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La memoria è un labirinto di specchi
Dal cassetto del mio comodino sbuca un portafoto in plastica arancione pieno di fotografie brutte, ed è subito estate del 1990. C’è Claudia con la frangetta e un paio di occhiali da sole con lenti fumé, Gina un po’ più magra e con i capelli bagnati sciolti sulle spalle, io con gli occhiali da vista e sottile come un orbettino. Lulù era già andata via. Mi ricordo gli anni dopo la sua fuga, quella strana assenza mista a sollievo. Non sapere dove fosse e cosa stesse facendo era inquietante, ma la vita senza di lei era diventata più semplice, almeno per noi. Friuli, un paese come tanti: una chiesa, case e villette, un supermercato. Nella seconda metà degli anni ’80, un gruppo di cinque amiche si addentra nell’adolescenza, tra festicciole pomeridiane, prime cotte e tante insicurezze. Tutto normale, tutto banale, fino al giorno in cui Luana, la più spigliata, ribelle e ombrosa del gruppo, scompare per non tornare mai più. Si dice che sia salita su un treno e sia scappata, ma del resto aveva sempre detto di volersene andare; le chiacchiere e le ipotesi tengono banco per un po’, ma come spesso succede, il tempo diluisce la novità e la vita del paese torna a scorrere quieta e silenziosa come prima. Più di tre decenni dopo, le quattro amiche rimaste si rivedono a un funerale, e una serie di coincidenze riapre una porta sul passato. Troppe domande sono rimaste senza risposta, e altrettante non sono mai state fatte. Sotto la quiete apparente di un paese rispettabile potrebbe esserci una verità che nessuno ha mai voluto vedere.
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Parto dal fondo, mi è piaciuto. Per la prima volta in vita mia ho sentito la necessità di rileggere il libro immediatamente dopo averlo finito, alla luce di quello appreso nel finale. Nonostante i quasi dieci anni di differenza che mi separano dalle protagoniste e nonostante la distanza geografica del Friuli rispetto alla mia Liguria, sembrava che parlasse del mio paesino e della mia vita, scout compresi. Molti passaggi mi hanno fatto fumare di rabbia per l'ingiustizia, anche se purtroppo so non essere troppo lontani dalla realtà purtroppo, ancora di più se si parla degli anni '80. Una normalità del male che passa per anni sotto silenzio, sulla pelle di generazioni di ragazze.
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