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La filosofia di fronte all'estremo. Totalitarismo e riflessione filosofica - copertina
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La filosofia di fronte all'estremo. Totalitarismo e riflessione filosofica
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La filosofia di fronte all'estremo. Totalitarismo e riflessione filosofica - copertina

Descrizione


Un'antologia di saggi filosofici che riunisce alcune tra le riflessioni più significative, da Hanna Arendt a Foucault, sull'uso e sul contenuto filosofico della categoria di totalitarismo. Esso, pur nelle diverse valutazioni degli autori, è letto da tutti come un'esperienza limite che ha interrotto la continuità di una tradizione, culturale, politica e filosofica, e ha costretto a ripensarne gli assunti di fondo. Si desume che il totalitarismo, inteso come mostro poltico e comodo "contro-tipo", viene spesso opposto a una democrazia definita in modo formale e istituzionale. Esso non è una minaccia che incombe sulla democrazia dall'esterno, ma è una delle possibili risposte alle questioni a cui le democrazie non sono riuscite a trovare soluzioni.
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Dettagli

2004
30 marzo 2004
XXXIV-240 p., Brossura
9788806162740

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Cristian  Flaiani
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Recensione a S. Forti, La filosofia di fronte all'estremo Un'orchestra d'eccezione, composta da bravi musicisti e ben diretta da S. Forti, insegnante di Storia della filosofia politica all'Università del Piemonte Orientale. Così si presenta questo libro poichè i saggi che mette insieme non sono raccolti nel senso semplice e meccanico della giustapposizione ma creano, pur nella loro autonomia, diversità e distanza cronologica, un vero e proprio circuito, un sistema di rimandi e richiami reciproci che, individuando l'emergenza del fenomeno totalitario sul terreno della tradizione culturale dell'Occidente, la colpisce proprio al cuore. Il Totalitarismo non è soltanto un ospite, sia pur inquietante, della nostra tradizione ma anche, ed in primo luogo, un'intima possibilità dell'essere e dell'uomo ed è per questo che, come una catastrofe, costringe a ripensare tutto da capo. D'altra parte proprio la sua "imbarazzante prossimità" spinge gli autori non tanto ad interrogare le responsabilità del passato, quanto a cogliere, tra le pieghe del presente e le minacce del futuro, la persistenza delle dinamiche inaugurate dal dominio totalitario. Tutti i testi presentati, infatti, indagando sulla "scandalosa" continuità tra totalitarismo e tradizione occidentale, tra logiche della ragione e logica totalitaria, offrono validi strumenti di riflessione, utili soprattutto alla comprensione di come la “nientificazione pianificata dell'Umano" costituisca una possibilità eventuale iscritta nel nostro codice genetico. Cristian Flaiani

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Voce della critica

Totalitarismo è termine molto usato a partire dalla seconda metà del Novecento. È molto discusso. Talvolta decisamente contestato. Soprattutto come categoria storico-politica viene spesso aspramente denunciata la sua applicazione troppo ampia a esperienze storiche contemporanee ma diverse. Questa critica della categoria di totalitarismo è stata riproposta qualche anno fa da Antonio Negri ( Il potere costituente , Sugarco, 1992; manifestolibri, 2002), secondo il quale Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt "è certamente il peggiore di questa autrice: le categorie della 'guerra fredda' vi sono dispiegate in tutta la loro terribile efficacia".

Più analiticamente e più recentemente, la ripropone Domenico Losurdo ( Per una critica della categoria di totalitarismo , in "Hermeneutica", 2004, n. s., pp. 131-166), che critica un doppio scambio che sarebbe presente nell'uso della categoria, in particolare da parte di Arendt: aver costruito, a partire dall'esperienza storica, un paradigma generale, ma fondato su un solo elemento comune - la dittatura del partito unico - alla Germania nazista e all'Urss comunista. Si nasconderebbe così, in realtà, l'effettivo carattere comune, che fornisce il nome stesso: totalitarismo deriva dall'aggettivo totale, ed esso è proprio della guerra, a partire dalla prima guerra mondiale. Da ultimo, Slavoj Zizek, in un testo uscito in inglese nel 2001 e in francese nel 2004 ( Vous avez dit totalitarisme? cinq interventions sur les (més)usages d'une notion , Éditions Amsterdam), sostiene: "La nozione di 'totalitarismo' è sempre stata una nozione ideologica al servizio dell'operazione complessa tendente (...) a garantire l'egemonia liberaldemocratica, e a denunciare la critica di sinistra della democrazia liberale, rappresentandola come il corrispondente, il doppio della dittatura fascista di destra". Per cui "in luogo di fornirci i mezzi di riflettere, di costringerci ad apprendere sotto una nuova luce la realtà storica che essa designa, ci dispensa dal dover pensare, e ci impedisce anche positivamente di farlo".

Bruno Bongiovanni, nella voce Totalitarismo della rubrica Babele (cfr. "L'Indice", 2001, n. 5), ha sostenuto con vigore: "Il totalitarismo non è mai esistito. Non è stato un regime. È stato, ed è, una parola avventurosamente e utilmente precipitata in concetto. È stata, ed è, una parola che allude, quanto al significato, a una dimensione comparativa". Tesi estrema, ma che nella parte positiva è ampiamente suffragata nella raccolta di saggi di Simona Forti; che, allo stesso tempo, conferma la validità del concetto, contro le contestazioni sopra indicate, peraltro tutte ricondotte al solo ambito politologico. Il titolo riprende quello dell'ultimo capitolo del libro della stessa Simona Forti, Il totalitarismo (Laterza, 2001). I saggi presentati, molti per la prima volta in italiano, propongono l'analisi del concetto attraverso angolazioni e punti di vista determinati: le "religioni secolari" (Aron); ideologia e terrore (Arendt e Patocka); biopolitica e biopotere (Foucault: "La presa in carico della vita da parte del potere"). Nella stessa direzione, Claude Lefort propone l'"immagine del corpo politico nel totalitarismo", "che si combina con quella della macchina", ma alterandola; essa svela l'inquietante - ma per nulla balzana - relazione fra totalitarismo e quella che per altri versi viene a ragione considerata il suo antidoto, la democrazia: "Il totalitarismo, ai miei occhi, non si chiarisce se non a condizione di cogliere la relazione che intrattiene con la democrazia". Il nesso tra totalitarismo, politica, democrazia, è anche il tema lapidariamente trattato nel denso saggio finale di Nancy. La perdita della singolarità nella totalità e il rapporto tra storie individuali e storia sono trattati da Havel; menzogna e segreto nei saggi di Kolakowski e Derrida. Al male radicale (Kant) e al male assoluto (Adorno) è dedicata la serrata analisi di Rainer Schürmann.

Concetto anche filosofico, dunque, il totalitarismo, ma all'interno di una filosofia che è strettamente legata alla storia, sia essa sociale, politica o culturale: concetto pieno di storia determinata, legato alla storia concreta della modernità e al suo compimento nel XX secolo. Ciò è del tutto evidente in tutti i saggi raccolti in questo volume, anche in quelli di filosofi "puri", di teoretici per eccellenza. Non si tratta solo del fatto che l'oggetto è storicamente determinato, quanto della considerazione che soltanto in una dimensione storica e comparativa, solo nella complessa storia della modernità e del suo contrastato sviluppo è possibile e ha senso cogliere l'essenza del totalitarismo. È nei rapporti tra società civile e stato, tra privato e pubblico, tra individuo, società e politica, che si manifesta il mutamento, radicale e sconvolgente, che apporta il totalitarismo. La sola determinazione politologica, pur importante, rischia di ridurre la sua portata e dimensione epocale, che coinvolge le viscere stesse dell'esistenza: coscienza, opinione, anima e corpo. Come avevano intuito alcuni capolavori della letteratura e dell'arte cinematografica, che avevano denunciato la tendenza totalitaria della società di massa. Penso a Metropolis di Fritz Lang, del 1927, e a 1984 di George Orwell, del 1949.

V. Dini insegna storia del pensiero politico all'Università di Salerno

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