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Duncan Edwards, il più grande - James Leighton - copertina
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Duncan Edwards, il più grande

Descrizione


Duncan Edwards, il più grande, tradotto da Federico Guglielmi, alias Wu Ming 4, autore anche di una prefazione inedita, è un viaggio alla scoperta di un football che ormai non c’è più.

Duncan Edwards è stato la meteora più luminosa del calcio europeo degli anni Cinquanta, antesignano del geniale George Best. Figlio del Black Country, cresciuto tra la classe operaia di Dudley, dotato di una tecnica sopraffina e di un fisico portentoso, Edwards entrò giovanissimo nelle file del Manchester United. Eccellente in difesa, nella costruzione del gioco e in attacco, era il talismano dei Busby Babes, i ragazzini delle giovanili che il leggendario allenatore Matt Busby aveva traghettato in prima squadra. Esordì con la maglia dell’Inghilterra a diciott’anni, un record che avrebbe resistito fino al debutto di Michael Owen, quarant’anni dopo. Con lo United vinse due campionati consecutivi e raggiunse le semifinali della neonata Coppa dei Campioni. Nel febbraio 1958, però, di ritorno da una partita di coppa contro la Stella Rossa di Belgrado, fu coinvolto nel disastro aereo di Monaco di Baviera – la Superga del calcio inglese. Edwards sopravvisse allo schianto ma morì quindici giorni dopo a causa delle ferite riportate: aveva ventun anni. Di lì a pochi mesi avrebbe dovuto sfidare il diciassettenne Pelé ai mondiali di Svezia.
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Dettagli

2018
26 aprile 2018
299 p., ill. , Brossura
9788832970319

Valutazioni e recensioni

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Claudio Magistrelli
Recensioni: 2/5

Duncan Edwards, il più grande di James Leighton nasce come tributo alla convinzione del padrino dell’autore che il più grande di sempre non sia stato Pelè o Maradona, ma Duncan Edwards. Tuttavia nel corso del suo sviluppo diventa molto di più: un’indagine storica, che non si lascia condizionare dalla frivolezza della materia, mantenendo rigore e distacco pura facendo comunque trapelare l’entusiasmo della scoperta. L’unico modo per confermare o smentire la suggestiva tesi sarebbe lasciare parlare le fonti dell’epoca e così fa Leighton, ricercando e riportando centinaia di stralci dai giornali degli anni ’50 e parlando con chi ha conosciuto o giocato di persona con Duncan Edwards, per ricostruire la rapida ascesa che portò Edwards dalle giovanili del Manchester United a divenire colonna portante dei Busby Babes, la giovanissima formazione dei Red Devils che avrebbe infiammato l”Inghilterra e il mondo.

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Voce della critica

(...)James Leighton ha scritto questo libro perché viene da una famiglia di calciofili. Il suo padrino, alla classica domanda “Chi è stato il più forte calciatore del mondo?”, ha sempre fatto il nome di Duncan Edwards, con insistenza. È stato davvero così? Il libro, pur volendo provare a rispondere a questa domanda senza pregiudizi positivi (...) crea subito il personaggio-mito: Edwards nasce nel 1936 in una umile famiglia operaia nella povera cittadina industriale di Dudley, nella Black Country, e non sembra essere in grado di vivere un secondo della sua vita senza una palla tra i piedi.

Lo scrittore compie quindi una indagine tra i ricordi che segue i primi palleggi di Edwards fino all’approdo nelle giovanili del Manchester United quando le prime cronache e gli articoli sportivi iniziano a parlare di questo prodigio, il poderoso numero 6, in grado davvero di giocare in tutti i ruoli in campo. Il lettore segue il compiersi del destino di Edwards pagina dopo pagina, dati alla mano, tanto che quando sono riportati risultati negativi o prestazioni sottotono quasi non sembra possibile. Leighton sa far emergere anche la schiva personalità di questo eroe infaticabile: taciturno, timido fino all’imbarazzo, Duncan Edwards non ha niente a che vedere con il binomio genio e sregolatezza; suoi saranno genio e duro lavoro. Una vita dedicata davvero, sotto ogni aspetto, alla gioiosa determinazione di giocare a pallone. A lungo andare, forse proprio per questa esibizione di imprese (...) la lettura si velocizza e perde però un po’ di mordente, fino a che, improvvisamente, arriva la fine. Le pagine sul disastro aereo e sulla lotta in ospedale del giovanissimo talento sono tanto forti quanto delicate. La fine del libro arriva di colpo, dopo un lungo elenco di lodi; così, allo stesso modo, è finita a ventuno anni la vita di Duncan Edwards, che giocando seppe stupire, e morendo devastò, la stampa, il mondo del calcio e i tifosi, che ancora lo ritengono il più grande.

Recensione di Jacopo Turini

 

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