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Dopo I bambini di Svevia, Romina Casagrande torna con un romanzo potente che fa riaffiorare uno degli orrori del secondo conflitto mondiale: le cliniche in cui venivano rinchiusi e torturati coloro che per qualsiasi ragione erano considerati diversi. Perché la tragedia non si ripeta non si deve dimenticare. E perché tutti possano ricordare, la letteratura dà voce a chi una voce non l’ha avuta.
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Il tema è da far accapponare la pelle, per intenderci l'olocausto parte dal progetto di eliminare i propri figli al di sotto di un parametro e se tu sei in grado di uccidere i tuoi figli, far fuori quelli degli altri ti risulterà meno tremendo. Detto questo ho trovato il libro noioso e l'Happy End finale abbastanza inverosimile.
Un testo che inizialmente sembra avere un grande potenziale per la tipologia di trame che si intrecciano ma che, nel corso del racconto, non vengono ben sviluppate e non hanno nulla di originale. Sono storie un po banali e stereotipiche che cercano di trattare temi molto profondi e complessi. È una lettura veloce e molto piacevole nella prima metà del libro poi la storia aumenta il ritmo della narrazione non approfondendo bene nè i personaggi e la loro psicologia nè gli eventi in sé. Il finale mi ha molto delusa e ha giocato molto sul mio giudizio.
In queste pagine l'autrice ci porta indietro nel tempo, nel periodo della seconda guerra mondiale dove i nazisti hanno cominciato un orrore senza fine, dove molte persone, compresi bambini, considerati diversi venivano rinchiusi in una clinica e sottoposti ad esperimenti e torture. Emma, la nostra protagonista, si ritrova orfana insieme al fratellino Benjamin e, nonostante volesse realizzare la volontà del padre, si ritrova sola perchè il fratellino le è stato portato via. Lei lo amava molto e il dolore di saperlo rinchiuso in un posto dove chissà cosa gli staranno facendo, le provoca una voragine indescrivibile. A distanza di anni Emma non sa nulla di cosa ne sia stato del fratello e si ritrova nella Villa dove è cresciuta, adesso passata in eredità ad una donna. Qui ritrova degli oggetti, fotografie ingiallite, un anello, indizi che pensano la possano portare da Benjamin. “Le pietre di quella casa avevano sempre avuto più forza del cuore degli uomini che ai quali era capitato di abitarla” In un contesto storico curato nei minimi particolari, l'autrice ci racconta il dolore e le atrocità vissute in un periodo molto buio che ha visto morire molti innocenti. Impossibile rimanere indifferenti, impossibile non indignarsi per quello che è stato fatto, per gli inganni e le menzogne, commuoversi è il minimo, non si può non piangere leggendo queste pagine. Bellissimo in ogni sua parte, non posso che consigliarlo. Per non dimenticare.
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