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Segnano un esordio rimarchevole i racconti che Roberto Cazzola ha di recente pubblicato con l'inattuale titolo La fedeltà, recuperando alla narrativa italiana contemporanea un impeto morale che pareva essersi estinto nelle sperimentazioni postmoderne, quando non postletterarie, dell'ultima generazione di scrittori. Viene infatti da pensare a Kierkegaard ascoltando le voci narranti che, nel percorso dei tre racconti, ricompongono una riflessione sul valore della memoria quale forma estrema di fedeltà. Spariscono le persone amate, cambiano le geografie della vita, gli oggetti lasciano marcire i ricordi ("Maledetto tavolo, maledetta sedia, ve ne fottete, porci, ve ne state lì come se non fosse successo niente. No, non avete bisogno di noi! Cadaveri. Voi siete dei cadaveri che non vogliono marcire") - unico ancoraggio, in questa infedele smemoratezza dell'essere, resta la memoria. Custodita, come nel primo racconto, nella rievocazione di un passato d'amore nella voce di una donna che va a smorire nella disperazione; oppure addolcita nella nostalgia per un padre perduto, nel secondo racconto; oppure anche rifiutata, come nel racconto finale, dove il ricordo dell'amata scomparsa innesca un teatro interiore della crudeltà - qual sia la forma in cui si cristallizza, la memoria si rivela alla fine la vera sostanza umana dei personaggi, la forma etica della loro forse inconsapevole resistenza alla morte che spazza via tutto. Questo basso continuo filosofico, che modula l'intreccio dei racconti, si accorda a uno stile che, pur nella diversità delle tre voci, mantiene invariato il suo rigore: nostalgia e rabbia, spensieratezza e spavento scandiscono la narrazione senza alcuna sbavatura di pathos. E mentre l'esperienza vissuta si placa nella memoria dei protagonisti, le loro parole si depositano sulla pagina e vi trovano catarsi. Amelia Valtolina
scheda di Valtolina, A. L'Indice del 1999, n. 11
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