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recensione di Principe, M., L'Indice 1998, n. 9
Nel panorama dei generi che hanno caratterizzato da sempre il cinema americano, il noir occupa senza dubbio un posto particolare, e ancora oggi sulla sua definizione critici e cineasti si trovano in disaccordo. In un sistema produttivo come quello hollywoodiano, che si è servito (e che, pur in modo differente, si serve tuttora) della divisione dei film in generi per razionalizzare la produzione e creare aspettative nel pubblico, non c'è mai stato, infatti, alcun posto per un genere chiamato "noir". Il termine, coniato in Francia nel dopoguerra e usato dagli americani solo negli anni settanta per indicare thriller, spy story, detective story, gangster movie e simili, viene tuttora usato da alcuni per indicare un periodo ben preciso della produzione statunitense, quello degli anni quaranta e cinquanta, caratterizzato da storie di torbide passioni, delitti e corruzione, ambientate negli spazi chiusi e opprimenti di città buie e ostili, e raccontate con stile aspro e fotografia fortemente contrastata. A questo uso restrittivo nel termine l'autore ne preferisce uno più ampio, e individua nel noir un elemento di continuità che attraversa i generi del cinema americano mettendone in luce i legami tematici e stilistici. Il noir è dunque la rappresentazione del lato oscuro dell'esistenza e della società attraverso un elemento catalizzatore del malessere sociale ed esistenziale: il crimine.
Con questa premessa Guerri ripercorre quasi settant'anni di noir, partendo dal gangster movie "Doorway to Hell" (1930), per arrivare all'orrore mistico di "Seven* (David Fincher, 1995), e allo "humour "nero di "Fargo" (Joel Coen, 1995).Il lavoro, corredato da uno straordinario apparato fotografico, indaga all'interno di ciascuna fase del cinema noir il rapporto di questo metagenere con la situazione politica e sociale del momento, mettendone in luce la capacità di raccontare il presente e il passato attraverso archetipi narrativi capaci di rinnovarsi con il passare del tempo. Per comprendere, ad esempio, l'atteggiamento ambiguo del cinema degli anni trenta nei confronti dei criminali che dovevano la propria fortuna al proibizionismo, non si può ignorare la posizione di parte dalla stampa dell'epoca, la quale spesso non condannava i protagonisti di delitti efferati, contribuendo così a creare una diffusa ammirazione nei loro confronti.
Insieme al legame con il proprio tempo, una delle chiavi usate da Guerri per leggere il noir è il personaggio, o, meglio, i personaggi, che in questo genere cinematografico forse più che in altri sono caratterizzati da mille sfaccettature e solo in apparenza sono riconducibili a tipologie di facile riconoscimento. Dal gangster al poliziotto hard boiled di Dashiell Hammett e Raymond Chandler, dalla dark lady al serial killer, le definizioni solitamente utilizzate per connotare i protagonisti di questo tipo di cinema risultano essere sostanzialmente dei grandi contenitori di una realtà molto più ricca e variegata. La stessa figura della donna, sempre oscillante tra i due poli dark lady - fanciulla innamorata e potenzialmente madre, riesce a conquistarsi nel noir (grazie al suo tratto fondamentale, quello cioè di essere nella maggior parte dei casi slegata dalla famiglia) uno spazio che mai ha avuto nel western o nel melodramma, e a presentare una varietà di sfumature impensabile negli altri generi. Si può affermare, più in generale, che l'elemento forte del noir sia proprio la sua capacità di accogliere prospettive e punti di vista diversi e di attraversare i generi contaminandosi con quelli apparentemente più lontani rinnovandosi costantemente e rimanendo tuttora vitale.
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