Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Discorso sull'economia politica - Claudio Napoleoni - copertina
Discorso sull'economia politica - Claudio Napoleoni - copertina
Dati e Statistiche
Wishlist Salvato in 0 liste dei desideri
Discorso sull'economia politica
Disponibilità immediata
15,00 €
15,00 €
Disp. immediata
Chiudi
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
15,00 € + 6,00 € Spedizione
disponibilità immediata disponibilità immediata
Info
Usato Usato - In buone condizioni
24,90 € + 5,50 € Spedizione
disponibilità immediata disponibilità immediata
Info
Usato Usato - Ottima condizione
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
15,00 € + 6,00 € Spedizione
disponibilità immediata disponibilità immediata
Info
Usato Usato - In buone condizioni
24,90 € + 5,50 € Spedizione
disponibilità immediata disponibilità immediata
Info
Usato Usato - Ottima condizione
Chiudi

Tutti i formati ed edizioni

Nome prodotto
17,10 €
Chiudi
Discorso sull'economia politica - Claudio Napoleoni - copertina
Chiudi

Promo attive (0)

Dettagli

1985
Libro universitario
146 p.
9788833950150

Voce della critica


recensione di Lunghini, G., L'Indice 1985, n.10

"Il sentimento mistico, che spinge il filosofo dal pensiero astratto all'intuizione, è il tedio, la nostalgia di un contenuto".
(K :Marx, "Manoscritti economico-filosofici del 1844")

L'oggetto odiosamato del "Discorso sull'economia politica" di Claudio Napoleoni è Karl Marx; l'intento di Napoleoni è di utilizzare Marx - dopo averne individuato una sorta di nucleo razionale, ma non nel senso logico-formale - per andare al di là di Marx; l'intuizione con la quale si conclude il "Discorso" è questa: posto che la ragione non fornisce ragioni per una rivoluzione riformatrice della natura umana e della società, non resta altra possibilità se non quella di un riformismo rivoluzionario; se fossimo mossi tutti dal desiderio e dalla ricerca del tutto, questo tutto potremmo trovare se tutti accettassero due condizioni di vita: nel privato, una riforma mentale, che consenta di guardare in modo diverso al rapporto tra l'uomo e il mondo, diverso da quello stabilito dalla prospettiva della produzione-appropriazione-dominazione; nel politico, un patto fra i produttori che garantisca il rispetto delle 'compatibilità' economiche del sistema sociale. In breve: dalla "Critica dell'economia politica" alle "Prospettive economiche per i nostri nipoti".
La caratteristica di fondo del "Discorso" è l'ambiguità, tecnica di argomentazione che vale spesso a distinguere vantaggiosamente l'economia politica dall'economia matematica (che invece sembra ignorare il teorema di Gödel), ma che qui prende la forma estrema di un tentativo di recuperare Marx dopo averlo seppellito, dissotterrando per rotazione l'altra faccia della categoria negata: la produttività del capitale anziché del lavoro; l'alienazione universale anziché lo sfruttamento di classe; Heidegger anziché Marx; e l'inversione soggetto-predicato, tale che nessuno di noi è un soggetto e che tutti siamo prodotti. Il "Discorso" si articola in quattro parti: una critica della storiografia sraffiana; una critica della critica marxiana dell'economia politica, una critica della filosofia del soggetto; infine due critiche delle politiche keynesiane. Discutere in poche cartelle tutte le tesi di Claudio Napoleoni è impossibile, poiché il "Discorso" occupa poco più di cento pagine: qui darò maggior peso alla prima parte; accennando alle altre solo in quanto influenti sui presupposti e le conclusioni del "Discorso".
La prima ambiguità specifica del "Discorso" riguarda il significato dello schema di Sraffa e l'uso, storiografico e analitico, che se ne può fare. Secondo Napoleoni, la storiografia che ad esso si ispira non è attendibile; in particolare non sarebbe vero che lo schema di Sraffa consente di rilevare quelli che sono i difetti correggibili della teoria classica (e di Marx) e gli errori irrimediabili della teoria neoclassica; n‚ sarebbe vero che tale schema consente un cominciamento nuovo dell'economia politica, una volta tolto l'ostacolo che al pensiero classico impedì di proseguire e di avere ragione dei suoi avversari. Napoleoni rovescia la tesi degli sraffiani: dopo Sraffa sappiamo che la teoria del valore lavoro conduce ad una contraddizione e che la teoria neoclassica della distribuzione in termini di prezzi dei 'fattori' non regge. Tutte e due, dunque, devono essere abbandonate. Ma mentre col venir meno della teoria del valore lavoro cade la spiegazione marxiana del sovrappiù come originato da un rapporto di sfruttamento (in quanto questa si regge sulla possibilità di misurare la divisione della giornata lavorativa, e a ciò serve la teoria del valore lavoro), per Napoleoni il venir meno della teoria del valore utilità (e, suppongo, della gemella teoria della produttività marginale) non avrebbe alcuna conseguenza per la validità della spiegazione neoclassica del sovrappiù; la quale andrebbe ricercata nella categoria dell'astinenza nel senso di Senior (ma a me pare che converrebbe, semmai, riferirsi a J.S. Mill): "Con la parola astinenza intendo esprimere quell'agente, diverso dal lavoro e dall'opera della natura, il cui concorso è necessario all'esistenza del capitale e che ha, con il profitto, la stessa relazione che il lavoro ha con i salari". Il processo economico ha origine, scrive Napoleoni, da due distinte facoltà dell'uomo: il lavoro e l'astinenza, che consente la distribuzione del consumo fra presente e futuro. Il differimento del consumo, consentendo la produzione di mezzi di produzione, fa aumentare la produttività ed é quindi all'origine del sovrappiù. Nella società moderna esistono dunque due classi, presso le quali sono collocate le due facoltà che stanno alla base del processo economico: in una il lavoro, nell'altra il differimento del consumo. Questa seconda classe, essendo titolare della facoltà di differimento del consumo ed essendo perciò percipiente del sovrappiù? garantisce socialmente quella destinazione del sovrappiù che costituisce quest'ultimo in profitto e i mezzi di produzione in capitale.
Il modo in cui Claudio Napoleoni tenta di andare al di là di Marx utilizzando Marx è il seguente. Se lo sfruttamento è inteso nel modo in cui Marx esplicitamente lo intende, il ruolo della teoria del valore lavoro è cruciale: non lo è se si intende lo sfruttamento 'in altro modo' e in particolare se si riflette sui rapporti fra forme precapitalistiche dello sfruttamento e forma capitalistica dello stesso. Per Marx la differenza fra le due forme di sfruttamento consiste in questo: lo sfruttamento precapitalistico è rilevabile immediatamente, poiché il lavoro prestato dal "servo" è chiaramente divisibile in due parti, quella che sta a sostegno della vita del servo e quella che sta a sostegno della vita del "signore"; viceversa lo sfruttamento capitalistico è nascosto sotto l'eguaglianza formale dello sfruttato e dello sfruttatore, e può dunque essere disvelato soltanto mediante un'analisi, che scopra la realtà al di sotto dell'apparenza; e lo strumento di questa scopertura è la teoria del valore lavoro. Questa nozione di sfruttamento (e dunque tutta l'analisi marxiana) viene però meno, venendo meno la teoria del valore lavoro. Occorre allora pensare lo sfruttamento capitalistico in altro modo, cioè in termini di quell'inversione soggetto-predicato per la quale l'uomo, il "soggetto" non è altro che il predicato del proprio lavoro, con la conseguenza che la produzione mette capo a un prodotto, che è il valore, la ricchezza astratta, dominatrice, attraverso il meccanismo impersonale del mercato, del "produttore" stesso. In questo sfruttamento, ciò che domina è la cosa stessa, la quale è dominatrice dello stesso capitalista. Fra capitalista e lavoratore vi sono bensì delle differenze, concede Napoleoni, ma questa differenza è tutta interna a un'identità, che consiste nell'essere, l'uno e l'altro, figure o maschere di una stessa alienazione: la subordinazione alla cosa. Le due parti della società sono funzioni diverse di una realtà che le domina, le "sfrutta" entrambe. Come salvare dunque la categoria dello sfruttamento, dopo Sraffa? Secondo Napoleoni, recuperando al pensiero marxista la spiegazione neoclassica del sovrappiù: nella società capitalistica la distribuzione del consumo lungo il tempo non è il risultato di scelte effettuate da soggetti consapevoli, ma avviene all'interno e per opera di quel meccanismo oggettivo, in cui si realizza lo sfruttamento capitalistico. Siamo tutti eguali, non solo all'apparenza ma anche nella sostanza.
Lo snodo propriamente filosofico di questa argomentazione si trova nella terza parte del "Discorso", che contiene una ripresa della polemica fra Claudio Napoleoni e il secondo Colletti circa il metodo dialettico e il principio di non contraddizione (e a me pare curiosa una difesa della scientificità del metodo marxiano, in un contesto in cui le categorie e i risultati fondamentali dell'analisi marxiana vengono demoliti); nonché una rilettura di Marx mediante Heidegger, intesa a decretare, sia pure con qualche riserva, la fine del soggetto (qui devo dichiarare la mia incompetenza, non disinteresse, per queste questioni; e confessare il peccato di trovare ancora convincente il "indizio di Lukàcs: Heidegger risolve la decisiva questione della 'terza via filosofica' - la pretesa d'innalzarsi al di sopra del contrasto fra idealismo e materialismo - sulla base dell'affermazione apodittica e dell'intuizione delle essenze).
Sebbene si trovino proprio qui almeno altre due ambiguità del "Discorso", non voglio attentarmi a discutere l'antropologia che fonda i presupposti della conclusione di Claudio Napoleoni; vorrei invece fare due osservazioni circa la chiave di volta della ricostruzione teorica. La prima osservazione, di ordine analitico, è che se la teoria dell'astinenza è pensata come una teoria dell'offerta di risparmio e dell'interesse, è impresa temeraria il riproporla dopo Keynes (e dopo la stessa critica sraffiana della teoria neoclassica); mentre se è pensata come un'implicazione della dottrina classica del fondo salari, essa riconduce alla nozione di capitale come "anticipazioni", e per questa via ad una nozione di capitale come rapporto di classe e non come stato delle cose. La seconda osservazione di ordine epistemologico, è la seguente. Lo schema di Sraffa, osserva Claudio Napoleoni (e qui io concordo con lui), è logicamente ineccepibile ma socialmente muto. Dopo Sraffa, dunque, teoria marxiana e teoria neoclassica rimarrebbero entrambe - per quanto riguarda la questione dell'origine del sovrappiù - come opzioni possibili: "la neutralità dello schema sraffiano non consente di assumere tale schema come criterio di scelta fra queste diverse risposte". Eppure questo è precisamente quello che fa Claudio Napoleoni, quando dalla lezione sraffiana circa il modo di fare teoria (secondo Sraffa, "Le misurazioni teoriche richiedono una precisione assoluta. Ogni imperfezione in queste misurazioni teoriche non solo sconvolgeva, ma distruggeva l'intera base teorica".) si sente costretto ad abbandonare la spiegazione marxiana del sovrappiù e ad accogliere quella neoclassica. E allora è lecito chiedere: lo statuto metodologico della teoria neoclassica del sovrappiù nella versione accettata da Claudio Napoleoni, è tanto più robusto, rispetto a quello della critica marxiana, da imporre di scegliere la categoria dell'astinenza (e quanto ne segue) al posto di quella dello sfruttamento (e quanto ne segue)? In altre parole: perché mai il criterio del rigore, ripetuto dal canone sraffiano, a Marx deve essere applicato impietosamente mentre Senior può esserne esentato? E perché non portare fino in fondo la riflessione circa l'incommensurabilità e quindi l'indecidibilità di teorie rivali (nell'ambito almeno di quella "disciplina singolare" che Napoleoni ammette essere l'economia politica), e concludere che fra teorie rivali (non fra teoremi) si decide principalmente per simpatia? Così è ed è giusto che sia come mostra Claudio Napoleoni; la cui scelta mi pare dettata non dagli esiti di un controllo logico-formale delle proposizioni disponibili ma da una antropologia, da un'etica e da una prospettiva politica.
Ancora. Nella sintesi che Napoleoni tenta fra lo stesso Marx, Sraffa e la teoria neoclassica dell'astinenza, di residui marxiani ce ne sono ben pochi: che cosa costituisce una classe? che ne è del conflitto di classe e dell'esercito industriale di riserva (e dei rentiers)? perché il saggio generale del profitto è del 10 o del 20 o del 100%? perché il modo capitalistico di produzione è dominato dalla crisi anziché dall'equilibrio? domande tutte che non è "rétro" porsi anche oggi. La sintesi di Claudio Napoleoni é infatti una autorappresentazione dello stato delle cose, che può anche esultare seducente sul piano etico e filosofico, ma che certamente non fornisce un apparato categoriale utile a intendere le leggi di movimento del sistema, presupposto come strutturalmente stabile, e a fondare una strategia politica e una politica economica intese al cambiamento (se non nel senso che vedremo). Infatti essa non riesce a spiegare, n‚ in verità tenta di farlo, nessuno dei fenomeni che massimamente caratterizzano l'economia capitalistica, in particolare le crisi e la disoccupazione: fenomeni che dipendono da un rapporto di asimmetria radicale (se proprio non si vuole parlare di sfruttamento) fra capitalisti e lavoratori che la riduzione dello sfruttamento all'alienazione semplicemente cancella, e rapporto di asimmetria che si manifesta nell'esclusivo potere dei capitalisti di comandare il denaro (e le macchine) nell'ambito di un processo di produzione di denaro a mezzo di denaro, finalizzato al profitto (e alla rendita) di pochi, anziché all'uso dei più.
Lo stesso Claudio Napoleoni, nella parte seconda del "Discorso", sostiene che la macchina non è neutra, che l'esistenza della macchina si identifica con il suo esistere come capitale, che queste macchine hanno senso solo se il lavoro è lavoro salariato, che esse sono quei valori d'uso che portano massima l'impronta del valore di scambio, in breve che queste macchine sono legate in modo indissolubile allo sfruttamento capitalistico. Io condivido pienamente questo punto, ma non vedo come possa sostenerlo Claudio Napoleoni nell'ambito della sua visione fondamentalmente armonicistica del processo economico come combinazione di lavoro e astinenza. Il monopolio capitalistico, esercitato dalla classe degli astinenti, della scienza, dell'uso delle macchine, delle macchine stesse, è la dimostrazione più evidente della radicale differenza che esiste fra le due classi postulate da Claudio Napoleoni.
La quarta e definitiva ambiguità del "Discorso" si trova nella sua conclusione, apparentemente eterogenea rispetto alle prime tre parti, e che invece ne è perfettamente conseguente. Qui Claudio Napoleoni sostiene che: 1| una crisi del keynesismo esiste, ma è una crisi della politica e non della teoria keynesiana; 2| la 'sintesi neoclassica' non è un travisamento della teoria keynesiana; 3| tale modello è proprio ciò che meglio serve a mettere in evidenza le ragioni della crisi della politica keynesiana. Da tale modello Claudio Napoleoni (Sraffa nonostante) ricava la seguente proposizione: dal fatto che una diminuzione del salario monetario non serve ad aumentare l'occupazione non si può derivare che la piena occupazione sia compatibile con qualsiasi livello del salario reale. In altre parole: la situazione di piena occupazione comporta una certa distribuzione del reddito e quindi la politica dell'aumento della domanda può avere successo solo se rispetta questa condizione. L'argomentazione si regge tutta sul modello di Hicks, che a mio modesto parere non consente una buona rappresentazione della "Teoria generale": lo stesso Napoleoni indica il contenuto proprio della teoria keynesiana nel fatto che ciò che principalmente determina gli investimenti è altro dal saggio dell'interesse, e che la moneta può essere richiesta come tale; e ammette che l'"altro" da cui dipendono gli investimenti é un complesso di circostanze che riguardano il mediolungo periodo e perciò non se ne può tenere conto in un modello di breve periodo. Ma se il punto sta proprio qui, nell'autonomia dei capitalisti circa le decisioni di investimento e di tesaurizzazione, non vedo come si possa fondare un giudizio e una proposta politica epocale su di un modello che il punto bellamente rimuove. Il giudizio di Claudio Napoleoni è questo: sul terreno strettamente economico il fallimento delle politiche keynesiane si deve principalmente al fatto che la condizione distributiva di cui si è detto non è stata rispettata, e di ciò è responsabile il movimento dei lavoratori; e più in generale al fatto che nemmeno un "Welfare State" pienamente realizzato basterebbe mai a compensare e indennizzare i soggetti (lavoratori e capitalisti) dell'universale alienazione. In breve: richieste salariali che urtano contro le inviolabili compatibilità del sistema, e consumismo alienante.
Come si può uscire da questa condizione infelice? Secondo Claudio Napoleoni, con una riforma mentale e con una politica dei redditi. Per questa ricetta, a me pare appropriata un'altra osservazione di Lukàcs circa la filosofia della vita di Heidegger: qui l'ontologia si converte, magari senza rendersene conto, in una morale, anzi quasi in una predica religiosa, il cui contenuto è l'invito a far sì che l'uomo diventi 'essenziale', si prepari ad ascoltare e ad intendere il 'richiamo della coscienze' per acquistare in tal modo la 'risolutezza'. Claudio Napoleoni chiude infatti il suo "Discorso" con una domanda imperativa: bisogna guardare in modo diverso al rapporto tra l'uomo e il mondo, diverso da quello stabilito dalla prospettiva della produzione-appropriazione-dominazione. La domanda di qualche cosa d'altro oltre all'economico è commovente, e sono disposto a pensare che al fondo sia quasi universale (anch'io ho un'antropologia, e per di più ottimistica), ma credo anche che sia una sorta di lusso che possono permettersi di esprimere quanti non soffrono gravemente il problema economico o le sue conseguenze esistenziali immediate. Claudio Napoleoni ragiona come se le prospettive keynesiane per i nostri nipoti si fossero già realizzate, mentre mi pare che ne siamo molto lontani; e che se mai ha un senso parlare di compatibilità anche fondando il discorso sull'etica anziché sull'analisi, ben altri dovrebbero sentirsi in colpa; e che questi tali, per primi, si guarderanno bene dal voler riformare le proprie produttive menti, e contribuire al rispetto delle compatibilità rinunciando al piacere e ai vantaggi che a loro dà l'autonomia delle decisioni di investimento e di tesaurizzazione, di cui sono così gelosi, ragionevolmente, da non rinunciarci alla sola vista di esercizi di penitenza come quelli predicati da Claudio Napoleoni ai "movimenti dei lavoratori" e alle "sinistre". Quando mai i padroni delle macchine e del denaro concederanno ai lavoratori di partecipare al controllo del processo di produzione-riproduzione? Se le cose stanno come le accetta Claudio Napoleoni, la risposta è: mai, se ne asterranno.


recensione di Vaccarino, G.L., L'Indice 1985, n.10

Le tesi contenute in questo nuovo libro, assai stimolante, di Claudio Napoleoni non si comprendono, a mio avviso, se non si ha ben chiaro qual è il loro punto di partenza, che viene sviluppato nella prima parte, e che ruota - ancora una volta! - intorno al significato teorico di "Produzione di merci a mezzo di merci" di Piero Sraffa. Com'è noto, due sono le acquisizioni fondamentali che la scienza economica ha tratto da quest'opera, e che oggi sono fuori discussione: che la teoria marxiana del valore lavoro è insostenibile sul piano logico-formale, per cui viene a cadere l'idea che il plusvalore sia prodotto da pluslavoro; e che in analogo difetto incorre la teoria ortodossa (la teoria neoclassica) al mercato dei rispettivi fattori produttivi (il capitale, inteso come un aggregato in valore di merci, e il lavoro). È noto inoltre che la critica di Sraffa alle due teorie tradizionali si svolge a partire da una formulazione rigorosa del sovrappiù (che è la differenza tra quantità di beni prodotti e quantità di beni impiegati come mezzi di produzione) definito in termini fisici. Tuttavia la ragione per cui un sovrappiù c'è, ed è presente in un certo ammontare, non viene spiegata da Sraffa, che si limita a mostrare come si formano i prezzi e il saggio del profitto per una data ripartizione del dato sovrappiù tra salari e profitti. Ciò significa - ed è qui che inizia il "Discorso" di Napoleoni - che l'origine del sovrappiù non viene spiegata, diversamente da ciò che avveniva sia nella teoria marxiana che in quella neoclassica. Si pone dunque il problema se rinunciare sia alla teoria del valore-lavoro di Marx sia alla teoria neoclassica della remunerazione dei fattori produttivi e impostare l'analisi nei termini rigorosi del sovrappiù di Sraffa, comporti o meno rinunciare anche a spiegare l'origine del sovrappiù. Ora, secondo Napoleoni, così non è: entrambe le teorie tradizionali possono essere riformulate a partire dagli schemi di Sraffa in modo da dar conto del perché il mercato capitalistico origina un sovrappiù. Il fatto di partire dagli schemi di Sraffa assicura, naturalmente, la coerenza logico-formale della spiegazione dei prezzi e del saggio del profitto. Ma, d'altra parte, gli elementi caratteristici che stavano a fondamento delle due teorie tradizionali possono essere innestati con successo sugli schemi di Sraffa per mostrare come si formi la configurazione produttiva di sovrappiù e quale sia la sua natura più profonda. Per quanto riguarda la teoria neoclassica, si tratta della rappresentazione del processo economico produttivo come processo indiretto, mediato cioè dalla produzione dei beni capitali, retto da due distinte facoltà dell'uomo: il lavoro e la distribuzione del consumo tra presente e futuro. Anche se ora esse non sono più principio di determinazione del livello del salario e del saggio del profitto, possono però giustificare sia l'esistenza della configurazione con sovrappiù, sia il fatto che la sua ripartizione tra lavoratori e capitalisti si determini secondo una legge di mercato, invece di esser data al di fuori dell'economia come in Sraffa. Per quanto riguarda la teoria di Marx, il suo principio di spiegazione del sovrappiù come alienazione del lavoro si inserisce a questo punto del discorso, senza più alcun bisogno di far riferimento alle quantità di lavoro. In questo modo la tesi marxiana dello sfruttamento viene riconfermata al di fuori della teoria del valore-lavoro, e si presenta come forma storicamente determinata, come forma capitalistica che assume il generico e astorico differimento del consumo dei neoclassici.
Da questa ricostruzione "forzatamente sommaria" della prima parte del "Discorso" dovrebbe risultare sufficientemente chiaro che i suoi due passaggi teorici cruciali sono la riconciliazione tra Sraffa e i neoclassici e la sussunzione nell'ambito del marxismo della rappresentazione neoclassica del processo di produzione dei beni capitali. Due passaggi senza dubbio destinati a sollevare le ire delle ortodossie minori (quella sraffiana e quella marxista) o di ciò che resta di loro. È facile profezia prevedere che argomenti leciti verranno mescolati ad argomenti illeciti per mostrarne l'illegittimità sul piano della teoria economica. E tuttavia, a difesa dell'idea che gli schemi di Sraffa siano compatibili con qualunque teoria economica, e in particolare con una teoria neoclassica, rigorosamente formulata, va detto ch'essa si regge su basi analitiche piuttosto solide: basti ricordare a questo proposito le polemiche del neoclassico Hahn con gli allievi di Sraffa. (La tesi che vuole dimostrare Hahn - che gli schemi sraffani sono un caso particolare della teoria neoclassica rettamente formulata - è molto più forte di quella di Napoleoni, che innesta semplicemente sugli schemi di Sraffa la rappresentazione neoclassica dell'origine del sovrappiù).
Le vere insidie al discorso di Napoleoni non provengono, a mio avviso, dal lato dell'analisi economica. Provengono invece dalla parte terza del libro, quella filosofica. Si tratta di ciò: come abbiamo visto, per Napoleoni la forma capitalistica del sovrappiù (di contro al generico e astorico differimento del consumo dei neoclassici) si configura come effetto dell'alienazione marxiana del lavoro. Ora, poiché l'alienazione - in Marx è un concetto dialettico, mentre la spiegazione economica del sovrappiù si basa sul principio scientifico di non contraddizione, Napoleoni - memore della lezione di Colletti - si trova o a dover abbandonare la dialettica conservando il concetto di sfruttamento, o a dover mantenere l'alienazione dialettica riconciliandola però col principio di non contraddizione. Si tratta, com'è ovvio, di due prospettive filosofiche d cui è difficile dire a priori quale sia la più difficile. Comunque, Napoleoni sceglie decisamente la seconda, con la conseguenza - non saprei dire quanto necessaria - che le chiavi dello sfruttamento marxiano, dopo esser passate per le mani di Severino, si trovano rapidamente ad esser depositate in quelle di Heidegger. Non so se il marxismo sia disponibile a tanto. E, almeno in linea di principio, resta comunque aperta la prima prospettiva scartata da Napoleoni. Ma, a parte quest'esito, non si può negare il rigore e l'importanza eccezionale di questo libro, che è quella di aver richiamato al centro dell'attenzione il problema dell'origine del sovrappiù.

Leggi di più Leggi di meno

Conosci l'autore

Claudio Napoleoni

Claudio Napoleoni (L’Aquila, 5 marzo 1924, Andorno Micca, 31 luglio 1988) è stato uno dei grandi protagonisti del dibattito politico ed economico italiano a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Curatore nel 1956 del Dizionario di Economia Politica, e fondatore nel 1962 insieme a Franco Rodano della Rivista Trimestrale, è autore di fondamentali saggi di interpretazione dell’intero corso del pensiero economico, fra cui Smith Ricardo Marx e Valore.  Partecipa alla politica attiva come deputato (1976) e poi senatore (1983). Il Discorso sull’economia politica e gli scritti raccolti postumi in Dalla scienza all’utopia e in Cercate ancora costituiscono il suo testamento teorico e politico.

Chiudi
Aggiunto

L'articolo è stato aggiunto al carrello

Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Chiudi

Chiudi

Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.

Chiudi

Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore