Médicis e al Prix Wepler e che è ora disponibile in italiano per Einaudi Editore nella traduzione di Margherita Botto, non potevo evitare di pensare a un quadro che ho visto l’estate scorsa in vacanza a Vienna, Le cattive madri di Giovanni Segantini.

In un purgatorio ghiacciato, da alberi spogli spuntano teste di bambini che si avvinghiano ai seni delle loro madri e le intrappolano in un groviglio di rami. È l’inferno delle donne che hanno abortito, o che hanno rinunciato al loro ruolo di madri – che per Segantini, orfano della sua fin da bambino, era l’unica condizione possibile per una donna – in nome della libertà sessuale.

Non è il caso della protagonista senza nome del romanzo di Fives, che anzi vive in simbiosi con il suo bambino di due anni il cui padre li ha abbandonati entrambi; il bisogno di libertà, tuttavia, si affaccia prepotentemente nelle sue infinite giornate e la spinge a tentare la fuga. Di sera, quando il bambino finalmente si addormenta, la madre si fa coraggio e esce per qualche minuto; prima solo un quarto d’ora, poi sempre più a lungo. Un gesto pericoloso, ma non avventato, di cui anzi la donna percepisce tutta la gravità, ma di cui ha comunque bisogno per sopravvivere. Perché se l’inferno di una cattiva madre è desolato e inospitale, anche cercare di essere una buona madre può rivelarsi un’esperienza infernale.

La lettura di Fino all’alba è fonte di tensione e angoscia, non tanto per le scene in cui la protagonista lascia suo figlio da solo e torna a casa con la paura che sia successo qualcosa in sua assenza, ma per i dettagli della routine minuziosamente ricostruita. Nel cuore della notte, la donna prepara il biberon per suo figlio, che nel frattempo piange e rischia di svegliare tutto il condominio. Non trova il tappo, il latte schizza sul tavolo, quando arriva in camera da letto il bambino si è già riaddormentato, lei si rilassa, ma il piccolo si sveglia di colpo, chiede di nuovo il latte e lei, nella foga di darglielo subito, lo rovescia. Scene come questa non sono funzionali a una linea narrativa più grande, ma sono la narrazione stessa; una scelta che restituisce dignità ed eleva a letteratura una quotidianità frustrata e non appagante.

L’autrice evita accuratamente il rischio di costruire un’epica della madre single: non c’è niente di glorioso nel destino della protagonista, i suoi sforzi non le danno alcuna gratificazione né sul piano lavorativo – disastroso, perché lavorare come grafica freelance con un bambino piccolo in casa è decisamente complicato – né su quello personale – il figlio è indisciplinato, si comporta da re assoluto della casa, non ascolta i rimproveri e la madre non è mai convinta di star facendo un buon lavoro a tirarlo su.

Il giudizio della società grava anzi su ogni scelta della donna e mette in prospettiva, per il lettore, la straordinarietà della situazione raccontata. Se, mentre leggiamo, potrà sembrarci che la protagonista sia un caso disperato e che abbia assolutamente bisogno d’aiuto, ci penserà il commento di un’educatrice del nido, di un’impiegata di banca o di una frequentatrice di forum per mamme sole a ricordarci che invece la sua situazione è comune, quasi banale, e che non c’è nessun motivo per esser particolarmente solidali con lei, dovrebbe solo organizzarsi per riuscire a tenere sotto controllo la propria vita.

Organizzazione è la parola magica che impera nei forum femminili che la madre frequenta in cerca di consigli e supporto: un mondo fatto di supermamme che sbandierano frasi come “l’amore di una madre muove le montagne” e subissano di insulti le malcapitate che suggeriscono il diritto di una donna di vivere una vita autonoma, al di là della maternità (e, se i toni vi sembreranno eccessivi, è evidente che non avete mai dato un’occhiata a questo tipo di forum). Non c’è via d’uscita per chi non ce la fa più: l’unica possibilità è stringere i denti, tenere duro, organizzarsi, appunto, e sperare che un giorno qualcuno ti dica che sei stata brava.

La via d’uscita è invece aperta e praticabile per i padri: loro possono permettersi, come il marito della protagonista, di uscire di casa un giorno e non tornare mai più, di mandare generici messaggi affermando che passeranno nel weekend e poi disattendere questa mezza promessa. Anche in questa evidenza non c’è retorica né recriminazione, ma solo un’amara constatazione: il mondo in cui la donna si muove è maschilista e patriarcale e vi è stata raggiunta forse l’uguaglianza, ma di sicuro non l’equità.

Fives è abile a mantenere la sua opera, che rischia in alcuni punti di trasformarsi in un proclama, nella forma del romanzo. Se il libro si presta all’accusa di essere costruito su poca trama, è anche vero che non tutte le vite hanno la possibilità di trasformarsi in una storia: la maggior parte delle volte, anzi, lo scrittore forza la realtà dandole una chiusura e una spina dorsale. Le situazioni più interessanti di una vita sono però spesso irrisolte, drammatiche perché prive di senso e coesione, ed è importante che anch’esse vengano raccontate.

Recensione di Loreta Minutilli

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Conosci l'autore

Carole Fives

1971, Le Touquet

Si è laureata in filosofia e ha ottenuto il diploma presso l’Accademia di belle arti di Parigi. Autrice di romanzi e racconti, per Gallimard ha pubblicato nel 2014 C’est dimanche et je n’y suis pour rien (È domenica e non è colpa mia) e nel 2017 Une femme au téléphone (Una donna al telefono). Fino all’alba (Einaudi 2020), nel 2018 finalista al Prix Médicis e al Prix Wepler, è il suo quarto romanzo.

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