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La Crusca nei margini delle postille al «Dittamondo» di Giulio Perticari e Vincenzo Monti. Ediz. critica - Giulio Perticari,Vincenzo Monti - copertina
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La Crusca nei margini delle postille al «Dittamondo» di Giulio Perticari e Vincenzo Monti. Ediz. critica
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La Crusca nei margini delle postille al «Dittamondo» di Giulio Perticari e Vincenzo Monti. Ediz. critica - Giulio Perticari,Vincenzo Monti - copertina

Descrizione


Dopo due isolate edizioni tra Quattro e Cinquecento, il Dittamondo di Fazio degli Uberti conosce una certa fortuna agli inizi del XIX secolo, con tre stampe nell'arco ridotto di una quindicina d'anni, dal 1820 al 1835. Resta invece inedito, affidato a sei voluminosi manoscritti autografi conservati presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro, il tentativo di edizione procurato da Giulio Perticari, prematuramente scomparso nell'estate del 1822. Tali materiali costituiscono un caso editoriale meritevole di indagine non solo perché documentano la stretta collaborazione tra il Perticari e suo suocero, Vincenzo Monti, ma soprattutto perché sono corredati di un cospicuo apparato di postille, tra le quali spiccano oltre settecento note relative al Vocabolario della Crusca. Di queste il volume fornisce l'edizione critica, accompagnata da un'introduzione volta a illustrare le vicende editoriali del poema e da un'appendice che mostra la relazione tra gli inediti del Perticari e la successiva stampa del Dittamondo uscita a Milano nel 1826, sotto l'egida del Monti. Oltre a mettere in luce il modo di procedere dei due letterati nella ricostruzione del testo, le postille, poi parzialmente confluite nella Proposta montiana, dimostrano che, negli intenti di Perticari e Monti, l'edizione del poema avrebbe dovuto presentarsi come un momento di forte polemica nei confronti dell'Accademia della Crusca.
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Dettagli

2011
1 novembre 2011
192 p., Brossura
9788846731340

Conosci l'autore

Giulio Perticari

(Savignano sul Rubicone, Forlì, 1779 - San Costanzo, Pesaro, 1822) letterato italiano. Genero di V. Monti, si schierò al suo fianco nelle polemiche linguistiche contro A. Cesari: nei suoi due saggi Degli scrittori del Trecento e de’ loro imitatori (1818) e Dell’amor patrio di Dante e del suo libro intorno al volgare eloquio (1820) sostenne che anche gli scrittori del Trecento avevano usato una lingua contaminata da diversi volgari, cercando conferma alle sue asserzioni in una arbitraria interpretazione delle teorie dantesche. Autore di mediocri versi e fondatore, assieme ad altri, dell’antiromantico «Giornale arcadico» (1818), tentò di impostare un classicismo moderno, affine a quello di P. Giordani, con cui aveva in comune le idee progressiste e l’amor di patria.

Vincenzo Monti

(Alfonsine, Ravenna, 1754 - Milano 1828) poeta italiano.Il periodo romano Studiò dapprima nel seminario di Faenza, poi frequentò i corsi di medicina all’università di Ferrara; ma i suoi interessi andavano alla letteratura. Nel 1775 fu ammesso all’accademia d’Arcadia e l’anno dopo, con la pubblicazione del poemetto La visione di Ezechiello, si guadagnò la protezione del cardinale Scipione Borghese. Nel 1778 si stabilì a Roma, divenendo presto famoso, specie dopo il successo del poemetto La bellezza dell’universo (1781), scritto in occasione delle nozze del nipote di papa Pio VI, il duca Luigi Braschi (M. ne divenne segretario), e celebrante la forza creatrice della natura. Seguirono i Pensieri d’amore (1782) e gli Sciolti al principe Don Sigismondo Chigi (1783), che risentono della suggestione...

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