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Dizionario dei luoghi letterari immaginari - Anna Ferrari - copertina
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Dizionario dei luoghi letterari immaginari
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Dizionario dei luoghi letterari immaginari - Anna Ferrari - copertina
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Descrizione


Un volume per chi ama i repertori, meglio se un po' stravaganti: il lettore potrà divertirsi molto con il "Dizionario dei luoghi letterati immaginati" che affronta città e castelli, paesi e isole, montagne e boschi. I luoghi immaginari presuppongono, nota l'autrice, quasi sempre un viaggio. I lettori, infatti, sono andati sulla luna molto prima degli astronauti, per di più spendendo pochissimo.
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Dettagli

2007
XXIII-654 p., Brossura
9788802078687

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Voce della critica

Quando, nell'Orlando furioso, Astolfo, il cavaliere britannico e un po' folle, giunge sulla Luna, vi trova un altro mondo: "Altri fiumi, altri laghi, altre campagne", scrive l'Ariosto, "sono là su, che non son qui tra noi; / altri piani, altre valli, altre montagne, / c'han le cittadi, hanno i castelli suoi, / con case de le quai mai le più magne / non vide il paladin prima né poi: / e vi sono ample e solitarie selve, / ove le ninfe ognor cacciano belve". Astolfo non si ferma a osservare questo luogo "altro" che pare un doppio della nostra Terra, ma procede invece, condotto dall'evangelista Giovanni, verso un vallone nel quale si trova tutto ciò che l'umanità perde nel suo mondo: regni, ricchezze, fama, preghiere, voti; le minestre versate delle elemosine lasciate dopo la morte, i fiori appassiti della Donazione di Costantino, le panie della bellezza femminile, i nodi d'oro dell'amore non corrisposto, le cicale scoppiate dei versi che si scrivono in lode dei signori, il monte "di tumide vesiche" che rappresenta le antiche corone imperiali degli assiri, dei persiani e dei greci; e soprattutto "le lacrime e i sospiri degli amanti, / l'inutil tempo che si perde a giuoco, / e l'ozio lungo d'uomini ignoranti, / vani disegni che non han mai loco, / i vani desidèri sono tanti, / che la più parte ingombran di quel loco".
La Luna dell'Ariosto è più "piena" della Terra: è un luogo immaginario che, oltre a uno sterminato cimitero di allegorie e di rovine, contiene un mondo simile al nostro, ma anche tutto ciò che nel nostro in realtà abbonda ed è tuttavia, in una realtà più vera, perduto, vuoto, inane. È, la Luna dell'Ariosto, un modello esemplare dei luoghi immaginari che la letteratura ha inventato. E infatti compare al centro del Dizionario che di essi ha compilato Anna Ferrari, già autrice di un altro mirabile Dizionario Utet, quello di Mitologia (2006).
Lavoro compiuto con infinita pazienza, con attenzione e precisione fuor del comune, straordinaria conoscenza e gran gusto. Un'opera imponente e unica al mondo, che forma un vero e proprio atlante della letteratura: utilissimo allo studioso e affascinante per il lettore. "Altri fiumi, altri laghi, altre campagne" si trovano qui "che non son qui tra noi": dall'Ade degli antichi, il regno delle ombre dopo la morte, all'Uqbar di Borges, dalla Casa del Sonno alla Città del Sale: per la precisione da Aar, "piccolo centro che costituisce lo scenario della vicenda narrata da Grazia Deledda nel romanzo La madre", a Zyundal, "isola immaginaria facente parte dell'Arcipelago della Saggezza, situato nel Pacifico settentrionale, descritto da Alexander Moszkowski ne Le isole della saggezza. Storia di un avventuroso viaggio di scoperta". C'è, in sostanza, tutto: le locande dei romanzi tradizionali e quelle delle narrazioni fantastiche, le imbarcazioni (dalla prima, la mitica Argo sulla quale Giasone e i suoi si misero in cerca del vello d'oro, ai celebri Great Eastern e Nautilus di Verne, al Pequod di Melville, sino alla Yoricke di Traven), le foreste, i deserti, i mari. Utopie e distopie, Città del Sole, Platonopoli, Babele, Paese degli Yahoos.
È come se, partendo dalle Città invisibili di Calvino, Anna Ferrari avesse percorso tutte le vie più misteriose della letteratura, risalendo indietro sino a Scheria e alle terre dei Lotofagi e dei Ciclopi nell'Odissea e poi discendendo con agilità sino alla Giandù del Milione (la Xanadu di Coleridge), al pianeta Krypton di Superman e alla Hogsmead di Harry Potter. Un viaggio portentoso, organizzato però secondo criteri precisi: primo, il "luogo" deve essere immaginario (cioè non reale) e (soprattutto) letterario; secondo, deve possedere un nome per essere identificato (non lo hanno ad esempio molti luoghi, "generici castelli, regni, foreste", delle fiabe), anche se a volte tale nome viene dal personaggio, come nel caso dell'isola di Prospero o di Robinson; terzo, le località devono comparire in opere letterarie importanti o famose. Si tratta di criteri che introducono la razionalità e un minimo di scientificità in un volume che rischiava altrimenti di espandersi all'infinito e precipitare nel caos, e vengono applicati dall'autrice con buonsenso e coscienza della soggettività di certe scelte.
Nella sua bella introduzione, Ferrari ci prende delicatamente per mano e ci conduce in primo luogo verso gli intriganti nomi dei luoghi immaginari: quelli "parlanti" che annunciano "ciò che li distingue e che in essi si può trovare" (Città del Sole, Isole della Poesia, Paese di Bengodi); quelli costruiti "sulla base dell'imprevedibilità linguistica, del gioco di parole", del suono, dell'etimologia (il Maradagal di Gadda, l'Albracà del Boiardo, la Tralalanda di Sepúlveda); quelli derivati da nomi di persone (Zavattinia, o le varie Zenobia, Zoe, Zora di Calvino); quelli "realistici o verosimili" (la Baskerville di Sherlock Holmes); e infine quelli senza nome. Il nome è tutto, sia per un luogo immaginario che per uno reale (già gli antichi notavano che "Roma" è anagramma di "amor"), ma in misura ancora maggiore per uno immaginario: senza nome, quel luogo svaporerà nel nulla. Un ragionamento sui nomi, dunque, è nel caso specifico dell'esistenza stessa delle cose. Infatti a esso segue, nell'introduzione, un discorso sul tempo e sullo spazio: spostato, il primo, sul lontano futuro o il remoto passato; situato sul confine, il secondo ("non a caso molti luoghi immaginari della letteratura sono isole"), ma frequentemente delimitato da coordinate geografiche "tanto precise e rigorosamente definite quanto irreali", e colmabile soltanto attraverso "un viaggio spesso difficile, lungo, pericoloso".
A questo punto il lettore è munito di bussola e sestante e può far rotta da solo verso i luoghi dell'immaginazione. Gli suggerisco di dirigersi dapprima verso le voci più corpose, perché costituiscono quasi delle entità narrative a sé. Per esempio, se vuol sapere qualcosa della Luna, compirà un'emozionante navigazione da Luciano di Samosata a Dante (Paradiso II), da Ariosto (appunto) a Francis Godwin, da La Fontaine al Barone di Münchhausen, da Leopardi a Verne, da Wells a Calvino. Il capo gli vorticherà un poco, ma questo è un buon segno. E dovrà comunque ricordare quel che scriveva Keats dopo aver scoperto l'Omero di Chapman: d'aver molto viaggiato per reami d'oro e visto stati e regni bellissimi, d'aver compiuto numerosi peripli attorno alle isole d'occidente ("che i bardi han ricevuto per feudi da Apollo"), e d'aver spesso sentito di "un'immensa terra" governata da Omero. L'errare per questi luoghi immaginari, capirà il lettore, è l'essenza stessa della poesia. Piero Boitani

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