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Corrispondenza - Paul Celan,Nelly Sachs - copertina
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Corrispondenza

Descrizione


«Tra Parigi e Stoccolma passa il meridiano del dolore e della consolazione» scrive Nelly Sachs nel 1959, all'inizio di questo cruciale e rarefatto carteggio che coinvolge due ebrei protagonisti del Novecento, il poeta romeno Paul Celan (1920-1970) che vive a Parigi e la poetessa e premio Nobel Nelly Sachs (1891-1970) fuggita a Stoccolma dal nazismo. Qualche anno più tardi Celan intitolerà Il Meridiano il suo discorso per il conferimento del premio Büchner. Lo scambio epistolare qui pubblicato in una edizione rivista e aggiornata è qualcosa di più di un carteggio, è una vera ancora: si affrontano due esseri umani segnati da un analogo destino di sopravvissuti, due «fratelli nello spirito» che si parlano in versi e con ostinazione cercano, fino alla soglia della morte, una dimora nella parola.
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Dettagli

2018
25 gennaio 2018
198 p., Brossura
9788880577362

Valutazioni e recensioni

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alida airaghi
Recensioni: 5/5

Trent’anni di differenza dividevano i due poeti ebrei Nelly Sachs (1891-1970) e Paul Celan (1920-1970), accomunati però da un’uguale tragica sofferenza patita durante le persecuzioni naziste, nell’esilio e nella malattia mentale. Il legame affettivo, di reciproca confidenza, ammirazione e sostegno tra i due poeti risulta evidente già dalle intestazioni delle loro lettere: “Caro poeta, caro essere umano… Caro amico… Caro fratello… Caro poeta dalle profondità meravigliose… Poeta benedetto… Paul caro… benedetto da Bach e da Hölderlin…”, esordiva Nelly. “Gentile, stimatissima signora… Cara, sinceramente ammirata… Mia cara, buona, felice Nelly…”, le faceva eco Paul. I due si scambiavano poesie, giudizi critici, incoraggiamenti, confidandosi speranze, paure e delusioni. L’incubo della guerra e della Shoah era ancora per entrambi vivissimo e straziante, così come il timore per l’antisemitismo sempre manifesto e minaccioso. Eppure, pur nella comune disperazione e nel delirio persecutorio, tutti e due riuscivano ad aggrapparsi alla certezza salvifica e consolatoria della parola poetica, al “segreto che sommessamente si dischiude… la fede in un’attività cui siamo stati chiamati: impregnare di dolore la polvere, darle un’anima… l’energia della luce che fa scaturire la musica dalle pietre… ” (Nelly); “C’è chi cerca il tuo sguardo – mandalo, quello sguardo, mandalo ancora all’aperto, consegnagli le tue parole vere, le tue parole liberatrici, affidati a lui, affida a noi, tuoi compagni di vita, della tua vita, questo sguardo, fai in modo che noi, già liberi, diventiamo i più liberi in assoluto, facci stare ritti, con te, nella luce!” (Paul). I due poeti arrivarono finalmente ad incontrarsi, nel 1960, prima a Zurigo e poi a Parigi, e sopravvissero in qualche modo a se stessi e al dolore per un ulteriore decennio. La morte li colse lontani, lui nella Senna a Parigi, a Stoccolma, nel 1970. L’ultimo biglietto di Celan augurava: “Tante cose liete, cara Nelly, tanta luce!”

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Due anime grandi in un carteggio che, dal fondo buio e dalla lacerante grandezza umana e poetica di due esperienze, può siglare il dolore e il ricordo di questo giorno come pochi altri. Due cuori sradicati, esuli come la parola che li chiama, li imprigiona, li decide. Lei aprirà le sue lettere scrivendo: "Caro Paul Celan, benedetto da Bach e da Holderlin, benedetto dai chassidim...", o ancora: "Caro Paul dalle profondità meravigliose...". Lo sfondo è quello di due destini segnati dall'ebraismo più sentito, scossi interiormente come continui sbarchi in patrie mai familiari, e il passato, le ceneri ancora calde dell'evento che ha segnato il secolo piovono ancora sui loro pensieri come rotte d'angoscia sempre sconnesse, sofferte, irrisolte. Lui è il custode della lingua tedesca dentro l'infamia più atroce che questa abbia subito, ma dirà sempre: "Dovevo salvarla perché, per quanto fosse vero che quella lingua fosse quella di Hitler, era anche quella di mia madre". Sono lettere nelle quali lo spirito della Sachs assai spesso rincuora le inquietudini di Celan, tenta la carezza suggerendo "un continuo esercizio di pazienza", tenta l'abbraccio, la fratellanza, mentre lui è sempre stretto fra cardini ombrosi e in continua ricerca di una serenità forse impossibile. Scriverà: "Dunque, ti prego, scrivi ancora, fa che le tue cose migrino verso le nostre dita, sai bene quanto noi, e non solo noi, ne abbiamo bisogno". E in effetti sono i versi di Lei a iniettare vita e altezza lungo la tratta di un cielo troppo oscuro:"Ma la salvezza viene/ per una via diversa/ perché mai l'entrata/ può coincidere con l'uscita/ dove partenza e ritorno/ sono divisi dalla ferita insanabile della vita/ e il soffio del primo mattino/ è già risposta e dono di un'altra notte". Ansia di luce, di benedizione reciproca in ogni riga di questo magnifico solfeggio, mani giunte in una preghiera elevata a canto, ferite congiunte che cercano il proprio segreto, conficcato nel seme di versi impeccabili.

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Voce della critica

Nel 1966 Nelly Sachs avrebbe potuto condividere il Nobel per la Letteratura con Paul Celan e non con l’israeliano Agnon. Sarebbe stata una vittoria per due amici – morti a poche settimane di distanza, nel 1970 – la cui stima reciproca e fratellanza è testimoniata da un carteggio lungo una quindicina d’anni e un centinaio di lettere, quasi tutte conservate gelosamente. Le imperscrutabili acrobazie e i capricci dell’Accademia di Svezia esclusero Celan, poeta che non era di casa nel paese scandinavo come la Sachs. Quel carteggio tra i due poeti, curato da Barbara Widemann per Suhrkamp, intitolato semplicemente Corrispondenza (198 pagine, 16 euro), era stato pubblicato negli anni Novanta da Il Melangolo ed è ora riproposto, in una versione riveduta e corretta, dalla casa editrice Giuntina, con traduzione di Anna Ruchat.

Quotidianità e poesia (ma senza troppe riflessioni teoriche), dubbi sul lavoro e paure della vita fanno capolino nel dialogo epistolare di due poeti legati dal tentativo di confortarsi reciprocamente, da un sentimento fraterno, da un comune destino di esilio e non solo. Li uniscono guai fisici e malattie dell’anima, di esseri umani senza lieto fine. Già ammantata del Nobel, Nelly Sachs, che non mancava mai di avere un pensiero per Giselle ed Eric, moglie e figlio di Celan, scriveva al più giovane (di quasi trent’anni) collega «le tue poesie respirano accanto a me giorno e notte, sono dunque parte della mia vita». Celan scriveva da Parigi, Sachs da Stoccolma, pur se non sempre dalla propria abitazione, ma anche da case di cura e ospedali psichiatrici, dove viene talvolta internata, subendo anche trattamenti con elettroschock.

L’ebrea tedesca e l’ebreo rumeno nato in Bucovina, profughi soli e depressi, salvi ma infelici, instaurano un dialogo discreto e pudico, un’amicizia e un’intesa intellettuale, ritrovandosi nella comune patria della lingua tedesca e delle loro poesie, spesso allegate alle lettere. Inquieti e sofferenti, disturbati mentalmente (si nota più nelle lettere della poetessa, Celan camuffa meglio il proprio disagio, anche se deciderà di mettere fine alla propria vita, gettandosi nelle acque della Senna e morendo annegato), i due scrittori riuscirono a incontrarsi solo grazie a un viaggio in continente della Sachs, raggiunta a Zurigo da Celan e poi sua ospite a Parigi. I progetti di scrittura e di traduzione che si confidano l’uno all’altra s’intrecciano necessariamente col passato di entrambi, con l’esperienza d’essere sfuggiti al precipizio dei lager nazisti, in cui finirono loro familiari catturati, deportati e uccisi, con le affinità delle loro anime ferite dalla Shoah («ciò che è stato») e dall’antisemitismo che non accenna a placarsi, anche dopo la seconda guerra mondiale, in particolare in Svezia: la vincitrice del Nobel soffre di manie di persecuzione, ma i certi casi la paura che ha per sé e per i suoi amici è fondata. E anche Celan è, a suo modo, perseguitato dalle accuse di plagio mosse da Claire Goll, moglie del poeta alsaziano Yvan Goll. Gli ultimi contatti epistolari risalgono al dicembre 1969. L’anno successivo riserverà a entrambi la morte.

Recensione di Salvatore Lo Iacono

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Conosci l'autore

Paul Celan

1920, Chernivtsi

Paul Celan è un poeta rumeno di origine ebraica che scrive in lingua tedesca. Scampato allo sterminio nazista, visse dal 1948 a Parigi, dove morì suicida. La sua poesia, influenzata da Mallarmé, dall’espressionismo e dal surrealismo, esprime le sofferenze del poeta, della sua famiglia e del suo popolo e la tragedia dei sopravvissuti (Papavero e memoria, Mohn und Gedächtnis, 1952). Nelle opere successive il linguaggio diventa sempre più metaforico ed evocativo: la lingua realistica è inutilizzabile in quanto lingua del potere, che ha reso possibili crimini atroci. La parola poetica è quasi evanescente; le poesie si compongono di spazi vuoti e delle parole che sono state strappate al silenzio. L’apertura al Dio ebraico in La rosa...

Nelly Sachs

(Berlino 1891 - Stoccolma 1970) scrittrice tedesca di famiglia ebraica. Rifugiatasi a Stoccolma nel 1940 con l’aiuto di Selma Lagerlöf, visse da allora in Svezia. Ha ricevuto nel 1966 il premio Nobel per la letteratura. È autrice di drammi (Eli, 1950), di poemi drammatici (Segni sulla sabbia, Zeichen im Sand, 1962; Incantesimo, Verzauberung, 1970) e di liriche (Nelle dimore della morte, In den Wohnungen des Todes, 1947; Fuga e trasformazione, Flucht und Verwandlung, 1959; Al di là della polvere, Fahrt ins Staublose, 1961; Alla ricerca dei viventi, Suche nach Lebenden, 1971), caratterizzate da un linguaggio densamente metaforico, e ispirate al destino e alla tradizione letteraria del popolo ebraico.

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