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La felicità è un paio di stivali. Un'antologia di racconti inediti in Italia - Joaquim Machado de Assis - copertina
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La felicità è un paio di stivali. Un'antologia di racconti inediti in Italia
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La felicità è un paio di stivali. Un'antologia di racconti inediti in Italia - Joaquim Machado de Assis - copertina

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2010
24 ottobre 2010
130 p.
9788860194183

Voce della critica

La felicità è un paio di stivali è la formidabile chiusa, a mo' di sentenza filosofica (ma di una filosofia intrisa di scetticismo e di acqua di colonia, come si conviene a una pose finesecolare), del testo intitolato Ultimo Capitolo, incluso nella recente antologia di racconti di Machado de Assis (1839-1908), il più celebrato classico dell'Ottocento brasiliano. L'unico brasiliano, per intenderci, a entrare nella lista dei cento geni della storia letteraria tracciato dal furore tassonomico di Harold Bloom (Il Genio. Il senso dell'eccellenza attraverso le vite di cento uomini non comuni, Rizzoli 2002).Partirei, dunque, proprio dalla calibrata scelta del titolo che, citando testualmente la sentenza di Machado, funziona benissimo come collettore di questa raccolta di tredici racconti estratti dall'ingente corpus della narrativa breve machadiana: oltre duecento testi che accompagnarono tutta la vita dell'autore, dai giovanili Contos Fluminenses (1870) fino alle Relíquias da Casa Velha (1906).
La tradizione traduttiva italiana che a Machado de Assis aveva pur concesso, nell'ultimo secolo, una doverosa attenzione, non fosse altro per le numerose edizioni soprattutto dei romanzi maggiori (Don Casmurro e Memórias Póstumas de Brás Cubas, questo recentemente presentato al lettore italiano sotto le spoglie stravolte e dubbie di un titolo come Marcela mi amò per quindici anni e undicimila scudi, niente meno, Azimut, 2005), mostra gravi carenze sul versante della narrativa breve. Come opportunamente ricorda la curatrice Angela Masotti nella prefazione, di Machado "sono stati tradotti e pubblicati in Italia solamente trentacinque racconti (di cui però solo sedici ancora in commercio)" che restituivano un ritratto "parziale", e non solo per ragioni numeriche, ma innanzitutto per le scelte antologiche tese a privilegiare il finissimo bozzettista della società borghese finesecolare brasiliana e l'acuto quanto insolente vivisezionatore dei caratteri e delle psicologie. Bisogna ricordare almeno le due antologie a cura di Amina Di Munno: Storie senza data (Lucarini, 1989) e La cartomante e altri racconti (Einaudi, 1990).
Quella di Machado è però l'opposto di una letteratura amena e innocua, e solo abilmente mimetica sui gusti della classe dominante e lettrice di un Brasile che alla fine dell'Ottocento entrava in una fase decisiva per la sua storia (fine dell'impero e della monarchia, abolizione dello schiavismo, fondazione della repubblica). Il critico Roberto Schwarz ha ben segnalato che Machado è "un maestro alla periferia del capitalismo" per la sua capacità di dar forma letteraria al movimento ambiguo, "volubile", assunto dalla storia della classe dominante brasiliana. Nel suo discorso, la volubilità con cui riesce a passare da un atteggiamento a un altro, da una posizione ideologica a un'altra, delegittimandoli tutti, imita la volubilità ideologica della classe dirigente brasiliana. Eccone un breve esempio: "Mi chiamo Matias Deodato de Castro e Melo, figlio del sergente maggiore Salvador Deadato de Castro e Melo e di Dona Maria da Soledade Pereira, entrambi deceduti. Sono originario di Corumbá, nel Mato Grosso; sono nato il 3 marzo del 1820; ho pertanto cinquantuno anni oggi, 3 marzo 1871. Ripeto, sono un grande iellato, il più iellato di tutti gli uomini. (…) Voglio morire a mezzogiorno, e sono le undici passate. Oltretutto ho mandato fuori il ragazzo che è a mio servizio, e potrebbe entrare in anticipo, e interrompere l'esecuzione del mortale progetto. Avessi tempo, racconterei nel dettaglio alcuni dolenti episodi, tra gli altri quello di certe legnate che mi presi per sbaglio".
Soprattutto nei romanzi, ma per certi versi, anche nei racconti, piuttosto che combattere con le armi ideologiche (di cui pure un certo naturalismo brasiliano era capace) la prepotenza, le arroganze, l'autoritarismo, l'irresponsabilità, l'ingiustizia di una classe, Machado sceglie volutamente un'altra strada. Imitare il discorso della classe dirigente brasiliana e della sua élite culturale – la stessa che adottava le idee più moderne del tempo, le idee del liberalismo europeo, ma solo in modo ornamentale, senza che potessero operare davvero nella realtà storica brasiliana – è la maniera di scovare gli equivoci e le ipocrisie della borghesia. Machado de Assis, il mulatto pronipote di schiavi "liberti" che ascende socialmente e culturalmente fino a diventare il primo presidente dell'Accademia di Lettere del Brasile, si fa davvero "agente segreto" della sua classe: un agente dell'insoddisfazione segreta della sua classe nei confronti di se stessa e della sua egemonia. Debitrice di una doppia tradizione letteraria, quella luso-brasiliana e quella europea (classica e moderna, francese e inglese in particolare), l'opera di Machado oltrepassa le estetiche vigenti nel panorama brasiliano del tempo (romanticismo prima e naturalismo poi) per inventare una grammatica nuova del narrare in Brasile, ma dovremmo dire senza timore di esagerare, in lingua portoghese.
Questa recente traduzione, oltre a colmare almeno parzialmente una lacuna editoriale, sa restituire al lettore di oggi l'estrema malleabilità di una prosa limpida e tagliente, ironica e surreale. Se, come ha scritto Virginia Woolf, la prima cosa che si perde della lingua straniera in traduzione è l'umorismo, il nuovo Machado "italiano" che emerge da questi racconti tradotti da Angela Masotti resta, per il nostro piacere, sapido e seducente, lontano dalla prosa ingrigita dell'italiano "normalizzato" delle traduzioni degli anni cinquanta e sessanta.
Vincenzo Russo

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