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Elogio dell'insegnamento - Enzo Novara,Maura Canalis - copertina
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Elogio dell'insegnamento

Dettagli

2011
1 novembre 2011
96 p., Brossura
9788860819956

Voce della critica

  Sono due bravi, appassionati insegnanti torinesi gli autori di questo breve saggio che parla di una scuola concreta, vissuta, quotidiana. Si avverte tra le righe il piacere di una buona lezione che ha saputo suscitare l'interesse della classe (com'è vero quel senso di stupore che si avverte attorno alle proprie parole in momenti di particolare grazia!), la passione per lo studio, il gusto per la ricerca inesausta perché per l'insegnante ogni giorno è il primo giorno di una nuova avventura e "in ogni nuova classe tutto ciò che diciamo è nuovo (…) e ciò che è stato detto infinite volte può essere oggetto di una meraviglia o di una curiosità nuove". Si parla anche con equilibrio della responsabilità dell'adulto che si fa maestro e punto di riferimento dei giovani, argomento mai abbastanza affrontato quando si ha l'occasione di parlare degli adolescenti e delle difficoltà della loro formazione e della loro crescita. Con molte (forse troppe) citazioni gli autori offrono una concezione alta del ruolo della generazione che dovrebbe rappresentare l'asse portante della società senza sfuggire ai propri compiti: "L'adulto deve essere valutato nella sua capacità di agire e realizzare, di uscire da sé per entrare in contatto con l'altro, di vivere la responsabilità che il suo ruolo gli impone nei confronti delle altre età (l'infanzia, la giovinezza, la vecchiaia)". Su questo assunto si fonda tutta la riflessione dei due autori, che evitano in maniera dichiarata di affrontare altri aspetti dell'universo scolastico ("Queste pagine non si propongono di analizzare ancora una volta i problemi del mondo dell'istruzione […] e non toccano il livello istituzionale se non indirettamente": è una scelta apprezzabile, che testimonia il senso della misura e la dimensione di testimonianza vissuta di questo libretto, un "dono" offerto a colleghi forse più inesperti o forse solo meno capaci di cogliere tutta la bellezza dell'insegnamento. Ma il taglio testimoniale, rafforzato forse da un certo autobiografismo, costituisce anche il limite del saggio: infatti l'obiettivo di affermare la centralità del rapporto insegnante-studente si traduce a volte in un volontarismo un po' troppo accentuato e soprattutto induce gli autori ad affermazioni piuttosto sorprendenti, come quando per provare la disponibilità dei giovani al sacrificio non solo pongono sullo stesso piano la Resistenza e il Sessantotto (qualche differenza c'è…), ma addirittura citano come prova "il successo del romanzo di Tolkien Il signore degli anelli, tutto pervaso da una tensione" per un passato "connotato da coraggio, perfezione, gloria, purezza, onestà". Confesso che la scelta di questo esempio mi lascia piuttosto perplesso; trovo altrettanto discutibile, ma forse più grave come conseguenze, l'assioma che "un bravo insegnante è colui che è stato lui per primo un bravo studente": affermazione rischiosa perché presuppone che per un buon insegnante non vi sia soluzione di continuità tra vivere l'adolescenza e diventare adulto. Quando l'insegnante rimane rinchiuso nell'"esile mito" del proprio successo scolastico (e succede più spesso di quanto non si creda) non è un vantaggio, ma sono guai seri tanto per lui quanto per gli studenti, che non avranno di fronte un adulto con cui confrontarsi, ma un adolescente invecchiato da cui sentirsi giudicati. Vincenzo Viola

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