Dell'amore

Stima, simpatia, pudore, ammirazione, pensiero, novità, capriccio, speranza, vanità, sospiro, gelosia, possesso, una pioggia nuova a infondere col suo scroscio rivelazioni prima assenti, palpiti e sussulti sortiti da una carenza, da un vuoto forse di solitudine, o dal genio che dona i suoi inviti come a rifare il romanzo di un mistero. Fragranza ed incanto, differenza e promessa, mentre il libro si apre sotto uno stemma chiaro, irrespingibile, quando ci dice che "in tutte le sue attuazioni più sincere, questa passione prende un carattere di bellezza". Ricco caleidoscopio di sensazioni, perchè " a lasciar lavorare per ventiquattr'ore la testa di un innamorato", come scrive l'autore, ne esce fuori un trattato di sovrumana grandezza. Lavoro stupendo, impressionante cesello sulla natura umana in quello che è il masso più oscuro e è più invitante, necessario e violento insieme, benigno e maledetto, un demone che chiama e che scopre, che esaspera e incoraggia, e che sotto le ali del vivere, del conflitto, della vita, è il romanzo del sentimento più vivo sotto le coltri di bisogni antichi. Gli episodi a conforto del racconto si perdono e si dividono bene nella diversità fra il maschile e il femminile come fra Stati e Stati (dalla Spagna all'Arabia, dall'Italia all'Inghilterra, dalla Germania agli Stati Uniti) fra sottigliezze e caratterizzazioni legate ad esempio al gusto personale, a stupori o malinconie, fra abitudini e costumi, ma anche e soprattutto, individualmente, fra i profondi significati dell'attesa, del silenzio, un flusso di lente costruzioni interiori il cui scalo alla fine Stendhal definisce "cristallizzazione". Se poi tutto questo rappresenti un arrivo o la variabile di una nuova partenza ogni esperienza lo comprende singolarmente. Ma in punta di pura costruzione, siamo ai vertici di una prosa possente; meditata e passionale al tempo, fusa in materia di buonsenso ma lambita spesso dal graffio dell'errore, della caduta, del rimpianto. Libro indimenticabile.