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L'editore Giano prosegue nella sua opera di riscoperta di autori e autrici di grande rilievo all'estero ma poco noti nel nostro paese, con edizioni ben curate e buone traduzioni.
Tillie Olsen è senz'altro un'autrice importante, anche se le difficili circostanze della sua vita le hanno permesso di pubblicare poche opere: oltre alla breve raccolta di racconti Tell Me a Riddle (Fammi un indovinello), il romanzo Yonnondio: From the Thirties (1974) e le raccolte di saggi Silences (1978) e Mother to Daughter: Daughter to Mother (1984). Nata in Nebraska nel 1912 o 1913 da una coppia di ebrei russi emigrati negli Stati Uniti dopo aver partecipato alla rivoluzione del 1905 ed essere sfuggiti al carcere zarista, Olsen conobbe l'estrema povertà della Grande depressione, la persecuzione politica per il proprio attivismo (iscritta al partito comunista, fu incarcerata due volte e perseguitata durante il maccartismo), la fatica di trovare il tempo e la solitudine necessari alla scrittura in una vita trascorsa a lavorare duramente e ad allevare quattro figlie. Considerata una delle prime portavoce del movimento per la liberazione della donna, Olsen intersecherà sempre la propria attività di scrittrice con quella di attivista politica, inserendosi in un filone corposo della letteratura americana che comprende, per citare due fra i nomi più noti al pubblico italiano, Alice Walker e Grace Paley (alla quale la lega anche l'umanesimo secolare della sinistra intellettuale ebraica).
Il tema di una quotidianità difficile che non concede, soprattutto alle donne, di realizzare le proprie aspirazioni, ricorre continuamente nell'opera di Olsen, come sottofondo nei racconti di Tell Me a Riddle e in modo esplicito in Silences, la raccolta di saggi che esplora le diverse circostanze (soprattutto di genere, classe e razza) che impediscono di scrivere, provocando quelli che Olsen definisce "silenzi innaturali". Olsen riuscì comunque a riversare le proprie esperienze umane in una scrittura intensa, toccante e dal forte rigore stilistico, con un personalissimo uso delle varie parlate dell'inglese non-standard che le derivava dal contatto con gli ambienti degli immigrati.
I racconti di Tell me a riddle, pubblicati nel 1961 quando l'autrice aveva ormai cinquant'anni, vinsero il prestigioso O. Henry Award per il miglior racconto dell'anno, procurandole una certa notorietà e innumerevoli elogi nell'ambiente letterario americano. La raccolta comprende Sono qui che stiro, la riflessione di una madre sul rapporto con la figlia, che non conobbe una vera infanzia perché allevata in anni di povertà, ansia e inesperienza; Ehi, marinaio, che nave?, la storia di un marinaio, attivista politico ma ormai stanco e alcolizzato, che cerca la solidarietà di una famiglia di vecchi amici e scopre come le circostanze della vita possano mettere in difficoltà anche i legami più forti; O sì, il racconto di un'amicizia minacciata fra due bambine, una bianca e l'altra di colore, che entrano nello stratificato mondo della scuola e dei codici sociali; e infine l'acclamato Fammi un indovinello - per il quale Olsen si ispirò in parte alla madre, a ulteriore conferma della centralità del rapporto madre/figlia all'interno della sua opera - che narra l'amarezza ma anche la dignità di un'anziana donna che, sull'orlo della morte, non accetta di essere strappata alla sua "pace riconciliata", al silenzio e alla solitudine finalmente ottenuti a prezzo di enormi sacrifici. ("Lei non avrebbe scambiato la sua solitudine con niente. Mai più costretta ad andare al ritmo degli altri ".)
Alice Munro ha scritto che questi racconti possiedono "una purezza e dignità fuori dal comune", e Margaret Atwood ha dichiarato che ogni scrittrice dovrebbe guardare a Olsen non solo con "rispetto" ma con "venerazione". La sua capacità di racchiudere intere vite in poche frasi si unisce, in questi racconti, a un uso della lingua deliberatamente sperimentale, con sequenze cronologiche fratturate, ricorso alla tecnica del flusso di coscienza, insistenza sul potere evocativo delle singole parole. Pur rimanendo entro i confini del realismo, Olsen attinge alle tecniche di narrazione più moderne per comunicare la propria visione umanistica e appassionata, che ebbe il merito di rendere materia di racconto la fatica quotidiana, soprattutto femminile, e di indagare sui diversi modi in cui la voce delle donne viene messa a tacere dalle circostanze esterne.
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