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Franco Perrelli continua le sue indagini sul teatro nordico scegliendo questa volta un'angolazione peculiare nel suo efficace Echi nordici di grandi attori italiani. In copertina c'è infatti l'immagine di Adelaide Ristori in uno dei suoi più impressionanti paludamenti regali come compariva sulla copertina di un numero del Ny Illustrerad tidning del 1870. Il volume affronta le cronache della primadonna notissima per le sue interpretazioni di Maria Stuarda Macbeth e Medea di Ernesto Rossi di cui viene illustrato uno Shakespeare verdiano e soprattutto di Eleonora Duse. Dell'attrice dell'anima vengono analizzate in dettaglio le tournée del biennio 1895-1896 e 1906 poco prima della decisione del lungo congedo dalle scene. La devozione dell'interprete a Ibsen è centrale in questi percorsi che trovano una eco di grande interesse nelle pagine di Herman Bang. Lo scrittore danese straordinario poeta di un verismo inquieto e febbrile di cui è testimonianza la splendida novella circense I quattro diavoli edita a suo tempo da Iperborea (1990) a cura di Alessandro Fambrini studioso dell'autore fu a lungo collaboratore della sua musa in specie presso il parigino Théâtre de l'Oeuvre. In un certo senso questo legame è il vero e proprio appuntamento di mezzanotte di una storia ricca di sorprese e destinata a lasciare impronte durature in paesi lontani nel momento in cui sulla Scandinavia si appuntava per la prima volta l'attenzione di tutta la cultura europea.
Luca Scarlini
Il saggio ricostruisce, sulla base di una ricerca d'archivio e di una vasta rassegna stampa, le sei tournée che, fra il 1879 e il 1906, i "grandi attori" italiani Adelaide Ristori, Ernesto Rossi ed Eleonora Duse effettuarono in Scandinavia. Quei viaggi non furono comode marce trionfali e talvolta provocarono severi giudizi critici, anche se, nell'insieme, lasciarono una profonda impressione in un ambiente culturale che veniva avvertito, e si presentava, non meno esotico del Sud America o dell'Oceania. Adelaide Ristori, pur in linea con le emergenti tendenze realistiche, offrì una raffinata lezione interpretativa in parte ancorata al passato romantico: i critici norvegesi videro nei ruoli da lei presentati una coincidenza ideale con quelli del primo Ibsen, che per contro mai recitò. Eleonora Duse, al contrario, stupì la critica scandinava con le sue calibrate interpretazioni di Rosmersholm e Hedda Gabler (e naturalmente anche della Signora dalle camelie e della dannunziana Gioconda), accogliendo l'influsso dei primi allestitori dell'area simbolista, Lugné-Poe e Herman Bang. Fra questi due poli, si può collocare la presenza di Ernesto Rossi che, più individualista e avventuroso, riuscì tuttavia a imporre, pur in mezzo a molte difficoltà organizzative, il suo splendido repertorio shakespeariano. Dall'originale ricerca emergono non poche novità circa le strategie e gli stili di questi tre "grandi attori" italiani, mentre - attraverso la percezione che di essi si ebbe nelle terre del Nord - affiora anche un quadro variegato del vivace panorama intellettuale, giornalistico e teatrale della Scandinavia dell'epoca.
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