L' enigma siberiano

Finito ieri sera e già non ricordo più la vicenda se non l'atmosfera lugubre e gelida della Siberia, il ghiaccio del lago Bajcal e l'uccisione e la lotta con il grande orso. Credo che di Noir ci sia stato ben poco!

Questa volta il coriaceo ed integerrimo poliziotto moscovita Arkady Renko deve provare a districarsi nell'infido ambiente degli oligarchi siberiani nel tentativo di proteggere la sua compagna, una giornalista determinata quanto ambiziosa, impegnata in un'inchiesta ad alto tasso di rischio. E proprio gli oligarchi, spregiudicati biznismen (ricalcati sul modello di personaggi reali come Berezovskij, Lebedev o Abramovič) che si muovono fra affari miliardari, rapporti ambigui con la nomenklatura e amicizie pericolose con boss mafiosi, costituiscono, insieme alla Siberia, un tempo terra di confino e di gulag per gli oppositori politici (dai decabristi a Ščaranskij, passando per Dostoevskij, Bakunin, Trockij, Stalin e molti membri del PCd'I) e oggi scrigno prezioso per l'accumulazione di immense fortune nei settori minerario, metallurgico e degli idrocarburi ad opera di imprenditori privi di scrupoli, costituiscono gli elementi originali del romanzo. Tuttavia, a differenza dei primi cinque libri del ciclo di Renko, dove i contesti ambientali erano indagati e rappresentati con minuziosa dovizia, in questo caso l'Autore si limita a veloci descrizioni e ciò, unitamente ad uno sviluppo della trama insolitamente lineare per un soggetto poliziesco, all'interno del quale, per di più, l'investigatore riveste prevalentemente un ruolo da spettatore, determina uno svolgimento della storia troppo breve, che si risolve in meno di 235 pagine. I dialoghi e l'ideazione di alcune bizzarre figure di contorno, che dovrebbero rappresentare l'"anima russa", costituiscono invece i più felici momenti di continuità con i romanzi precedenti. Un'ultima annotazione: il primo libro della serie risale al 1981, quindi il protagonista dovrebbe avere 65/70 anni. Implausibile, quindi Cruz Smith ricorre all'escamotage di ravvicinare gli eventi narrati nei diversi volumi, ma il trucco non funziona poiché essi sono strettamente connessi agli avvenimenti storici e alle leadership politiche da Brežnev a Putin

Avete presente l’impiallacciatura? Ce lo dicono quando vogliamo rinnovare ad esempio la cucina: i mobili saranno di legno ordinario , ma ricoperti da un foglio di uno più nobile. Così è questo libro: avvincenti, anche se al limite del credibile (ditemi voi chi sopravviverebbe a notti siberiane a gennaio, per di più dopo l’attacco cruento di un orso), le avventure nel selvaggio est, ma ci areniamo negli stereotipi del figliastro scapestrato, bravo solo a giocare a scacchi, la fidanzata giornalista che non risponde al telefono perché immersa nell’indagine (sarebbe motivo per mollarla istantaneamente) trascinando il povero ispettore così in un vortice quasi letale per recuperarla, il procuratore corrotto e connivente col potere, personaggi assolutamente inutili per non dire dannosi in una trama qua e là approssimativa. E questo sarebbe il truciolato dozzinale sotto la fodera esterna che invece vede figure interessanti come Bolot e Saran, avvolte nel fascino di una terra misteriosa che segue altre leggi e altri riti rispetto a quelli della frenetica vita di un occidente che non ha più segreti. Fossi l’autore, eliminerei in futuro senza rimpianti Tatiana, tanto insipida qua to presuntuosa, l’amico Victor, che ha più vodka che sangue nelle vene, e inserirei queste new entry, decisamente più fresche e originali.