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Recensioni Des mois

Des mois di Tommaso Landolfi
Recensioni: 4/5

«A quel tempo vivevo solo, per mia beatitudine e tormento. Insoddisfatto di me e d'ogni mia intrapresa, a una cert'ora scendevo in cortile; lei era lì sempre, e i nostri occhi s'incontravano. Io la guardavo un poco ontoso, e lei mi rendeva uno sguardo grave, cupo a dispetto dell'attonimento che sembra connaturale ai loro occhi chiari e sgranati, leggermente interrogativo, anche avido; e tutto era detto tra noi. In verità il gatto è forse il solo animale che conosca la noia umana, ossia di tipo umano; noia vera e non pretesa, da votezza e non da esuberanza o almanaccamento, noia sconsolata, nell'esercizio e nella pena del quale sentimento esso può dar dei punti perfino all'uomo.»

Luogo deputato a radunare "le deiezioni dell'anima", il diario è il più degradato, il più "gloriosamente abietto" dei generi: ma in Landolfi, ha scritto Manganelli, subisce una radicale metamorfosi. Anziché catalogo di eventi ed emozioni quotidiane, diventa un'invenzione retorica dove passato e futuro si fondono in un "perituro istante" e il tempo risulta annullato; anziché documento privato, diventa, nella sua instabile tessitura di temi, rifiuto di sé. Mutevolmente, in "Des mois"- terzo pannello dopo "La bière du pécheur" e "Rien va" - Landolfi trascorre infatti dalla particolare coloritura delle immagini di sogno, irriproducibili dalla parola, alla segreta fraternità con una gatta (i gatti sono per lui i soli animali che conoscano la noia umana, quella legata al vuoto, al "tempo senza fondo"); dal conflitto tra la "lusinga dei miei vizi" (cioè il richiamo della vita) e la mediocrità borghese (cioè l'abiezione) allo stile, che nei grandi scrittori è distanza, capacità di considerare frasi e parole meri strumenti e non già "sacri arredi"; dal naturale stato di sottomissione agli eventi che ci impedisce di adattarci alla desiderata e aborrita libertà al rapporto con i figli, che, usciti dal "malevolo nulla", lo sfidano con la loro presenza miracolosa e accusatrice, lasciandolo lacerato tra "una tragica sollecitudine e la coscienza della metafisica inanità di qualsiasi affettuoso intervento". Centro di questo simulato e veritiero diario è del resto - sono ancora parole di Manganelli - "il sacrilegio, la violazione, la violenza per diniego, la clandestina e blasfema celebrazione di una irreparabile impurità, una fessura che ferisce il mondo da parte a parte, e ne annuncia la vocazione catastrofica".)
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