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la qualità di questo libro è tutta in quella "curva", che è la traiettoria di un destino. in realtà non c'è un doppio piano narrativo, quello del racconto della morte di Teseo (per infarto, mentre guida), e della sua vita in cerca di redenzione. I due piani viaggiano sullo stesso binario che è appunto rincorsa, slancio verso quella curva che non verrà mai presa nel verso giusto, ma tagliata trasversalmente, inghiottita in uno sguardo di sguincio: uno sguardo residuo. E' appunto il racconto di un residuo quello di Di Consoli. Il racconto di quanto odio, rabbia, rancore e persino amore resta in noi come riserva di ciò che abbiamo taciuto. Ecco, è proprio quella riserva di noi che va esplorando l'autore e che racconta ciò che siamo stati e ciò che saremmo potuti essere... che indica insomma la visione lucida di un destino. Dico: siamo davvero liberi di fronte all'immagine terribile di quel che siamo davvero? O iniziare a vedere è pure iniziare a percorrere quella frattura che anziché disunire fa coincidere vita e morte nell'unicità di un uomo solo - di un corpo svuotato e visto ormai in trasparenza?
Una storia inutile, che non mi ha trasmesso davvero nulla; la maggior parte dei rapporti descritti nel libro non vengono approfonditi, l'unica cosa su cui si sofferma in particolare sono le varie scene di sesso..non lo consiglio ,ma se proprio vi incuriosisce, almeno prendetelo in biblioteca..
Il libro è ben scritto, le frasi sono molto eleganti e tutta la narrazione si sviluppa inesorabilmente verso la morte di Teseo, vissuta quasi al rallentatore in un susseguirsi di capitoli che ci mostrano il protagonista alla guida della sua auto colpito da infarto; vive la sua morte con la stessa lucidità, un po’ allucinata, che ha dimostrato nel dipanarsi della vicenda, quasi come non lo interessasse, così come aveva perso interesse in gran parte delle cose che lo circondavano.
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