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Elena di Troia è stata per gli antichi greci simbolo dell’aspetto perverso e negativo dell’eros, “distruttrice di navi, di uomini, di città”, emblema della forza vitale dell’amore. Nella tragedia di Euripide il problema della colpa individuale di Elena, responsabile o vittima della passione distruttrice da lei stessa suscitata, viene eliminato alla radice. La tragedia propone infatti una variante paradossale del mito troiano: la donna amata da Paride è un fantasma, e la vera Elena trascorre in Egitto gli anni della guerra, rimanendo fedele al marito Menelao. La figura della protagonista si sdoppia così in una donna reale, incarnazione dell’ideale di amore coniugale, e in un essere incorporeo che con il suo adulterio infrange la morale dominante. Nel saggio introduttivo Massimo Fusillo coglie nell’Elena di Euripide l’archetipo del tema del doppio, destinato a percorrere con successo tutta la letteratura occidentale e l’aspetto avventuroso della tragedia che influenzerà il romanzo ellenistico e il teatro shakespeariano.
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