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Si può essere un diplomatico di carriera e, insieme, uno studioso a proprio agio con archivi, carteggi e testi rari. Serra incarna questa combinazione e ci offre un esempio dei frutti che l'innesto può produrre. Vagliandone il lato diplomatico, i fatti narrati acquistano una dimensione che spesso loro manca. E il lettore può persino gettare uno sguardo verso la stanza dei bottoni. Una stanza spesso situata tra ambasciate e ministeri degli esteri. È lì che le vere decisioni, o almeno le vere motivazioni, prendono spesso forma e sostanza. Serra ci narra quattro storie di sconfitte, quattro modi per transitare verso il mainstream del Novecento: l'Occidente liberale e capitalistico a guida americana. Le pagine del libro ci narrano di un'avventura, quella che D'Annunzio vive a Fiume, condotta contro il proprio tempo. È soprattutto il tentativo di varare una lega dei popoli oppressi. D'Annunzio lo proclama e gli inglesi gli credono. E tremano. Fiume è pure sintomo di una voglia di riscatto che ha Caporetto quale ferita ancora bruciante nella mente e sulla pelle di molti militari, ufficiali e borghesi nutriti di orgoglio e patriottismo risorgimentale. Il Novecento darà molte repliche di questa prima rappresentazione. Si narra poi della caduta del Giappone, della nobiltà del suo popolo fermato sull'orlo di un suicidio in massa dalla lungimiranza dell'imperatore e soprattutto di alcuni membri del suo entourage. Meno nobile la caduta di alcuni demoni della Germania nazista. L'intervista a Anthony Freire Marreco, giudice a Norimberga, ci svela alcuni retroscena e fornisce elementi preziosi per fugare o stemperare molte polemiche sorte nei decenni attorno a quel famoso processo. I "perché" di ciò che alleati e Urss fecero della Germania dopo quella rovinosa caduta spiega infine il "come" la Ddr crollò col suo Muro. In seguito a queste catastrofi l'Europa ha una chance in più per dirsi viva e unita.
Danilo Breschi
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