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E'stata davvero possibile l'esistenza di un fascismo russo? E' quanto si chiedono Sergej Kulesov e Vittorio Strada in questo interessante saggio. Ebbene la Russia, patria del comunismo sovietico, vide il nascere nel 1925 in Manciuria, del fascismo, il quale, pur ispirandosi all' esperienza italiana e del nazionalsocialismo tedesco, ebbe dei tratti peculiari e distintivi dai due maggiori fascismi europei giunti al potere. Lo spirito che guidava i fascisti russi era racchiuso nello slogan "Dio, Nazione, Lavoro", e lo scopo finale del movimento guidato da Rodzevskij era l'instaurazione di uno Stato nazional-lavorativo, sull'esempio di quello corporativo italiano, in cui le "associazioni" dei lavoratori e degli imprenditori avevano un potere che, in un sistema parlamentare, spetta ai partiti, alle lobbies, alle "plutocrazie", intesi come un unico cancro, il quale è ben lontano dal rappresentare le istanze del popolo e del bene comune, quindi l'idea democratica di autogoverno popolare risulta tanto utopica quanto contraria ai principi che la ispirano. L'idea di fondo, tipica di tutti i fascismi, fu perciò la conciliazione tra l'amore patrio e la giustizia sociale, in ottica decisamente antimarxista, antiliberale, antidemocratica, antigiudaico - massonica (bisogna tener presente che in Unione Sovietica il comunismo venne rappresentato come una creazione dell'ebreo Karl Marx). Certo, il fascismo russo non raggiunse mai il potere nell'URSS di Stalin, ma rappresenta un aspetto di questa idea che sconvolse il mondo. Il libro è vivamente consigliato, in quanto dopo due saggi introduttivi uno sul "fascismo russo", l'altro sul totalitarismo nella Storia del Novecento, abbiamo la riproposizione dell'ABC del fascismo, cioè di quel bagaglio ideologico che tutti i fascisti russi dovevano portare con sé, delle riflessioni su fascismo italiano e nazionalsocialismo germanico fatte negli anni '30 e, infine, una lettera del "Duce" russo al dittatore georgiano.
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