La samaritana

I personaggi di Kim Ki Duk sono sempre impegnati a ripercorrere ricorsivamente lo stesso ciclo, in questo caso una ragazza si prostituisce, l’amica registra gli appuntamenti dei clienti, vogliono racimolare soldi per andarsene, si vedono i cicli di frequentazione dei clienti. Una ragazza muore per sfuggire alla polizia, l’altra ragazza vuole restituire i soldi ai clienti, andando con loro, comincia il secondo ciclo, si innesta un terzo ciclo con il padre-poliziotto, e questi cicli si condenseranno nel finale assurdo. Un grande regista Kim Ki Duk, a suo agio sia con l’oriente che con l’occidente.

Film unico e semplicemente spiazzante, cosi come tutti quelli del maestro Kim Ki-duk, è un’ allegoria sulla diversa visione del mondo fra ragazzi e adulti. Sicuramente un film difficile, traboccante di cultura orientale, forse ostico per gli europei ma anche colmo di poesia che si esprime in ogni gesto dei protagonisti. Kim Ki-duk è indubbiamente il regista più originale ed estremo che si possa vedere in questo terzo millennio, e il suo cinema segna un percorso coerente fin dalle origini. Da vedere per scoprire e capire che ci sono diversi modi di concepire il cinema.

Imbarazzante collezione di assurdità, dove verosimiglianza e coerenza si sacrificano agli intenti didascalici e al simbolismo pecoreccio, con una patina di belle immagini a coprire i buchi. Finale risibile.