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Nato con il fauvismo, fratello di pittore e artisti, Duchamp attraversò il cubismo e contribuì a fondare il dadaismo e il surrealismo. Poi, all’improvviso, lasciò la pittura a soli venticinque anni per dedicarsi alla sua passione per gli scacchi, e per allargare e ridefinire i confini del lavoro stesso dell’artista con opere come Il Grande Vetro, La macchina celibe, Fontana, L.H.Q.Q.Q., spaziando tra cinema e fotografia insieme all’amico Man Ray con il quale inventerà il personaggio di Rrose Sélavy, il suo alter ego femminile. «Credo che il primo ready-made non potesse che nascere a New York. Era il 1915. D’inverno nevica sempre. E quindi è facile scivolare e rompersi una gamba o un braccio. E quindi ecco che Marcel si inventa il suo “In anticipo su un braccio rotto”. Non contento, ci aggiunge anche una serie di istruzioni in inglese e francese che sembrano incomprensibili… Subito nacquero mille interpretazioni tranne quella giusta. In realtà basta leggerle in fila e aggiungere le lettere mancanti. Come nelle nelle insegne pubblicitarie dove manca qualche lettera. Era un gioco di parole e ci cascarono tutti. E allora perché rifarlo? Quindi nel 1916 mando “Fontana” alla mostra “The 4 Musketeers” che aveva organizzato con Crotti, Metzinger e Gleizes. Dato che lo firmò come “R. Mutt”, gli altri organizzatori non lo riconobbero come un Duchamp e quindi lo nascosero dietro una parete. Il nome veniva da “Jeff and Mutt”, una striscia comica a cui aggiunsi il nome “Richard”. Naturalmente tu hai fatto una scenata e ti sei ritirato dalla mostra. Ovviamente tutti parlarono solo di “Fontana”, e fu un successo. Picabia ne parlò nella sua rivista”391”, che portò il movimento Dada in America. Roché nei due numeri di “Blind man”, e tu nel numero unico di “Tnt”. E alla fine “Fontana” divenne famoso quanto il nudo che scende le scale. Grazie anche alla fotografia di Stieglitz».
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