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Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno - Maurizio Fioravanti - copertina
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Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno
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Costituzione e popolo sovrano. La Costituzione italiana nella storia del costituzionalismo moderno - Maurizio Fioravanti - copertina

Descrizione


Entro il quadro storico dello sviluppo del costituzionalismo moderno, l'autore ricostruisce il clima politico e intellettuale nel quale ha preso forma la nostra Carta fondamentale del 1948. Oggi che cosa è cambiato? Perché si è aperto un processo di riforma costituzionale? Secondo l'autore la crisi della costituzione italiana coincide con la crisi dei partiti che hanno lasciato un vuoto riempito dal ruolo crescente assunto dai giudici e dalla Corte costituzionale. Ma, poiché è impensabile che la costituzione possa vivere solo attraverso l'interpretazione delle corti, le riforme che il Parlamento si appresta a discutere sono l'occasione per ridefinire il patto costituzionale nel rispetto dei diritti fondamentali giurisdizionalmente tutelati.
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Dettagli

2
2004
26 agosto 2004
IX-119 p., Brossura
9788815097316

Voce della critica

Felice si rivela la scelta di riproporre al pubblico queste pagine di Fioravanti proprio in concomitanza con il dibattito parlamentare sulla riforma della Costituzione. La prima edizione, val la pena di ricordare, è del 1998. Centrale, nello studio di Fioravanti, resta comunque il tema del ruolo che il "popolo" ricopre nel potere costituente e nei poteri costituiti che dal primo discendono. Centrale è però anche il tema dell'usurpazione necessaria che la sovranità, installatasi nel popolo, subisce nel momento in cui l'archetipo costituzionale trasmette, attraverso il principio della rappresentanza, il potere di indirizzo politico a quell'organo che il popolo riassume e riflette: ovverosia il parlamento. Ecco che allora il tema della rappresentanza diventa il perno centrale intorno al quale ruota la costruzione dello stato. É attraverso il sistema rappresentativo, infatti, che il testimone passa dalla mano del popolo alla mano di coloro che, uniti, rimandano l'immagine della Nazione con la "n" maiuscola.

Si disegna così il quadro di un'assemblea che sembra essere, essa sì, sovrana. In tale quadro è tuttavia insita l'ambivalenza delle costituzioni democratiche del secondo dopoguerra. Sono costituzioni, queste, tese, da un lato, a sancire i diritti e, dall'altro, a definire un'organizzazione dello stato che presuppone, "in linea con la tradizione, la personificazione della sovranità". Il canale di trasmissione, attraverso il quale viene veicolato il potere, diventa allora rilevante. Se i partiti, in effetti, a partire dal secondo dopoguerra, hanno assunto in prima persona il compito della mediazione politica, quali organi capaci di fare decantare al proprio interno le molteplici istanze presenti nella società, trasformandole in una domanda capace a sua volta di tradursi in decisione politica, oggi la perdita da parte dei partiti della funzione di canale di trasmissione delle istanze provenienti dal basso indica come la gravità del pericolo che corre il "popolo sovrano" sembri essere da "codice rosso".

È infatti in questa sorta di nuovo "vuoto politico" che risultano spesso oscure le vie attraverso le quali prende forma l'indirizzo politico dello stato. Ed è di fronte a questo "vuoto politico" che Fioravanti richiama la necessità della "ricostruzione della sfera della politica, dell'attività che conduce alla libera decisione dei cittadini sull'indirizzo politico", il che spiega perché può risultare non anacronistico continuare ad ancorare il patto fondativo dello stato al "popolo sovrano". Di fronte a questa analisi, non pochi interrogativi pone l'ipotesi di una riforma costituzionale che punta sulla domanda di governabilità da parte del sistema e produce risposte che conducono verso un rafforzamento della presidenza del consiglio. Una riforma che, svincolato il presidente del consiglio dal parlamento, ne farebbe "l'unto del sistema" attraverso la diretta legittimazione popolare. Se si sposta cioè, e ulteriormente, l'asse del potere dal parlamento al governo, si rischia di recidere, insieme al principio della responsabilità verso il parlamento, anche il principio che vuole, nelle costituzioni democratiche, e non per fictio juris, il popolo al centro del sistema.

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