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Dalla poesia d'amore alla poesia dell'esilio. Testo latino a fronte. Vol. 1 - P. Nasone Ovidio - copertina
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Dalla poesia d'amore alla poesia dell'esilio. Testo latino a fronte. Vol. 1
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Descrizione


Le prime opere di Ovidio nascono in un contesto di cui non va sottovalutata l'importanza. Finite le guerre, Augusto cerca di rafforzare la pax romana attraverso la restaurazione dei valori severi dell'età repubblicana, propagando fra l'altro un ritorno all'austerità dei costumi. In questo clima, Ovidio esordisce con opere che, se non sono apertamente contrarie al programma augusteo, certo non vi aderiscono né esprimono intenti celebrativi: tra le altre gli "Amores", raffinato e ironico gioco intellettuale che si diverte a destrutturare lo stesso genere in cui si inscrive, la poesia elegiaca; le "Heroides", lettere che si immaginano scritte da eroine mitiche ai loro uomini in guerra e che compiono un'umanizzazione dei personaggi mitologici; e l'"Ars amatoria", il celeberrimo trattato sulle tecniche seduttive, in realtà un affresco della vita galante dell'epoca nonché una difesa dell'amore libero e del piacere. Ed è forse l'estraneità sostanziale della sua poesia alla politica culturale di Augusto a condannare Ovidio all'esilio a Tomi, località dell'odierna Romania. Lontano dalla vitalità di Roma, il poeta si dedica a opere in cui vibrano le nuove note della tristezza, del rimpianto, a volte dell'ira: i libri di "Tristia" che sono anche una riflessione sulla letteratura, il poemetto "Ibis" che si scaglia contro un detrattore, le "Epistulae ex Ponto" che recuperano il tema celebrativo.
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Dettagli

2007
CXXVIII-775 p., Rilegato
9788804569985

Voce della critica

Non si può mai tornare a casa, ha scritto il romanziere Thomas Wolfe nel suo libro del 1940 intitolato per l'appunto You can't go home again, intendendo con tali parole che tutto cambia: compresi il passato e i ricordi che di esso conserviamo. È un assunto, questo, più che mai attendibile nel caso di Bahaa Taher, se è vero che in una recente intervista a proposito del suo ritorno in Egitto nel 1995, dopo un lungo esilio autoimposto trascorso per gran parte in Svizzera, dichiarava: "Fu il ritorno a una realtà che io non conoscevo più. Che stentavo a riconoscere. Mi ci volle molto tempo per abituarmi". Amore in esilio è l'ultimo romanzo che l'autore egiziano (insignito recentemente del primo Arabic Booker Prize) scrisse durante l'esilio, e non sarebbe azzardato affermare che di quell'esperienza sia il testamento, un testamento che attesta una distanza incolmabile degli intellettuali egiziani – e arabi – dalla storia.
Protagonista del libro è un giornalista egiziano che ha vissuto con entusiasmo, seppur criticamente, la stagione nasseriana e che, a causa delle sue posizioni ideologiche, si è visto isolato durante il governo di Sadat, e dunque costretto a emigrare in un paese europeo, incoraggiato dalla disponibilità di un posto come corrispondente per il suo giornale.Ma sarà un lavoro che si dimostrerà né più né meno che un tentativo di mettere a tacere il giornalista, cui verrà affidata una rubrica nella quale si occuperà di costume più che di cronaca o politica. Sarà l'occasione di una conferenza sui diritti dei cileni e sulla tortura a riportare il protagonista alla storia, nonché a una coscienza di un passato pesante sul quale non potrà fare a meno di maturare una drastica autocritica.
Siamo nel 1982: il Medio Oriente è scosso da eventi nefasti, di cui l'occupazione israeliana del Libano insieme con il massacro nel campo profughi di Sabra e Shatila costituiscono un trauma tra i più difficili da metabolizzare. È davanti a questi fatti che il protagonista elabora la sua riflessione sulla condizione generale dell'intellettuale egiziano: se in esilio, impossibilitato all'azione e impotente; se in patria, isolato o costretto a collaborare, direttamente o meno, con il governo. Per dirla con le parole del protagonista: "In passato avevamo preso dimestichezza con le figure di uomini politici attraverso la mediazione dei poeti: ad esempio, grazie al poeta classico del X secolo al-Mutanabbi ci eravamo avvicinati all'emiro di Aleppo (…). Invece, al giorno d'oggi, nostra velleità è quella di conoscere il poeta tramite il politico. I cantori, noi li uccidiamo col silenzio e con l'oblio".
Occorre aggiungere che il protagonista vive la sua condizione di estraneità non soltanto rispetto alla storia: c'è un ulteriore motivo e sta nella sua difficile vicenda privata di divorziato, con una ex moglie – che sembrerebbe aver abbandonato per sempre le battaglie comuni: quelle per i diritti degli egiziani – e due figli, uno dei quali comincia a simpatizzare con i fondamentalisti islamici. Ma questo denso romanzo racconta anche una storia d'amore, quella del protagonista con una giovane donna austriaca, per un comune destino di lontananza e di estraneità, ma, per certi aspetti, anche di felicità. Non è un caso se abbiamo lasciato per ultimo questo tema, che, come invece suggerisce il titolo del libro, Amore in esilio, dovrebbe costituirne l'ossatura: a libro chiuso, infatti, ciò che resta al lettore è soltanto il disperato e costante tentativo del protagonista di misurare l'entità di quella distanza che lo separa dalle cose del mondo.   Silvia Lutzoni  

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Conosci l'autore

P. Nasone Ovidio

Ovidio fu un poeta romano tra i maggiori elegiaci. Tutto quello che sappiamo sulla sua biografia sono testimonianze lasciate dal poeta stesso.Nacque da una famiglia di rango equestre. A dodici anni si recò a Roma con il fratello per completare gli studi di grammatica e retorica dei più insigni maestri della capitale, in particolare Marco Aurelio Fusco e Marco Porcio Latrone.In questi anni compì molti viaggi: ad Atene, com’era costume, in Asia Minore, Egitto e Sicilia.Tornò a Roma dove intraprese la carriera pubblica come un funzionario, forse, di polizia giudiziaria. Contro la volontà di suo padre (che lo vorrebbe oratore) continuò a dedicarsi agli studi letterari frequentando il circolo di Messalla Corvino prima, e quello di Mecenate dopo. Qua...

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