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Esilio - Enzo Bettiza - copertina
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Esilio - Enzo Bettiza - copertina
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Descrizione


Premio Campiello 1996.
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Dettagli

1998
Tascabile
434 p.
9788804459439

Valutazioni e recensioni

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kairos
Recensioni: 5/5

Bettiza non è solo un grande giornalista ma un abile costruttore di storie. Scrittura limpida, scorrevole, evocativa. Esilio è senz'altro un grande romanzo da leggere.

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MarcoDese
Recensioni: 4/5

Preso solo per il fascino linguistico e culturale che esercitano su di me quelle terre dalmate, questo libro si è rivelato una clamorosa sorpresa. Pieno, ricco, policromo, può considerarsi un'autobiografia ragionata, una saga familiare, una preziosissima testimonianza storica della vita un italiano in Dalmazia dagli anni della sua gioventù fino all'esilio nel '45. Il tutto raccontato con estrema e sublime perizia e senza alcuno spirito revanscista (egli era, di fatto, di madre montenegrina, quindi per metà slavo). Perché allora gli do 4/5 e non 5/5? Perchè forse, reso ormai avido di sapere dalla mole di notizie fornite, avrei voluto conoscere qualche particolare in più dei giorni tristi e malinconici che precedettero l'esilio dell'autore: cosa accadde esattamente e come accadde? E avrei forse limato certe digressioni, apparentemente simili o identiche tra loro, relative all'identità illirica, allo spaesamento dalmata ecc., non perché non ne intuisca o apprezzi la profonda importanza, ma perché forse riproposte troppo spesso, in salse talvolta appunto molto somiglianti, nel corso della narrazione. E' comunque un libro straordinario.

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francisbrun
Recensioni: 5/5

Uno dei libri piu'belli che ho letto. Narrazione magistrale.

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Recensioni

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Voce della critica


recensione di Cecovini, M., L'Indice 1996, n. 9
(recensione pubblicata per l'edizione del 1996)

Enzo Bettiza è un tipico personaggio illirico, di lucida intelligenza associata a una caparbia volontà di affermazione; qualità che, all'ombra di un'apparente fatalistica indolenza orientale di probabile derivazione materna, sottendono il coerente disegno d'una vita concepita, guidata e controllata senza nulla concedere al caso.
Illirico, o dalmata, è chi è nato o almeno provenga dall'Illiria, quella regione rivierasca adriatica che i croati hanno sempre considerata propria, i veneziani assoggettarono e organizzarono per secoli al servizio dei loro traffici mercantili, i locali per contro hanno sempre vantato, nel loro insopprimibile anelito a un'identità libera e distinta, come il paradiso terrestre loro concesso dagli dèi, librato nell'aria e pressoché disancorato dalle miserie terrene.
Cultura italica? Anche questa è una delle tante sue contraddizioni di fondo. Il celeberrimo Niccolò Tommaseo, nato a Sebenico ma divenuto il grande linguista italiano dell'Ottocento, è considerato dai croati uno dei vertici delle loro lettere, raccoglitore, fra l'altro, del tesoro dei canti popolari di quel paese.E maiTommaseo, nella sua lunghissima vita, rinnegò la madre e la lingua materna croate.
Bettiza è in una posizione non lontana da quella ora descritta, e ha una nobiltà d'espressione in lingua italiana tutta propria.Nato a Spalato, immigrò diciottenne in Italia, prima a Gorizia e a Trieste, poi a Milano, e da quel momento si considerò "in esilio", com'egli ama definirsi, un esilio ben ospitale, conviene aggiungere, se gli consentì di entrare nella carriera del giornalismo, raggiungendone rapidamente le vette prestigiose, quale corrispondente dall'Europa dei mutamenti epocali, e in particolare dal pianeta Russia (del quale è divenuto uno dei massimi esperti).A fianco di questi già di per sé lusinghieri traguardi, egli è stato anche senatore della Repubblica e quindi membro del primo parlamento europeo eletto con suffragio universale.Non è poco, ma gli si farebbe grave torto se al vertice di questa parabola non si collocasse il Bettiza scrittore, già noto per i numerosi libri precedenti, ma salito a maggior fama letteraria col suo ultimo libro, intitolato appunto Esilio, un volume di quasi cinquecento pagine, uscito nelle edizioni mondadoriane, che già avevano ospitato le ristampe di "La campagna elettorale" e del "Fantasma di Trieste", e le nuove opere "L'anno della tigre" e "I fantasmi di Mosca".
L'"Esilio" è un libro difficile da assegnare a una delle categorie convenzionali della letteratura. Autobiografia? Libro di memorie? Omaggio all'abbandonata ma indimenticabile e indimenticata terra natale? Autobiografia involontaria lo definisce lo stesso Bettiza in quell'"Epilogo" che chiude il libro ma che consiglio di leggere come primo avvio, e comunque in stretta connessione con il "Prologo". È tra questi due stipiti infatti che Bettiza apre la porta per penetrare nei momenti fondamentali della sua vita, sentiti più come luoghi dell'anima che come oggetti di cronaca o, se si preferisce, di narrazione storica, politica e sentimentale. Un libro che - riconosce Bettiza - si è sviluppato, sotto l'impeto rampollante dei ricordi, in qualcosa di diverso dai propositi iniziali, ch'erano quelli di indagare concisamente sulla guerra balcanica ancora in corso, tanto da potersi considerare il risultato di "un grimaldello con cui il presente ha forzato e saccheggiato il passato".
Autoesiliato, dunque, Bettiza dalla sua terra natale, dove l'antica tradizione veneto-illirica era venuta consumandosi sotto l'inesorabile pressione slava, ancora una volta proiettata nach Westen, nella mitica spinta ch'era già stata dei movimenti panslavisti e panserbisti. Un concetto, questo dell'autoesilio degli illirici, inteso da Bettiza come un'oscura vocazione ancestrale, a far capo addirittura all'imperatore Diocleziano, spalatino, che rinuncia al trono per "murarsi" di sua scelta nella reggia-fortezza di Spalato, ermeticamente chiusa al mondo che le brulica ai piedi.Spalato stessa diviene così il simbolo metafisico di questo straniamento che pesa sui dalmati come un'ossessione, al punto che l'Illiria è vista come un'isola, dalla quale ci si salva solo con il murarsi in casa o con l'evasione.
I miti sono infranti, dice Bettiza, ma è ancora all'insegna del mito che i serbi combattono oggi, non contro i croati, come generalmente si crede, ma contro i balcanici islamizzati, i traditori di sempre, gli infedeli sacrileghi, gli "alieni per antonomasia". Da ciò il nuovo razzismo serbo, che giustifica oggi la sinistra tradizione serba della "pulizia etnica" con la non meno sinistra pretesa della "pulizia culturale". Il mito serbo: di avere cioè costituito l'antemurale che avrebbe salvato l'Europa dall'invasione ottomana.
Sono stato per cinque anni a fianco di Bettiza, membri entrambi del gruppo liberale e democratico delparlamento europeo.Pensavo allora - e continuo a pensare - che per lui la politica attiva sia stata soltanto l'occasione di nuove esperienze, da aggiungere a quelle già accumulate nell'osservazione dei fatti del mondo.Bettiza è un eccellente politologo, ma non, a mio parere, di sua natura un politician.Prevale sempre in lui il gusto dell'indagine, la curiosità delle situazioni intricate, l'allure dello scrittore.Sull'invito all'azione prevalgono insomma le molteplici suggestioni del pensiero.
Non è triestino, ma è vissuto a Trieste, ne parla il dialetto, ha scritto su questa città il romanzo "Il fantasma di Trieste" e il saggio "Mito e realtà di Trieste".Con onore, dunque, Trieste può considerarlo membro non precario della propria complessa comunità, che parla italiano (ma non solo italiano), pensa europeo, nutre accanto all'amore per l'Italia incancellabili nostalgie mitteleuropee.

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Conosci l'autore

Enzo Bettiza

1927, Spalato

Enzo Bettiza è stato corrispondente prima da Vienna e poi da Mosca della "Stampa" dal 1957 alla fine del 1964 . Per dieci anni inviato e fondista del "Corriere della Sera", e nel 1974 ha dato vita, con Indro Montanelli, al "Giornale", di cui è stato condirettore vicario fino al 1983. Ha dedicato gran parte della sua attività narrativa e saggistica alla riflessione sul destino dell'Europa moderna. Ha pubblicato fra l'altro: "La campagna elettorale" (1953), "Il fantasma di Trieste" (1958), "Il diario di Mosca" (1970), "Il mistero di Lenin" (1982), "L'anno della tigre" (1987), "I fantasmi di Mosca" (1993), "Esilio" (1996, premio Campiello), "L'ombra rossa" (1998), "La cavalcata del secolo" (2000), "Il libro perduto" (2005), l'introduzione al Meridiano dedicato a Guido Piovene...

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