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Tra le ingenuità della militanza su internet e l’esibizionismo bipartisan che annulla ogni differenza anche in politica, l’autrice cerca una risposta alle domande che ci assillano quando siamo merce e vetrina, venditori e prodotti, illusionisti e oltranzisti della trasparenza.
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Con il suo abituale humour frizzante, l’Autrice offre al lettore una panoramica delle mutazioni antropologiche prodotte negli utenti compulsivi dei social, strumenti che la Soncini dimostra di padroneggiare piuttosto bene nonostante le sferzanti riflessioni critiche presenti in ogni pagina del libro. È una denuncia in chiave ironica della mercificazione delle idee, dei messaggi e del sé come persona; una requisitoria contro l’esibizione della propria immagine dietro pagamento (in beni, cuoricini, follower o semplicemente per appagare il proprio narcisismo). Purtroppo per il lettore, Guia Soncini scrive come parla: in radio la sua voce è calda e modulata, e le variazioni di tono risultano essenziali per cogliere appieno il messaggio e i sottintesi che trasmette. Viceversa, in più casi la sua prosa involuta, piena di incisi e con un uso disinvolto dei segni di interpunzione risulta d’intralcio alla scorrevolezza e richiede una rilettura del paragrafo appena letto. Rilettura che, se da un lato rallenta i tempi, quasi sempre aiuta la riflessione.
Provocatoria, a tratti dissacrante, l'autrice racconta meccanismi, fisime, vizi, strategie e bugie dei social e di chi vi imperversa e "influenza per vendere prosciutti". Non ci sono verità sconvolgenti, ma è interessante l'aspetto pseudoantropologico con cui la scrittrice tratta l'argomento e i continui confronti con il passato.
Il volume è piuttosto breve e la lettura non è particolarmente impegnativa. Ho trovato degli spunti interessanti rispetto al precedente volume che era una raccolta di cose dell'autrice già pubblicate. Nota negativa è che poteva evitare di parlare così tanto della Ferragni e della sua famiglia.
Recensioni
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