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Il cortile del tasso - Ruggero Savinio - copertina
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Il cortile del tasso - Ruggero Savinio - copertina

Descrizione


C'è un uomo che osserva dalla finestra imponenti lavori sotto casa. Stanno costruendo la nuova sede dei servizi segreti in una piazza di Roma. Non è più giovane, anzi. Dall'infanzia, dalla giovinezza e, un po' per volta, anche dalle altre stagioni della vita riaffiorano frammenti autobiografi ci. È un artista, un pittore; suo padre e suo zio (Alberto Savinio e Giorgio de Chirico) sono stati chiamati i Dioscuri della nostra arte. Ora sono care ombre che l'autore non smette di interrogare e di raccontare attraverso dettagli illuminanti, ma intorno ci sono, narrati per flash, incontri con Sandrino Contini Bonacossi, Garboli, Soffici, Arcangeli, Leoncillo, Niccolò Tucci e Giuseppe Ungaretti, oppure con compagni di scuola, noti e meno noti. La scuola è il liceo classico Torquato Tasso e proprio intorno all'umor nero dell'autore della Gerusalemme liberata si dipana il flusso dei ricordi.
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Dettagli

2017
23 febbraio 2017
118 p., Brossura
9788822900173

Voce della critica

Ruggero Savinio, l?uomo alla finestra

Ruggero Savinio, l'uomo alla finestra

È un procedere in apparenza svagato, da flâneur, quello di Ruggero Savinio nel suo ultimo libro, Il cortile del Tasso: un testo sospeso tra il memoir e il saggio, tra la riflessione esistenziale e il diario d’artista. L’exergo goethiano, «Chi negli amici suoi non vede il mondo / non è degno che il mondo lo conosca», tratto appunto dal Torquato Tasso, dà subito un primo annuncio del tema: annuncio parzialmente ingannevole, ma del resto quasi tutto lo è in questo libro lieve e denso come la materia della pittura. Ingannevole in primo luogo è la semplicità: l’autore racconta, volentieri divagando, come se stesse conversando con noi a voce bassa davanti a un camino, passando da un argomento all’altro senza soluzione di continuità: a prima vista questi passaggi sembrano governati da associazioni casuali, più che da leggi compositive; mentre man mano ci accorgiamo invece che l’apparizione e il ritorno dei temi, comprese le eventuali variazioni, obbediscono a una regola musicale, tanto precisa quanto poco esibita. In questo senso, l’affermazione di Savinio («la musica è un linguaggio paterno che non ho ereditato») forse non corrisponde del tutto a verità...

Leit-motif musicale in senso stretto è la Gerusalemme liberata, poema che accompagna tutto il libro, a tratti presentandosi con un accenno, a tratti scomparendo carsicamente, a tratti riemergendo nei punti più imprevisti e dispiegandosi come un canto (talvolta viene cantata per davvero: come nell’episodio riportato da Chateaubriand in cui durante un viaggio per mare, nel cuore della notte, un mozzo ne intona l’inizio). È intorno alla figura del Tasso, d’altronde, che si sviluppa la narrazione: il poeta (che, come vedremo, funziona da personaggio-specchio dell’autore) dà il nome al liceo frequentato da Savinio, dove ha inizio la serie degli incontri che in modo più o meno significativo scandiranno la sua vita. I primi a venir ricordati sono proprio i compagni di scuola, alcuni dei quali sono artisti famosi, altri invece del tutto sconosciuti. Alla fine di questo primo elenco c’è una chiosa: «Di tutti questi sono stato amico. Quasi tutti sono morti». Con questa enunciazione laconica fa il suo ingresso il vero tema del libro – di cui fa parte ovviamente la vecchiaia, condizione attuale del narrante –: per tutta la durata del testo amicizia e caducità s’intrecciano continuamente, con una lievità di tocco che esclude le note gravi o le sfiora soltanto. Eppure le storie tragiche non mancano, gli amici morti di morte violenta, i suicidi. Questo umor malinconico non è estraneo al personaggio del Tasso, «introverso, e portato alla cupaggine», connotati che l’autore riferisce anche a se stesso. Tasso è la pesantezza, contrapposta alla leggerezza e alla grazia di Ariosto: un territorio in cui Ruggero Savinio, nonostante il nome ariostesco, non si sente a suo agio.

Caratteristica del libro è la continua traslazione dei termini letterari in termini pittorici: le due forme espressive, i due linguaggi di Savinio, nella scrittura s’intrecciano e si integrano di continuo. Anche la Gerusalemme viene spesso descritta in termini pittorici – vedi l’insistenza sul paesaggio pastorale di Erminia, descritto come «paesaggio orizzontale, verde e acquatico», che ricorda da vicino molti quadri dell’autore. L’ora del Tasso è quella «a cavallo fra i diversi momenti del giorno», una luce altamente pittorica quindi, «emanata dalle cose più che diretta a illuminarle [...] una luce che, in termini di sentimento, corrisponde alla malinconia».

L’innesco narrativo dell’intero racconto è dato dalla costruzione di un cantiere, proprio sotto le finestre di casa Savinio, al centro di Piazza Dante: piazza un tempo occupata da un giardino, e ora invasa dalla minacciosa presenza di ruspe e betoniere, all’opera per trasformare la sede ottocentesca delle Poste negli uffici dei Servizi Segreti. L’uomo che guarda dalla finestra i lavori, ora fermi, inizia da questo cambiamento il suo viaggio nel passato: «Probabilmente queste scritture erratiche che girano intorno a un centro che ne comprende altri: un poeta epico, o meglio, epico-lirico, che contiene il nome della scuola dove ho passato l’adolescenza [...], queste scritture, dunque, cercano di trovare un senso alla mia vita, proprio adesso, nel tempo che, come si dice, è tempo di bilanci».

Recensione di Raffaella Battaglini.

Leggi la recensione completa su Alfabeta.it

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Conosci l'autore

Ruggero Savinio

1934, Torino

Laureato in Lettere presso l'Università di Roma, è un pittore che ha ottenuto il Premio Guggenheim nel 1986. Tra i suoi libri pubblicati ricordiamo: Percorsi della figura (1992), Ombra portata (1992), La Galleria d'Arte Moderna (Le Lettere, 2004), Passaggio della Colomba (2011), Il cortile del Tasso (Quodlibet, 2017), Il senso della pittura (Neri Pozza, 2019).

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