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Elogio alle tag. Arte, writing, decoro e spazio pubblico
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Elogio alle tag. Arte, writing, decoro e spazio pubblico - copertina
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Elogio alle tag. Arte, writing, decoro e spazio pubblico

Descrizione


Il writing è una forma di espressione urbana, un movimento legato alla città e presente ormai da diversi decenni ovunque nel mondo. Già dagli anni settanta i treni della metropolitana di New York partivano dai sobborghi ricoperti di scritte a spray, invadendo con segni e colori il salotto del centro storico. Per quei giovani figli di schiavi o di migranti era un modo per dire ai residenti dei quartieri alti che esistevano anche loro. Grazie al suo elevato valore simbolico questa pratica illegale è diventata, nel giro di poco tempo, una delle più diffuse tra coloro che provano a intraprendere il tortuoso cammino della critica alle ingiustizie sociali. Il primo passo di questo percorso si chiama tag, una semplice firma, uno scarabocchio su un muro di una città qualsiasi, anonima e respingente, su cui apporre il proprio nickname di strada. Qualcuno le ha chiamate "pisciate di cane", altri le hanno giudicate come l'elemento principale del degrado, in pochi si sono posti degli interrogativi sulla resistenza di questo fenomeno, nessuno ha mai elaborato un pensiero su quanto le tag possono essere preziose nel creare uno specifico senso di solidarietà diffusa nelle comunità che vivono in periferia. "Elogio alle tag" è un volume che indaga le relazioni tra writing, street art e logiche repressive anti degrado, con brevi saggi dell'autore e approfondimenti di sociologi, urbanisti, scrittori e avvocati, ma soprattutto con testimonianze di molti artisti italiani di diverse generazioni.
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Dettagli

2018
19 aprile 2018
183 p., ill. , Brossura
9788898922413

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Bello

Per chi ama i graffiti

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Voce della critica

Molti e significativi, ancorché non visti dai più, sono stati i cambiamenti che hanno coinvolto il mondo della street-art negli ultimi anni. Non è solo questione di quadri di Banksy che si autodistruggono da Sotheby’s moltiplicando il proprio valore – o meglio, il passaggio al mainstream della corrente artistica per definizione sotterranea non è che il sintomo più evidente di questo cambiamento. Oggi, i segni della street-art, o almeno alcuni di essi, non sono più inintelligibili alla maggior parte della gente, anzi sono graditi: chi, come me, vive in una città turistica, è testimone ogni giorno di come il “pezzo” su uno sportellino del gas è più fotografato della basilica che gli sta accanto. Un fatto, questo, non privo di implicazioni: il proliferare di “street-artist per turisti”, che producono operucce ispirate alle più note icone pop, allo scopo di andare su Instagram e poi vendere i propri originali, o la distinzione tra “street art buona” (quella carina, o appunto riconoscibile, o ancora fatta su “muri legali”) e “street art cattiva” – tutto il resto, e in particolare le tag.

Street-art, quindi, che da spina nel fianco degli amministratori ossessionati da quella forma di autoritarismo a bassa intensità nota come “ideologia del decoro”, rischia di diventare un loro possibile alleato. Qualcuno ricorderà i due casi in cui Blu, oggi il maggiore street artist italiano, ha cancellato personalmente due propri murales: a Kreuzberg, perché la loro presenza era diventata, suo malgrado, una forza della gentrificazione, con l’aumento degli affitti nel quartiere berlinese; e a Bologna, dalla facciata del centro sociale XM24, per protesta contro una squallida mostra di street-art istituzionale organizzata in una città dove da due decenni è in atto una lotta ferocissima contro ogni forma di cultura dal basso.
Per fare il punto su questo e altri paradossi – e invitarci a rivendicare anche lo scarabocchio – viene prezioso Elogio alle tag – Arte, writing, decoro e spazio pubblico di Andrea Cegna, fuori per Agenzia X, in cui si rimette al centro la tag (la firma sul muro che da sempre viene indicata dagli alfieri del decoro come “street-art brutta”), in quanto gesto base di riappropriazione di uno spazio urbano disumanizzato, e da lì, con le testimonianze di molti protagonisti della scena italiana, si arriva a inquadrare la sostanziale malignità dell’ideologia del decoro.

Recensione di Vanni Santoni

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