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Cosa debba accadere perché due destini, e che destini, possano avvicinarsi e accostare febbri e inquietudini reciproche ai tizzoni caldi di un degno fuoco scambievole, a una parola che nasce ed è già abbraccio immediato, sguardo di profonda umiltà e comprensione, senso e apertura umana rarissimi nel darsi in un certo modo, cosa debba accadere perché ciò accada è un mistero noto soltanto a qualche dio saccente o a qualche sconclusa coincidenza che infine, come un prodigio impossibile a spiegare, si avvera. In questo libro tutto ciò è successo, e in una tale vastità d'animo, una tale coscienza personale liberata nei suoi sfregi più laceri, da lasciare a chi commenta appena lo spazio di una lacrima sospesa sulle ciglia, nel silenzio che rilega il leggere e si dispone all'ascolto di queste corde magnifiche. Un Cocteau che si consegna come un adolescente smarrito nelle mani di un Maritain per nulla accademico, ma poeta e amico non meno di chi lo cerca, in una scrittura che è infine carne di bellissima fratellanza interiore.
Recensioni
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Dopo la morte di Raymond Radiguet, nel 1923, Jean Cocteau è alla ricerca di qualcosa che possa placare la sua profonda angoscia: questa Lettera a Jacques Maritain, intrisa di intelligenza e pudore, costituisce la traccia di tale ricerca. Non vale l'ingannevole consolazione dell'oppio: Cocteau sa bene che il suo male è più profondo, e che la sua radicata ossessione è la morte. Un giorno, l'incontro con un missionario a casa di Maritain gli apre dinnanzi una nuova prospettiva: «Un prete mi ha dato lo stesso choc di Stravinskij e Picasso».Jacques Maritain gli risponde in un linguaggio piano, tessuto di umiltà e di umanità, parlandogli in termini quotidiani e personali della propria esperienza mistica. Il filosofo parla del poeta, dell'artista, di colui che apparentemente vive in un altro universo: «L'errore omicida per eccellenza è pensare di guarirsi dell'umano per mezzo dell'uomo».
Singolare documento dell'incontro di due culture apparentemente destinate a non incontrarsi, queste lettere conservano inalterato il loro valore umano, morale e culturale.
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