Il dialogo. Dal testo scritto alla voce messa in scena

Una celebre battuta di Cantando sotto la pioggia (Stanley Donen, 1952) sanciva che l'avvento del cinema sonoro non era poi un gran cambiamento, poiché si trattava semplicemente "del muto più la parola". Eppure il dialogo al cinema non si può ridurre solo al contenuto delle parole, ma implica una complessità di riferimenti che spesso non si colgono.
Il libro di Claire Vassé è un'ottima occasione per approfondire le molteplici funzioni del dialogo cinematografico e le sue specificità, che lo differenziano sia dal testo letterario che dalla battuta teatrale. Edito nella collana "Strumenti", ideata in Francia dai "Cahiers du cinéma" a fini pedagogici e didattici, il testo riesce meglio di altri volumi pubblicati nella stessa serie a mediare il rigore analitico con la sintesi espositiva. Vassé coglie infatti i principali nodi teorici e storici sul tema e offre contributi stimolanti nell'analisi di sequenze emblematiche o nella citazione di prese di posizione sul ruolo del dialogo nel corso del tempo, anche se la molteplicità di esempi tratti dal cinema francese non sempre aiuta il lettore italiano.
Il libro riflette sulla presenza della parola nel cinema muto, attraverso le didascalie, e viceversa sull'antinaturalismo che spesso il verbale assume nel sonoro: quando si parla di dialogo spesso ci si riferisce piuttosto a monologhi, voci narranti o a battute che nessuno penserebbe mai di utilizzare nella vita reale, sia per la ricercatezza dell'eloquio che per le modalità in cui si pronunciano le parole. In questo senso, appare evidente che il testo scritto della sceneggiatura è ben differente da quello "messo in scena" nel film, operando il passaggio da uno stadio più letterario o teatrale – anche se già finalizzato a una resa narrativa tipicamente audiovisiva – verso una dimensione propriamente cinematografica.
La parte più ricca di stimoli appare l'analisi delle differenti modalità di utilizzo delle parole da parte di registi molto eterogenei tra loro – da Lubitsch a Godard, da Welles a Hitchcock, da Moretti a Wong Kar-Wai – cui è complementare la ricostruzione delle molteplici finalità narrative che il dialogo assume nel sistema dei generi o in varie epoche storiche. Vassé riesce a non cadere in facili schematismi, integrando bene i documenti e l'analisi di brevi frammenti con la dimensione più esplicativa che si riferisce alle varie funzioni del dialogo, permettendo di conoscerne i principali codici di riferimento e le più ricorrenti modalità di utilizzo. Al contrario, stimola una dimensione di scoperta, in cui i casi particolari diventano non semplici eccezioni, ma riferimenti emblematici che appaiono perfettamente coerenti con le più recenti teorie dell'analisi filmica e con la complessità del racconto audiovisivo contemporaneo.
  Michele Marangi