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1996
1 gennaio 1996
XX-236 p.
9788872190241

Voce della critica


scheda di Bertini, M., L'Indice 1996, n.11

"Haiti non mi ha mai lasciato, ed io non ho mai lasciato Haiti": questa frase, con cui si apriva nel 1987 il saggio di Jean Métellus "Ha'ti, une nation pathétique", poteva apparire enigmatica a chi sapesse che l'autore - poeta e romanziere haitiano tra i maggiori - vive esule a Parigi dal 1959. Ma i versi di "Filtro amaro" ci fanno penetrare nel senso più commovente e segreto di quelle parole. Haiti non ha mai lasciato Métellus perché con i suoi miti, con la sua storia di rivolte, sogni e prodigi, con la sua bellezza che è "linfa dei sensi", ha sempre rappresentato il cuore stesso della sua ispirazione; Métellus non ha mai abbandonato Haiti, perché in ogni pagina delle sue poesie, alla celebrazione delle "primavere lussureggianti", dell'"azzurro solare", delle colline viola e delle aurore di porpora, si intreccia, martellante, un canto di denuncia e di lotta contro l'oppressione politica che ha trasformato in un inferno di degradazione e miseria l'isola gloriosa che fu un tempo "il volto sovrano del mondo nero". Al centro di "Filtro amaro" sta una figura di poeta che - cancellata ogni romantica egolatria - si fa tramite e voce di una realtà che lo trascende; è la "pazienza di infallibili memorie" sovraindividuali che parla in lui, trasportando il lettore in un mondo in cui brume e rugiade profumate si alternano ad angosciose, disperate siccità, mentre la nostalgia del sacro s'incarna - tra musica, danza e trance - negli dèi inquietanti, generosi e vitali del pantheon voodoo.

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